Oramai sono pochissimi coloro che a Milano conoscono il nome dell’Acquabella: chi ci legge; chi è appassionato di Milano sparita; chi appassionato di ferrovie storiche e chi, curiosando su Google map si è accorto della comparsa di questo nome dove, fino a qualche anno fa lo indicava col generico Città Studi. Infatti per la maggior parte della gente Città Studi sarebbe un distretto così vasto che si estende nella parte Orientale di Milano, da Corso Buenos Aires verso Lambrate e la ferrovia, a Nord all’incirca da via Porpora ma anche comprendendo il Casoretto, e a meridione si estenderebbe sino a via Sismondi. Un distretto più famoso e facile da ricordare ma che in verità è suddiviso da altri distretti, quali: Loreto, Porta Venezia, Lambrate, il Casoretto e l’Acquerella.
Il distretto dell’Acquabella è sempre esistito, ma non avendo mai avuto toponimi o edifici simbolo si è perso nel tempo, soprattuto con la rimozione della ferrovia che tagliava Piazzale Susa e che in questo punto veniva nominata proprio “bivio dell’Acquabella”, ma anche dopo che negli anni Cinquanta del Novecento venne abbattuta ed eliminata definitivamente una preziosissima e antichissima cascina.
La cascina in questione era una porzione del complesso delle Cascine dell’Acquabella per l’appunto.
Lungo una strada di campagna che uscendo da Milano (attuale via Sottocorno) portava all’Ortica in direzione di Melzo e Rivolta d’Adda (l’antica via Rivoltana), si snocciolavano una serie di cascine, le Mainette, le Gambotta e poi, a circa un chilometro e mezzo dalle mura cinquecentesche, il gruppo di 4 cascine dette dell’Acquabella.
Il complesso di cascine era costituito da quattro nuclei disposti a destra e a manca della via Rivoltana, contraddistinti da numeri romani (I, II, II e IV) e tutte molto antiche, probabilmente costruite a partire dal 1400 con vari ampliamenti susseguitesi nel corso del tempo. La prima che si incontrava provvedendo da Milano possedeva anche una piccola cappella.
Il gruppo di cascine perdeva il nome da una roggia che sgorgava non molto lontano, nell’odierna via Uberti all’altezza di via Barbarigo.
L’acqua sorgiva, qui presente, vista la depressione nel terreno della zona, lungo la Via Sidoli faceva tre salti verso piazza Susa depurandosi e restando chiara e limpida, da qui il nome dell’area. Depressione del terreno che si può vedere e percepire ancora nella vicina via Giovanni da Milano, strada posta ad un livello inferiore confronto a Piazzale Susa.
Che tutta l’area dell’Acquabella fosse preferita a tante altre limitrofi per il suo terreno e la purezza delle sue acque è testimoniato anche dal ritrovamento in piazzale Dateo di un villaggio neolitico (fonte cittametropolitana.mi.it), della civiltà cioè della pietra lavorata, antico di qualche migliaia di anni, a fianco del letto di un torrente dell’epoca.
Milano Sul finire dell’Ottocento cominciò la sua grande espansione, “mangiando” terreni agricoli e Corpi Santi per far posto a nuovo esigenze abitative e a nuove strade carrabili. Così per l’apertura, all’inizio del Novecento, di Corso Plebisciti, quale proseguimento di Corso Indipendenza, e che ricalcava buona parte della strada provinciale Rivoltana, fu distrutto il complesso delle cascine Acquabella, uno dei più vasti e caratteristici dell’area agricola del milanese.
La prima a cadere sotto i picconi fu l’Acquabella I, che occupava l’area centrale della nuova strada, all’angolo con via Compagnoni; lungo il primo tratto di via Leopoldo Cicognara si trovava l’Acquabella (senza numero) e l’Acquabella II, che furono le ultime a scomparire. Mentre all’imbocco dell’attuale piazzale Susa si trovava la più grande del complesso, l’Acquabella IV, demolita subito dopo la prima.
Acquabella II rimase sino agli anni Cinquanta, stranamente immutata e utilizzata come magazzino del carbone e della legna. Naturalmente l’area circostante venne livellata così da “affondare” di circa due metri la vecchia cascina che, come si vede dalle foto d’epoca, risultò sepolta quasi per metà altezza.
L’edificio era una costruzione in mattoni e tetto in coppi. Un grande arco a tutto sesto permetteva l’accesso al cortile interno porticato. Una madonnina in una nicchia sovrastava l’ingresso. Le antiche finestre ad arco avevano resistito tutti questi secoli.
Corso Plebisciti, Cascina dell’Acquabella oramai quasi sepolta dalla strada 1935-40 Corso Plebisciti, Cascina dell’Acquabella oramai quasi sepolta dalla strada 1935-40 Corso Plebisciti quasi Piazzale Susa, anni ’30- a sinistra l’antica Cascina Acquabella in un avvallamento del terreno, distrutta negli anni ’50
Così l’arrivo del progresso e dello sviluppo ritenuto sostenibile della città portò i proprietari del terreno dove si trovava la cascina ormai molto degradata, a realizzare un edificio polifunzionale che rispondesse alle esigenze della crescente Milano.
Così venne costruito tra il 1958 e il 1962, su progetto di Carlo Perogalli, il palazzine che ancora oggi troneggia tra le vie Leopoldo Cicognara e Gaspare Gozzi. Una parte residenziale, una parte terziaria e soprattutto l’esigenza del momento, un grande autosilo, il Susa Autosilo. Una struttura molto grande e all’avanguardia.
Qui di seguito alcune immagini dell’autosilo Susa.
L’edificio è tanto atipico nella trama urbana quanto innovativo nella sua
organizzazione interna. La collocazione dei 500 posti-macchina previsti è studiata sfruttando un sistema completamente automatizzato. Con una soluzione che comporta un notevole risparmio di spazio, la tradizionale rampa di accesso ai diversi livelli viene sostituita da un vuoto centrale
lungo il quale vengono fatte scorrere le automobili verticalmente. Sul vano riservato alla movimentazione si affacciano i 22 livelli di cui si compone l’edificio, 10 dei quali sono realizzati sotto terra.
Un tempo il nome dell’Acquabella era ricordato in più punti del quartiere, oltre alla cascina e al bivio ferroviario, vi era anche la famosa Trattoria Acquabella di piazzale Susa angolo via Giovanni da Milano. Oggi il nome è ricordato solo nel Centro Socio Ricreativo Culturale x anziani Acquabella via Don Carlo San Martino, ma forse il Comune ha in serbo qualcosa di più duraturo.
No, vabbé, è fantastica. Non conoscevo. Peccato, come sempre
Bellissimo articolo. Vi adoro.
Devo dire che non immaignavo il parcheggio così tecnologico.
Nel bellisimo romanzo Il velocifero Luigi Santucci ricorda la cascina Acquabella. Vi abitavano i nonni paterni del protagonista.
A Roma invece non è rara la presenza di antichi casolari nei quartieri di edilizia moderna. Sono presenze preziose.
Vero, se la avessero conservata e restaurata, ora sarebbe un plus per il quartiere, magari uno spazio stile Cascina Cuccagna.
Forse la trattoria Acquabella era però in piazzale Susa angolo via Sidoli. Interessante tutto!
Da ragazzino,verso gli anni 48-49,abitante in via Archimede,ci andavo a comperare la segatura per la lettiera del gatto. Mi sembra,ma forse e’un’impressione,che entrando ,il cortile era in leggera pendenza