Quest’anno, il 2020, di grandi difficoltà, la rivista britannica Time Out, specializzata in viaggi e intrattenimento, diffusa in tutto il mondo, ha fatto il punto della situazione per quanto riguarda il nuovo modo di socializzare e vivere nelle varie città mondiali.
I vari inviati della rivista, come del resto quasi l’intera popolazione mondiale, hanno trascorso molto del loro tempo nelle proprie città, esplorando più del solito i vari quartieri.
Sebbene le misure di blocco e di sicurezza abbiano colpito duramente i nostri centri cittadini, in molti luoghi le comunità locali hanno prosperato, come ha potuto constatare la rivista.
Lo staff di Time Out, che ha pubblicazioni nelle città di tutto il mondo, ha stilato un elenco annuale dei 40 quartieri più cool del mondo, basato sulle informazioni locali di oltre 38.000 abitanti delle stesse città.
Proclamando che “è bello essere gentili“, pertanto quest’anno l’attenzione della rivista si è focalizzata sui luoghi in cui il vicinato è stato il re e le comunità e le imprese si sono riunite e hanno prosperato durante questi mesi così difficili.
Durante questi mesi, specie quelli del lockdown, i cortili sono diventati luoghi di socializzazione e la grande trasformazione è avvenuta alla riapertura delle attività.
Porta Venezia, il quartiere che si estende da via Palestro sino a piazza Lima, da via Lazzaretto a via Bixio, si è affermato come uno dei quaranta più “fighi” dove vivere al mondo. Infatti si è attestato alla 35ma posizione, in una classifica che ha calcolato centinaia di città di ogni stato, risultato che non è male.
Perché Porta Venezia? Anzitutto è servita da ogni tipologia di trasporto, Metropolitana e passante ferroviario in primis, compresa la vicinanza con la Stazione Centrale, che lo rende uno dei più facili quartieri da raggiungere.
Da qualche anno la zona si sta letteralmente trasformando, il prolificare di locali serali e ristornati, pare non essersi fermato neanche quest’anno nefasto, anzi. Via Melzo e via Lecco sono il fulcro della movida serale assieme alle vie limitrofe. Qui si trova ormai ogni tipologia di locale. Si può mangiare toscano, napoletano, romano sino alla nostrana cotoletta, oppure spaziare dal cinese al francese, dall’eritreo all’ebraico, dallo svedese al thailandese o il coreano, camminando solo per pochi metri.
Ovviamente la zona è famosa anche per la sua nutrita comunità LGBT con alcuni locali dedicati, friendly e non, particolarità che si contende col non lontano quartiere di NoLo. Qui però c’è anche la stazione dedicata alla comunità gay, decorata coi colori del movimento e dove ogni anno si conclude il grande corteo del Pride.
Naturalmente in zona non mancano le meraviglie architettoniche, come le case liberty di via Malpighi e via Melzo, il quartiere del Lazzaretto, con le sue case eclettiche, i musei, come villa Necchi, il Museo di Storia Naturale, il Planetario e casa Boschi di Stefano (una meraviglia gratuita gestita dal Touring Club).
E poi ci sono centinaia di negozi di vario genere, dalle piccole botteghe alle grandi catene sparse nell’area di Corso Buenos Aires.
Insomma, uno dei quartieri dei famosi 15 minuti, dove si trova tutto a poca distanza. Insomma, un quartiere a misura.
Qui di seguito la lista di Time Out dei 40 coolest neighborhoods, I più fighi quartieri del mondo.
- 1. Esquerra de l’Eixample, Barcelona
- 2. Downtown, Los Angeles
- 3. Sham Shui Po, Hong Kong
- 4. Bedford-Stuyvesant, New York
- 5. Yarraville, Melbourne
- 6. Wedding, Berlin
- 7. Shaanxi Bei Lu/Kangding Lu, Shanghai
- 8. Dennistoun, Glasgow
- 9. Haut-Marais, Paris
- 10. Marrickville, Sydney
- 11. Verdun, Montreal
- 12. Kalamaja, Tallinn
- 13. Hannam-dong, Seoul
- 14. Bonfim, Porto
- 15. Ghosttown, Oakland
- 16. Chula-Samyan, Bangkok
- 17. Alvalade, Lisbon
- 18. Noord, Amsterdam
- 19. Centro, São Paulo
- 20. Holešovice, Prague
- 21. Lavapiés, Madrid
- 22. Opebi, Lagos
- 23. Narvarte, Mexico City
- 24. Uptown, Chicago
- 25. Little Five Points, Atlanta
- 26. Wynwood, Miami
- 27. Phibsboro, Dublin
- 28. Nørrebro, Copenhagen
- 29. Bugis, Singapore
- 30. Gongguan, Taipei
- 31. Soho, London
- 32. Binh Tanh, Ho Chi Minh City
- 33. Melville, Johannesburg
- 34. Kabutocho, Tokyo
- 35. Porta Venezia, Milan
- 36. Taman Paramount, Kuala Lumpur
- 37. Allston, Boston38. Bandra West, Mumbai
- 39. Arnavutköy, Istanbul
- 40. Banjar Nagi, Ubud
Time Out è una rivista di viaggi britannica pubblicata da Time Out Group; ha esordito nel 1968 e ha ampliato le sue pubblicazioni editoriali a 108 città in tutto il mondo. Nel 2012 la rivista è diventata gratuita, con un numero di 307.000 lettori settimanali.
