Milano | Musocco – L’antico comune perso per sempre… o quasi

Ormai in pochi sanno dove sia Musocco, affogato da altre località più famose. Musocco per molti oramai è il Cimitero Maggiore e basta. A cancellarne la storia definitivamente o quasi ci hanno pensato le ferrovie, quando sostituirono il nome di Musocco con quello di Certosa nel 1932, preso dalla vicina Certosa di Garegnano.

La stazione fu attivata nel 1858 come parte della linea per Torino; tale circostanza la rende la più antica tra le 23 stazioni del nodo di Milano tuttora in esercizio, anche se la struttura venne modernizzata con un nuovo edificio nel 1983 (architetto Angelo Mangiarotti).

Musocco era un Comune autonomo e non un distretto o quartiere di Milano com’è ora, appartenente alla prima fascia di Comuni che per decreto nel 1923 vennero inglobati nella grande Milano. Nel 1921 il comune contava circa 15422 abitanti.

L’area del grande comune di Musocco venne stabilita quando, nel 1869 furono accorpati i comuni di Garegnano Certosa, Garegnano Marcido, Quarto Oggiaro, Vialba, Roserio, Boldinasco, Villapizzone, Cascina Merlata e Cascina Triulza, la meno abitata.

Garegnano Marcido era il nucleo abitato più grande e importante, grazie anche alla presenza della Certosa, ma con l’industrializzazione e la ferrovia, il piccolo centro di Musocco divenne nevralgico. L’importanza predominante di Musocco era dovuta anche alla presenza del municipio (il primo dei tre ancora esistenti nel territorio) creato dopo che fu aggregato a Quarto Ulgerio (Quarto Oggiaro) nel 1753. Suddetto municipio è ancora presente dove via Mambretti si incrocia con via Cinque Maggio (l’edificio oggi ospita una farmacia). Successivamente il municipio venne spostato in una graziosa palazzina di viale Espinasse 80, per terminare nel più grande edificio collocato in Piazzale Santorre di Santarosa.

Musocco, il cui nome deriverebbe dal torrente Pudìga che qui assumeva il nome di Musse (o Mosse), sorgeva sulla strada che da Milano portava a Varese, a circa 5 km dalla cerchia dei bastioni, con qualche cascinale sparso in mezzo a un territorio in parte boscoso. Ad ogni modo le prime notizie certe risalgono alla visita pastorale di San Carlo Borromeo nel 1605 con un centinaio di abitanti dediti al lavoro nei campi. Musocco risulta appartenere alla Pieve di Trenno.

L’abitato di Musocco nel 1700, era un insieme di case coloniche, qualche cascinale e un oratorio dedicato a San Giuseppe, dove possiamo ancora vederne le tracce attorno all’attuale via Mambretti dove questa incrocia via Stephenson, via Ameglio e via Cinque Maggio. Mentre il borgo di Quarto Uglerio (Oggiaro), era un gruppo di case sorto attorno alla chiesa dei Santi Nazaro e Celso e alla Villa Caimi-Finoli, ora via Aldini mentre Vialba o Villa Alba, villaggio bianco, era un comune costituito da un pugno di case abitate da contadini alle spalle della Villa Scheibler, una villa patrizia risalente al XV secolo e terreno di caccia di Lodovico il Moro oggi completamente ristrutturata insieme al parco adiacente.

Nel 1753, Musocco e Quarto Oggiaro facevano parte della Pieve di Trenno, compresa nel Ducato di Milano sotto la reggenza di Maria Teresa d’Austria, contando 203 abitanti che salirono a 474 nel 1771. Nel 1791 risulta ancora inserito nella Pieve di Trenno, compresa nel XXVII distretto censuario della provincia di Milano con parrocchiale la chiesa di Santi Nazaro e Celso.

Durante la Repubblica Cisalpina i territori del nord Italia vengono più volte rimescolati, creando non poche difficoltà.

Con l’unità d’Italia, nel 1861, l’area del distretto divenne il IX mandamento della Provincia di Milano con capoluogo Bollate. Al 1º censimento della popolazione Musocco e le frazioni di Quarto Uglerio e Vialba, risultano avere 1235 abitanti sparsi su 429 ettari coltivati a gelsi, viti, cereali e ortaggi.

