Milano | San Siro – Quale futuro per il Quartiere Selinunte?

Recentemente l’architetto Massimo Roj del Progetto CMR, aveva esternato la sua perplessità riguardo al fatto che dal Comune di Milano non si sia più accennato alla proposta concreta per rigenerare il quartiere Popolare di piazza Selinunte sotto tre diversi, ma complementari, punti di vista: urbano, sociale e ambientale.

Già nel maggio del 2020 le associazioni di settore – Assoimmobiliare, Ance e Assolombarda – avevano trovato la proposta molto interessante. I promotori del progetto a fine agosto 2022 erano stati invitati in Comune per presentarlo alle Commissioni Urbanistica e Periferie, ottenendo il mandato a predisporre uno studio di fattibilità per il rilancio del quartiere di San Siro. Alla fine del 2022 in Regione viene messa nero su bianco una proposta condivisa con Aler (proprietaria del patrimonio residenziale del quartiere). Il rimpasto in regione (e in Comune) dopo le elezioni ha portato il cambio di molti assessori che a quanto pare, abbiano ignorato le proposte portate avanti sinora.

«Dal Comune non abbiamo saputo più niente, Ci auguriamo che a settembre il discorso intrapreso possa ripartire. La partnership pubblico-privato è l’unica strada per rimettere in sesto il quartiere», come ha dichiarato a Libero l’architetto Massimo Roj.

Il progetto ambizioso è sopratutto quello di riportare ordine e legalità ad uno dei peggiori quartieri popolari di Milano, quello di piazzale Selinunte a San Siro. Si tratta di una vasta area, compresa in un riquadro cintato da via Albertinelli, via Carlo Dolci, via Ricciarelli, via Civitali e via Paravia, con al centro, come cuore della zona proprio Piazzale Selinunte.

Conosciuto più come Quartiere Popolare San Siro, originariamente denominato D’Annunzio, uno dei più grandi quartieri realizzati a Milano dall’Istituto per le Case Popolari oramai quasi novant’anni fa: comprende infatti 6.110 alloggi di edilizia popolare, gestiti da ALER, l’ente regionale per l’edilizia sociale.

Venne costruito tra il 1935 e il 1947, su progetto degli architetti Albini, Camus, Palanti, Battigalli, Fabbri, Minoletti, Cerutti e Putelli, e presenta un impianto strettamente aderente al canone razionalista; il quartiere fu realizzato con una densità edilizia superiore ad altri quartieri, soprattutto a discapito delle superfici a verde, oltre alla mancanza di attenzione per i servizi e le attrezzature pubbliche. Al suo interno si trovano, oltre al piazzale già menzionato, altre vie e viali che a raggiera partono dal punto centrale: Viale Aretusa e Viale Jonio (molto più ampi con giardino al centro), Via Zamagna, Via Morganatici, Via Gigante e Via Maratta, più altre strade minori per accedere ai lotti laterali, come le vie private Preneste, Micene, Tracia, Abbiati e Allori; il tutto composto da corpi di fabbrica disposti in maniera seriale intorno ad una maglia stradale ordinata e ortogonale, rendendolo simile ai quartieri che allora si creavano nelle periferie sovietiche.

L’intenzione del progetto presentato prevederebbe la sostituzione con demolizione di tutti gli edifici presenti nel “quadrilatero”. Al loro posto nuove torri residenziali e ampi spazi verdi. Per la sua realizzazione si procederebbe a fasi, con la demolizione dei primi condomini e la realizzazione delle prime torri. Il piano procederebbe, ad esempio, con la demolizione degli immobili nel reparto di piazzale Segesta e la costruzione dei grattacieli, per poi procedere a fasi successive nel corso del tempo comprendendo l’intero complesso di case popolari. Tempo supposto di realizzazione di 15/20 anni con un investimento stimato di circa Due miliardi di euro.

All’interno del progetto sarebbero costruite anche torri per uffici e spazi commerciali oltre a residenza libera. Per il verde, che ora ammonta all’incirca a 10.000 metri quadrati, il progetto punterebbe a recuperarne almeno 120.000 metri quadrati.

Certo che questo progetto ambizioso potrebbe anche risultare azzardato, anche perché le case sono attualmente abitate e spostare così tanta gente non crediamo sia cosa facile. Gli inquilini delle prime case da demolire, dove verrebbero ospitati?

Per giunta ci poniamo anche una serie di domande, come: ha senso riproporre un quartiere popolare al giorno d’oggi così ampio come quello vecchio? Ha senso realizzare una serie di torri di 20/30 piani a residenza agevolata e popolare? Potrebbero correre il rischio di diventare delle specie di fortini del malaffare.

Inoltre, piccola nota che nessuno ha a quanto pare, tirato fuori. Il masterplan presentato, coinvolge almeno un edificio che non fa parte della proprietà di Aler e quindi, formalmente, del quartiere, la torre cilindrica di piazzale Segesta, proprio nel punto dove dovrebbero sorgere le prime torri. Si tratta di un palazzo costruito in cooperativa, ma è privata. Il planivolumetrico pare non tenerne conto e costruirci sopra.