Discutibile. Piangeranno a Brera.
Comunque l’importante è che ci sia Milano. No?
Però se avessero chiesto ai Milanesi qual’è il quartiere di Milano dove
“il vicinato è stato il re e le comunità e le imprese si sono riunite e hanno prosperato durante questi mesi così difficili”
non credo che “porta venezia” sarebbe arrivata prima e forse nemmeno nella top 10.
Di sicuro neanche Brera.
Sì, Milano c’è, per il rotto della cuffia: 35.ma su 40, appena sopra Kuala Lumpur e Mumbai. Unico quartiere italiano. Perfino il piccolo Portogallo ne ha due. Questo la dice lunga sulla considerazione che hanno di noi all’estero.
Discutibile. Piangeranno a Brera.
Comunque l’importante è che ci sia Milano. No?
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Dietro Milano ci sono Kuala Lumpur, Mumbai, Istanbul, e Ubud (che non so neanche dove cazzo si trova). Davanti, per esempio, ci sono Città Ho Chi Minh, Lagos, Tallinn e Glasgow (in queste ultime due ricordo soltanto oltre una certa ora un numero incredibile di “fatti” ed ubriachi!
Serve ancora + verde + cura dello spazio pubblico e – mozziconi – plastica usa e getta. Dobbiamo diventare una città interessante, creativa, aperta ma anche civile.
Quindi vediamo… basta eliminare i bicchieri di plastica e i mozziconi per diventare aperti, interessanti e creativi?? Wow…
e io che pensavo che bisognasse invece eliminare la xenofobia, l’omofobia, la misoginia e il bigottismo pseudocattolico, la burocrazia incompetente e paralizzante,aumentare il bassissimo tasso di innovazione delle nostre imprese, la partecipazione delle donne al mondo del lavoro, incrementare i livelli di produttività che ristagnano da 20 anni…
… che ingenuo che sono…
Giusto… strano però che ti sei dimenticato/a i cambiamenti climatici e la fame nel mondo…
Questi sono problemi globali… quelli sono problemi italiani.
Come no…soprattutto di PortaVenezia.
se riducessero la carreggiata (non dico chiudere) Buenos Aires sarebbe ancora meglio
Vivere a Porta Venezia è un incubo con casino e sporcizia a tutte le ore. Tanti ristorantini, localini e negozi da 2 soldi
Adoro quel quartiere
Si bello ma tant’è vie del quartiere sono solo un parcheggio. Con marciapiedi dove non si cammina e la sera si deve camminare in strada perché non ci si sta.
Bisognerebbe togliere gran parte delle auto e chiudere al traffico almeno via Lecco e un pezzo di via tadino
E finalmente alberare Corso Buenos Aires.
Cosa bisogna fare per entrare in questa classifica? Radunare il maggior numero possibile di ubriachi e fattoni in mezzo alla strada? Porta Venezia: praticamente il Naviglio di qualche anno fa però meno “meridionale”, più gaio e senza l’acqua…
Appunto.
A parte la discutibile nomination di Porta Venezia, vedi un poco chi sta sotto Milano.
La classifica, come già detto da qualcuno sotto, lascia il tempo che trova. Vero. Ma serve per riflettere.