Come dicevamo, nel 1869 vennero aggregati al comune di Musocco i limitrofi comuni di Boldinasco, Cassina Triulza, Garegnano, Roserio e Villapizzone. Con le nuove 5 frazioni il territorio comunale si amplia da 429 ettari a 1328 ettari, con 165 ettari occupati da strade e fabbricati e 1163 di superficie agraria. L’attività degli abitanti è ancora prevalentemente agricola con presenza di allevamenti di bachi da seta. Dal 1869 al 1873 confina con il comune dei Corpi Santi, il comune al di fuori della cerchia dei bastioni di Milano, fino a quando quest’ultimo viene inglobato in Milano.

Con l’avanzamento della rivoluzione industriale il comune per la sua posizione strategica al confine di Milano e la facilità di collegamento con il resto della regione, diventa il luogo ideale per la dislocazione di insediamenti industriali.

La ferrovia e la stazione aiutarono lo sviluppo industriale e operaio della zona. Nel 1895 venne aperto il Cimitero Maggiore di Milano, predisponendo l’annessione al comune di Milano.

Con l’inizio del Novecento, il grande comune di Musocco si trovò in grande difficoltà finanziaria, mancavano i servizi e la popolazione, prevalentemente povera e poca, non riusciva a rimpinzare le finanze del municipio, il cui risultato si vedeva sul territorio, con le strade dissestate, niente fognature, rete idrica insufficiente e soprattutto carenza di aule scolastiche. Perciò già dal 1916, con la Grande Guerra in corso, il Comune chiese di essere annesso alla grande Milano. Dovrà attendere quando per Regio Decreto del 2 settembre 1923, n. 1912, art. 1 viene decisa l’unificazione di Musocco a Milano, così come per i comuni Affori, Baggio, Chiaravalle Milanese, Crescenzago, Gorla-Precotto, Greco Milanese, Lambrate, Niguarda, Trenno e Vigentino. I vecchi comuni diventano di fatto i grandi quartieri periferici di Milano.

Cercando l’antica Musocco, ormai quasi dimenticata, come dicevamo, dobbiamo percorrere via Mambretti, dove dopo la stazione si trovano alcuni edifici per le famiglie operaie di inizio novecento, ma oltrepassando l’incrocio con via Palizzi e via Stephenson possiamo ancora vedere i vecchi edifici dell’antico comune, come al civico 17, 28 e il palazzo con la “Portaccia“, il passaggio che da accesso a Via Giovanni Ameglio dove troviamo, in un contesto purtroppo compromesso da troppa sciatteria e da troppa modernità, l’antico Oratorio di San Giuseppe.

La chiesetta, orami sconsacrata e trasformata in abitazione, possiede ancora il timpano di facciata e la forma di oratorio ancora percepibile. Presentava una navata a due campate a crociera, il corpo più piccolo del presbiterio, la minuscola sagrestia addossata a questo. All’esterno la finitura doveva essere tutta ad intonaco come mostrano varie tracce residue, particolarmente sulla facciata. Lo stile era severo con l’ordine assai semplice scandito da leggere paraste sia all’esterno che all’interno dove era arricchito dalla presenza di sei medaglioni incorniciati a stucco che contenevano un tempo delle tele dipinte.

Tornando su via Mambretti ci inoltriamo verso Roserio e Largo Umberto Boccioni, dove sulla sinistra troviamo il grande edificio liberty per abitazioni popolari costruito nel 1911 dalla Società Cooperativa Edificatrice l’Avvenire, via Mambretti 25. Nel cortile venne costruito uno dei primi cinema-teatro del secolo. Il Teatro del Popolo (circa 1000 posti tra platea e galleria), una struttura con ingresso al civico 25.

L’impegno finanziario è grande e le spese per organizzare spettacoli si fanno troppo onerose: prima il locale viene affittato per feste danzanti, poi, nella primavera del 1914, l’Avvenire, su consiglio del direttore della Società Umanitaria Augusto Osimo, prende contatto con il Teatro del Popolo per l’installazione di un impianto per il cinematografo, ma l’esperimento non ha successo e, come conseguenza, lo sfortunato locale chiude nel 1915. Tra il marzo 1915 e il marzo 1919 il teatro è adibito prima a deposito per il grano, poi per le merci, e, allo scoppio della Grande Guerra, la Società Edificatrice lo mette a disposizione del Comune “in caso di bisogno per i feriti”. La gestione viene quindi ceduta alla Sezione Socialista che lo riapre.

