Milano | Porta Vercellina – I primi due “grattacieli” della città

Chi, a Milano, specie da bambino, non ha sognato almeno una volta, di abitare in uno dei due cupolotti dei due edifici gemelli di Piazza Piemonte?

Simbolo monumentale di una Milano che cresceva come le grandi capitali europee. Milano tutto sommato non aveva grandi boulevard, vialoni enormi degni di una capitale e al contempo, non aveva questi edifici dotati di cupole o tetti mansarda alla francese tipici del primo Novecento che si trovano a Madrid, Parigi, Vienna o Praga.

All’inizio del 1900 la città si era da poco espansa oltre i bastioni ma in modo disordinato, assorbendo anche piccoli borghi e le vecchie cascine. Per avere un ulteriore espansione si dovrà attendere il 1923, quando il Comune si “inghiottì” i piccoli comuni limitrofi, come Baggio, Crescenzago, Lambrate, Vigentino e Affori.

Già sul finire del 1800 venne incaricato l’ingegner Cesare Beruto di disegnare la nuova espansione della città (Piano Beruto 1884-1889). Così nel settore di Porta Vercellina, progettò, avendo anche a disposizione più libertà “espressiva” (qui vi erano prevalentemente solo cascine, a parte i due piccoli borghi della Maddalena e di San Pietro in Sala dove fra l’altro passava la via principale per Magenta e Vercelli) visionando una grande piazza e grandi radiali a stella (in tutto sono 7), come fossero i grandi boulevard parigini disegnati da haussmann.

Piazza e viali vennero realizzati però solo a partire dal 1910 in poi, ma lo sviluppo cominciò proprio dopo la Prima Guerra Mondiale. Per sottolineare la monumentalità della nuova piazza intitolata alla regione italiana del Piemonte e del nuovo “boulevard” dedicato a George Washington, venne scelto il progetto dell’architetto Mario Borgato che disegnò due altissimi edifici quasi gemelli e simili all’Architettura in voga oltralpe della Beaux-Arts (strizzando l’occhio all’art-déco).

I due palazzi vennero costruiti nel 1923, e per realizzarli fu concessa una deroga al piano urbanistico allora in vigore che vietava edifici di altezza superiore ai 28 metri. Per quanto simili, i due palazzi presentano alcune differenze riscontrabili, ad esempio, nella forma delle loro due cupole sommitali e nei decori. Raggiungono un’altezza di 38 metri (8 piani), che ne fece, per diverso tempo, i primi due “grattacieli” di Milano.

Sempre di Mario Borgato, e sempre in piazza Piemonte, si trovano anche, il Teatro Nazionale, realizzato nel 1924 e il bel palazzo Déco di piazza Piemonte 10, realizzato però nel 1928.

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9 commenti su “Milano | Porta Vercellina – I primi due “grattacieli” della città”

  1. Non abiterei mai li. Ci deve essere un casino e smog bestiale. In pratica le torri si trovano incastonate tra due vie ad alto scorrimento ( via Washington e via Sardegna) e ogni volta che passo per quella piazza è un continuo suonare di clacson. In sintesi le torri sono meravigliose ma l’unica zio è alquanto infelice

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  2. Personalmente mi sempre piaciute, da un punto di vista urbanistico e prospettico hanno questo quartiere deve ringraziare i progettisti di 10o anni fa. Dobbiamo sempre ringraziare che sa vedere lungo e precorre i tempi. A fine ottocento l’idea di Beruto, divenuta un piano urbanistico due decenni dopo, ha consegnato alla città le linee guida sulle quali hanno innestato tutti i quartieri sino al dopo guerra. Se il piano fosse stato applicato a regola d’arte OSANDO di più oggi fin dagli anni 50, potevamo avere una quarta circonvallazione con radiali adeguate nella carreggiata e nell’alberatura. Le prospettive che desidera porsi una grande città si intravedono soprattutto in queste azioni. Con la quarta circonvallazione non avremmo assistito a strettoie parossistiche delle strade vicino alla massicciata della ferrovia ed alla nascita spontanea di alcuni quartierini insulsi posti appena dopo la cerchia ferroviaria. Le prospettive di un buon futuro si possono intravedere anche nei piani decennali odierni con l’innesto adeguato di parchi e quartieri verso la grande area metropolitana, come sta avvenendo. I contestatori del tutto dovrebbero quanto meno proporre soluzioni alternative adeguate e studiate e ogni tanto fare una revisione di quanto asseriscono rispetto a quanto ottengono dalle soluzioni innovative.

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