Un fenomeno globale
Il boom delle “Città lente” nei mesi della pandemia è un fenomeno globale dove le esigenze sanitarie coincidono con la convenienza economica. “In città serve più spazio per le persone e e non solo per questioni di distanziamento – spiega Anna Bornioli che lavora all’Erasmus center for Urban, port and trasport economics dell’università di Rotterdam – perché una popolazione più attiva e sana, alla resa dei conti, pesa meno sul servizio sanitario nazionale”. Non solo. Ridurre la velocità della auto vuol dire anche ridurre frequenza e gravità degli incidenti: secondo uno studio del World resources institute, un pedone investito da un’auto a 50 all’ora ha il 20% delle possibilità di sopravvivere, a 30 all’ora del 90%. Le “Zone 30” in Svizzera hanno tagliato del 15% gli incidenti, a Londra sono scesi del 41,8%, a Toronto del 55%. Dati che hanno convinto molti sindaci negli ultimi mesi a ridimensionare il ruolo delle quattroruote, “che per il 95% del tempo restano parcheggiate!” ricorda Bornioli: il primo cittadino di Nantes ha trasformato in “Zona 30” l’80% del centro, in Olanda il 70% delle aree urbane è zona 30, a Oslo sono al 100%, Helsinki 90%, Madrid all’85%.
Togliere le macchine dalla città
Kostas Bakoyannis, giovane sindaco di Atene – città spesso soffocata dal traffico – ha colto al balzo l’assist del coronavirus per annunciare la pedonalizzazione di un’ampia area (6 km. di strade circa) attorno al Partenone “per togliere la città alle macchine”. Sadiq Khan, primo cittadino di Londra, ha promesso di “trasformare il centro in una delle più grandi aree senza auto al mondo” ed è pronto ad aprire solo ai ciclisti aree strategiche come London Bridge, Waterloo, Scoreditch, Euston e Old Street. Parigi, pioniera della mobilità sostenibile sotto la gestione di Anne Hidalgo, punta a portare il limite dei 30 chilometri orari in quattro quinti della metropoli entro fine 2020 e a ridurre da 70 a 50 km/h la velocità sulla Peripherique. E sta ridisegnando la sua struttura urbanistica per diventare sogna di creare una “città 15 minuti”, con tutti i servizi a disposizione de cittadino – dai negozi per le prime necessità fino all’ospedale e ai servizi comunali – non più lontani di un quarto d’ora a piedi da qualsiasi punto del Comune.
A Rotterdam la città salotto
“L’importante è che queste iniziative non siano una tantum e siano pianificate bene – dice Studer -. Non basta mettere il cartello con il limite della velocità per fare una Zona 30. Bisogna creare dossi, gimkane e altri investimenti infrastrutturali che frenino effettivamente il traffico”. Non solo. “Le misure sul terreno devono essere accompagnate da una politica soft di sensibilizzazioni – aggiunge Bornioli – fatta di iniziative di quartiere e promozioni locali”. Rotterdam ha lanciato in piena pandemia l’idea di creare la “città salotto”, che oltre a rallentare le auto garantisce veri punti di incontro slow per i suoi cittadini. Bristol ha accompagnato il lancio delle sue Zone 30 con un piano che ha coinvolto tutti gli abitanti. E quando la giunta che ha promosso l’intervento ha perso le elezioni, il nuovo primo cittadino – contrario al progetto – è stato costretto a furor di popolo a confermarlo.
Le centinaia di strade condivise spuntate dal nulla nel 2020 in California hanno superato anche loro dopo qualche difficoltà iniziale l’effetto-vandalo: nei primi giorni di sperimentazione diversi automobilisti hanno abbattuto le barriere d’ingresso con le loro vetture. Ma la rapida reazione delle forze dell’ordine e degli abitanti ha ora ridotto al lumicino i fenomeni di protesta di questo tipo. E la moda tutt’altro che passeggera delle città lente, anche oltre Atlantico, continua a viaggiare molto più veloce dei suoi detrattori.
https://www.repubblica.it/green-and-blue/2020/10/09/news/piu_lente_e_piu_vivibili_in_citta_la_rivoluzione_e_verde-269989977/
Quanto sei coglione, Wf.
Paragoni un’area urbana da oltre 4 mln di residenti come milano con una città di 600.000 abitanti come Rotterdam.
Senza contare che a Rotterdam le auto le hanno tolte con mezzi pubblici, parcheggi e bassa densità abitativa. Ossia argomenti troppo difficili per i sinistri italiani. Troppo. Non ci arriveranno mai a governare seriamente. Più che pitturare strade o disegnare piste ciclabili in mazzo alla strada non sanno fare.
Caproni
Coglione Sarà tuo padre che ti ha generato.
Sei un Poveraccio
Willie il cojone
Troll demmerda
Smettila di insultare ogni persona che non la pensa come te.
Stai trasformando urbanfile in un cesso pubblico