Milano | Guastalla – Nuovo muro di cinta per il Tribunale del Lavoro di via Pace

L’astronave di via Pace (Guastalla), l’edificio del Tribunale di Milano Sezione Lavoro, Famiglia e Tutele, progettato nei primi anni Duemila e costruito tra il 2011 e il 2016, dal 2017 è, sebbene operativo, un piccolo cantiere, dove si è provveduto a completare le opere di rifinitura. Il progetto (2006-2007) è dello studio dell’Architetto Carmelo Maugeri.

In questi anni si sono completato gli spazi interni, compresa la biblioteca. Da qualche mese è in fase di completamento anche il muro di cinta lungo via Pace e col vicino edificio che ospita varie funzioni (una Scuola Paritaria dell’infanzia e primaria e un Centro di Formazione -ex Provincia di Milano-).

Il muro di cinta probabilmente vuole prendere ispirazione dai resti dell’edificio demolito negli anni Cinquanta posto all’angolo tra le via Pace e San Barnaba. Resti di edificio che ancora non ci spieghiamo perché non sono così antichi, ma probabilmente appartenuti ad una casa di fine Ottocento. Il muro è realizzato in mattoni pieni formato da tanti pilastrini affiancati.

Una nota a parte, che nulla a che vedere col muro, ma con l’inciviltà degli utilizzatori dei mezzi in sharing, che lasciano i mezzi parcheggiati in mezzo al marciapiedi, impedendo il passaggio ai pedoni, o rendendolo difficoltoso.

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8 commenti su “Milano | Guastalla – Nuovo muro di cinta per il Tribunale del Lavoro di via Pace”

    • Ho pensato la stessa cosa.

      che peccato che non sembri fregarne niente a nessuno, comprese le istituzioni.

      Ho vissuto per diversi anni a Boston e se per caso qualcuno si trovava la casa scarabocchiata, si precipitava a pulirla. Anche perché se non lo facevi erano i vicini stessi che dopo un paio di giorni ti chiedevano di farlo.

      In Italia invece, in questa come in tante altre cose, non esiste la sanzione sociale.

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      • Sembra che la colpa sia di chi risiede nel palazzo e non dei tipi che scarabocchiano…

        Senza andare a bbboston, in centro a Padova la notte passano gli imbianchini del comune che riverniciano sopra le scritte (con dei colori il più possibile vicini a quelli dei palazzi).

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        • Una domanda sull’approccio padovano: funziona nel disincentivare gli idioti (che trovano le loro opere cancellate subito dopo averle fatte) o li stimola in un giochino a guardie e ladri?

          La mancanza di rispetto verso le proprietà altrui sia come singoli cittadini che come collettività andrebbe sanzionata con presidi appropriati ed interventi della forza pubblica. Dai tag al parcheggio selvaggio, dal fumo dove non consentito alla spazzatura per strada. Non ci dovrebbe essere alcuna tolleranza

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          • Premesso che Padova aveva un “problema graffiti” più moderato rispetto a quello milanese, per mia esperienza personale, da quando si è iniziato a coprire, i graffiti sono radicalmente diminuiti. Mi ricordo che nei primi mesi, camminando per la mia via, vedevo di giorno in giorno nuove “macchie” di vernice che avevano coperto nuovi graffiti, ma col tempo le “macchie” han smesso di aumentare. Sono tornato a Padova dopo 3 anni questo ottobre e nella strada in cui abitavo c’erano le stesse macchie di 3 anni prima, a indicare che non vi erano stati nuovi graffiti.

            La mia teoria è che i graffiti siano un po’ come la pipi dei cani. Un cane sente la “firma” di un altro cane e ci urina sopra, stessa cosa per le firme dei graffitari. Se non c’è “odore”, il graffitaro “urina” molto di meno.

  1. con riferimento al residuo muro di cinta in mattoni pieni su via Pace dove è costruito il nuovo padiglione del Tribunale, segnalo che si tratta di parte del muro perimetrale delle Officine Tecnomasio Italiano Cabella società del 1871 nel 1906 comprata da Brown Boveri che nel 1907 ha trasferito le officine in piazzale Lodi (TIBB – Tecnomasio Italiano Brown Boveri). il direttore e primcipale socio del Tecnomasio Italiano Cabella era l’ing. Bartolomeo Cabella (vedi anche voce nell’Enciclopedia Treccani) che tra le altre cose ha brevettato un particolare tipo di dinamo e sperimentato la prima illuminazione elettrica di piazza del Duomo.
    ho scritto al Comune chiedendo di poter preservare almeno in parte questo manufatto di archeologia industriale ma non ho ricevuto alcuna risposta.

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