Milano | Porta Vercellina – Policlinico e Casa di Cura di via Dezza

I lavori per il completamento dell’ampliamento della Casa di Cura del Policlinico in via Dezza 48 a Porta Vercellina, sono giunti a conclusione, almeno nella parte esterna.

Lo Studio Marzorati Architettura ha progettato, assieme allo studio di ingegneria Stefano Rossi, l’ampliamento di due piani dell’edificio anni Venti e Trenta della Casa di Cura (la palazzina in stile eclettico venne realizzata nel 1924 con successivi ampliamenti che ne hanno alterato la struttura).

Ecco come appare ora l’edificio, soprannominato da qualcuno la zuppa inglese, per via della combinazione di colori, ocra per il palazzo sottostante d’epoca, un piano di “rottura” color rosso intenso e due piani color panna. Sicuramente l’intervento non passa inosservato e sicuramente farà storcere il naso a molti. Ma sicuramente la necessità di dover creare due piani in più non era un compito semplice e come spesso si usa, meglio distinguere le varie parti che cercare di imitarle per rischiare di fare un pastrocchio.

Qui di seguito un’immagine del vecchio edificio prima degli interventi successivi che si notano nelle foto successive.

In pratica lo Studio Marzorati Architettura ha pensato bene di evidenziare, come dicevamo, le differenti sovrastrutture. Il piano aggiunto negli anni Cinquanta è stato tinto di un bel rosso carminio, di modo che staccasse maggiormente la parte sovrastante aggiunta di recente e tinta di bianco.

L’intervento naturalmente ha coinvolto anche la parte ricurva di Via Caprera dove è stato ridisegnato anche l’estremo lato verso il civico 3 della via. Naturalmente l’intervento ha riguardato anche gli spazi interni e le strutture al piano interrato e primo che occupano l’intero lotto.

Referenze fotografiche: Roberto Arsuffi

Porta Vercellina, Via Dezza, Cantiere, Sopralzo, Casa di Cura del Policlinico

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

36 commenti su “Milano | Porta Vercellina – Policlinico e Casa di Cura di via Dezza”

  1. Sinceramente convince molto di più l’effetto sull’edificio sopralzato che non su quello curvo… Del resto anche una mascheratura delle costruzioni più recenti “in stile” non sarebbe necessariamente stata malvagia, ad esempio è piuttosto riuscita quella dell’hotel Principe di Savoia, nonostante si noti il disallineamento delle decorazioni fra la parte originale e quella “mascherata”.

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    • Forse Urban file dovrebbe esimersi dal fare commenti ma limitarsi a mostrare le immagini per non diventare corresponsabili di scempi come questo, del tutto ingiustificabili da un punto di vista architettonico e urbanistico.

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  2. Chi leggeva il fumetto PKNA sa già tutto! 😀 Siamo ai prodromi della Paperopoli del XXIII secolo (ed è molto interessante)

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    • C’è da chiedersi se esiste ancora una commissione edilizia a Milano. Un orrore vero e proprio, non ci sono giustificazioni ma solo incapacità progettuale da parte dello studio di progettazione e assenza completa del comune. Una zona elegante di Milano, in pieno centro, un palazzo storico completamente rovinati.

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  3. Il vero scempio è stato costruire la struttura curva negli anni passati con relativo sopralzo di un piano. I due aggiunti ora secondo me non cambiano molto la situazione.

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  4. Viene da chiedersi come si sia arrivati a questo progetto. C’è stato un concorso o si è andati a chiamata diretta? C’erano delle richieste specifiche o si poteva interpretare liberamente? C’erano limiti di budget particolarmente stretti?

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  5. È difficile concepire qualcosa di più brutto. Si sono davvero tutti impegnati molto.
    Vorrei da Urbanfile una opinione e una posizione più critica.

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  6. “meglio distinguere le varie parti che cercare di imitarle per rischiare di fare un pastrocchio”

    E’ un principio dell’architettura??
    Se non è un PASTROCCHIo questo…

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  7. In questi casi forse è meglio abbattere e ricostruire. Tenere come feticcio il vecchio edificio e poi costruire qul volume agghiacciante sopra…

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  8. Ma la mitica e mitologica soprintendenza che è in grado di tener bloccati inutilmente progetti di ogni tipo e si agita appena si sente la parola “grattacielo” o “modernità”, di fronte a questa cosa orrenda e abominevole era in pausa pranzo quando doveva bloccarla?

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    • Non è questione di essere laureati o meno. Come scrive Marshall più sotto sarebbe opportuno che certi incarichi venissero rifiutati per correttezza professionale oltre che per rispetto degli edifici preesistenti e di un “decoro estetico” generale.
      L’aggiunta in questione è semplicemente brutta e completa la deturpazione iniziata con il palazzo curvo aggiunto in precedenza al palazzo storico.

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    • Non è strettamente necessaria una laurea in architettura per capire, come spiega Marshall più sotto, che certi incarichi andrebbero rifiutati per decenza e rispetto nei confronti dell’armonia e del decoro degli edifici preesistenti.
      L’intervento in questione è oggettivamente brutto e completa la deturpazione iniziata con l’aggiunta del palazzo curvo a lato di quello storico.

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  9. E’ vero che, come dice “Urban file” nel presentare questo intervento, il compito per il progettista era difficile.
    Forse era anche impossibile, perché persegue due obiettivi conflittuali tra loro: la salvaguardia di un edificio di un contesto urbano non privi di bellezza e piacevolezza e la volontà di introdurre a tutti i costi massicce, volumetrie aggiuntive.
    I centri storici, per essere tutelati, dovrebbero essere piuttosto volumetricamente decongestionati che infittiti. Se si vuole conservare un edificio, un quartiere, un’unità paesaggistica bisogna infatti poter eliminare le superfetazioni e non essere costretti ad aggiungerne di nuove. In questo caso, addirittura, la “superfetazione” è più grande dell’edificio di partenza: come se un tumore polmonare fosse cresciuto più grande del polmone stesso.
    L’impossibile compito”, peraltro, non esime l’architetto dalle proprie responsabilità: gli incarichi impossibili si possono, si debbono anche rifiutare.
    Si debbono rifiutare tutti incarichi che non si possono portare a termine perché partono da premesse urbanistiche tecniche, legali poco corrette. Dire ai clienti quei “no che servono a crescere” è uno dei fondamenti della deontologia professionale dell’architetto e uno degli scopi della stessa esistenza delle professioni tecniche in genere.

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  10. Ma un architetto può essere anche uno stronzo eh, cioè non è che se uno ha una laurea in architettura diviene Leonardo da Vinci. Un architetto che fa una roba del genere è stronzo, c’è poco fa fare.

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