Intorno al 1925 il Teatro del Popolo diventa il cinema teatro Rossini. Dopo varie vicissitudini e tentativi di ripresa, il cinema chiude definitivamente nella prima metà del 1978. L’edificio che lo ospitava venne definitivamente demolito a metà anni novanta per far posto ad un giardinetto condominiale. Nello stesso cortile si trova ancora quella che fu la Sala Rinascita, sempre di proprietà della Società Edificatrice: si tratta di un piccolo spazio che ospita conferenze di quartiere e qualche sporadica videoproiezione di documentari.

Concludiamo con l’edificio di via Mambretti 33 dove si trova l’edificio dell’Ex Scuola trasformato in dormitorio pubblico.

Come dicevamo all’inizio, spesso questa zona viene considerata Quarto Oggiaro o Certosa, perché nomi più famosi, relegando Musocco al più lontano Cimitero Maggiore, dimenticando e cancellando completamente la storia dell’antico borgo, che noi cerchiamo di mantenere coi nostri articoli e nelle mappe.

Qui trovate altri articoli riguardanti Musocco.

Referenze fotografiche: Milano Sparita, Roberto Arsuffi, Google Street View,

Fonte: Milano – “Milano il patrimonio dimenticato” di Roberto Schena; “Le Strade di Milano”, Newton Peridici 1991; “Le Chiese di Milano”, Ponzoni 1929; Lombardia Beni Culturali

Musocco, Quarto Oggiaro, Certosa, Garegnano, Roserio, Vialba, Villa Scheibler, Via Mambretti, Viale Espinasse, Boldinasco, Villapizzone, Cascina Merlata e Cascina Triulza, Piazzale Santorre di Santarosa

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9 commenti su “Milano | Musocco – L’antico comune perso per sempre… o quasi”

    • (Quartiere Musocco) – Gentili, sul passato prendo atto di quanto scritto nella scheda. Per il presente e per la Sala Rinascita, preciso a nome anche dei molti associati e frequentatori:
      la Sala Rinascita esiste attiva a tutt’oggi 15 gennaio 2022; è affittuaria nei locali che sono certamente di proprietà della Cooperativa Edificatrice; che nella Sala si svolgono riunioni, assemblee pubbliche di partiti e associazioni, conferenze, presentazioni.

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  1. Concordo con WF,personalmente avrei voluto vivere nella Milano di quegli anni in cui forse si era poveri in denaro ma si viveva in una cittadina ricca di valori e storia. L’industrializzazione, la cementificazione e la speculazione ci hanno portato al caos attuale che è sotto gli occhi di tutti. Ed alla perdita di angoli di Milano che potevano essere sanati o conservati.

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  2. Purtroppo queste zone municipio 8 sono totalmente dimenticate come arredo urbano e qualità rello spazio pubblico e dal comune di Milano e dal municipio…

    Marciapiedi assurdi e autostrade dentro quartieri piccoli e fragili.

    Purtuttavia questa è ancora la Milano povera di una volta.

    Ha so bisogno di essere ricucita

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  3. Molto interessante ; ho abitato per anni alla Bovisa : adesso sono in Via Padova e anche qui esistono angoli che meriterebbero di essere salvati.

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  4. Buon pomeriggio io sono nata a Musocco via Pareto i miei nonni avevano il panificio viale Certosa 292 mi sono sposata alla
    Bellissima Certosa di Garegnano e abito tutt’ora di fronte la vecchia Cascina Merlata quesì posti x me molto cari grazie per aver fatto rivivere questi ricordi Anna Rosa Fabiano

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  5. Ottimo articolo.

    Purtroppo come hanno già fatto notare la zona 8 esterna da viale Monteceneri all’Ospedale Sacco è completamente abbandonata.
    Viale Espinasse, via Varesina, via Console Marcello, Quartoggiaro, Zona via Stephenson, e zona Musocco non ricevono una riqualificazione da almeno vent’anni. Forse l’ultima volta è stata fatta con la riqualificazione delle case popolari di via Emilio Bianchi – detto anche il fortino di Milano…… se poi si può dire riqualificazione….

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