Secondo noi, Aler dovrebbe vendere buona parte dell’area a privati, costruire altrove, in più luoghi della città, nuovi e piccoli complessi popolari (più gestibili). Mentre concedere la realizzazione al posto del vecchio quartiere popolare nuova edilizia, sia a mercato libero che in affitto, con torri e tanto verde.

Immagini: Google, Roberto Arsuffi

Quartiere San Siro Selinunte (ex d’Annunzio), Quartiere Selinunte, San Siro, Piazzale Selinunte, riqualificazione, Aler, Case Popolari

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

17 commenti su “Milano | San Siro – Quale futuro per il Quartiere Selinunte?”

  1. È una proposta semplicemente irricevibile (avete confrontato la volumetria esistente con quella prevista? poi non rispetta l’architettura di alcuni edifici storici e molti caseggiati, come via Albertinelli, 9 per es., sono diventati condominii privati).
    Per il resto il quartiere non si chiama Selinunte ma San Siro (di cui è il nucleo storico esistente), e l’ex “Gabriele D’Annunzio” ne costituisce solo una parte, quella tra via Zamagna, via Morgantini, via Civitali e via Paravia.

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  2. Mi sembra che la proposta di Urbanfile abbia più senso, privilegiando possibilmente le iniziative di social house, sia in vendita che in affitto calmierato, con verde più possibile permeabile e con torri residenziali non troppo alte in quanto non appartengono allo skyline della zona. Se si potesse, per me l’edificio privato esistente sarebbe da abbattere.

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  3. Questi quartieri diventano malfamati quando le case vengono abbandonate e abitate da delinquenti che lasciano quelle 2-3 famiglie come copertura per evitare che qualcosa venga fatto perchè siamo in un paese dove il benaltrismo regna sovrano. ALER è complice di questi criminali, le caseandrebbero sgomberate, pulite, e ri-assegnate a gente che ne ha veramente bisogno. Il progetto è ambiziosissimo e almeno apre la discussione.

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  4. Proposta bellissima quanto poco concreta. Parte degli edifici presumibilmente coinvolti sono stati frazionati e venduti negli anni e andrebbero comprati/espropriati dagli attuali proprietari.
    Inoltre, in un contesto di emergenza abitativa ha senso spendere €2 miliardi per sostituire alloggi a saldo nullo? Si tratta di oltre €300.000 ad unità che potrebbero essere utilizzati per rifunzionalizzare parte del patrimonio esistente, e sviluppare qualche migliaio di nuovi alloggi.

    I soldi pubblici vanno utilizzati come leva per ottenere il massimo beneficio con il minimo delle risorse.

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    • Mi chiedo come sia stata valutata positivamente dall’amministrazione una proposta di decementificazione del territorio a favore dello sviluppo verticale rispetto ai nuovi disposti della stessa amministrazione comunale, la quale pur incentivando la decementificazione nel PGT ne demotiva la realizzazione tramite circolari che valutano inammissibili costruzioni superiori i 24 MT…(5 piani fuori terra scarsi per intenderci)… due aspetti del tutto anacronistici.

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  5. La costruzione di edifici molto alti che possono ospitare tanti nuclei familiari, come già detto diventerebbe un focolaio della malavita . Io sono una vecchia casalinga e ragiono solo con un po’ di buon senso e quindi ribadisco quello che l’autore ha già fatto presente cioè differenziare le zone per nuove costruzioni e nell’area in oggetto creare palazzine con meno spazi abitabili è un po’ più di verde. Non so se mi sono spiegata bene . Io frequento abbastanza di frequente via paravia e conosco la zona . Speriamo nel buon senso

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    • Concordo pure io con il commento da voi fatto: facciamo un quartiere popolare cone quelli così ben tenuti come ZEN2, le vele, appunto Selinunte, Librino, Corviale e tanti altri esempi anche all’estero?

      Unire famiglie con disagi sociali in un quartiere non ha mai portato a buoni risultati. Impariamo dalla storia.

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  6. Basterebbe risanare il palazzo di mattoni rossi di via Zamagna confinante con via Paravia e recuperare l’ex asilo per attività artigianali coinvolgendo gli abitanti del quartiere restauro mobili vecchi, corso di cucito e recupero indumenti, corso di cucina etnica (egiziana, marocchina, somala, latino-americana, biblioteca di quartiere, corso di musica, pittura, ceramica….

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    • Ma non hanno già abbastanza questi stranieri in zona San Siro? Regaliamo anche le case allora è andiamo via noi 4 italiani!
      Una bella questura in piazza sellinunte o al posto Dell asilo ecco la soluzione per ripulire il quartiere

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  7. Ottimo progetto, riqualificare l’esistente vecchio di novant’anni e fatiscente sarebbero soldi buttati. Se poi si vuole creare edilizia popolare meglio distribuita in varie parti della città, meglio ancora.

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  8. Ma la gente ? Dove va? Avete idea di quante famiglie vi siano? Secondo me, è molto insensato ed impossibile una cosa del genere. Ma state scherzando???

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  9. Sicuramente così non si può andare avanti. Il quartiere è diventato un ghetto e tra le case fatiscenti si sta sviluppando una microcriminalità diffusa da troppo tempo.
    L’idea di ricreare da zero il quartiere non mi dispiace, anche se andrà trovata una soluzione per i proprietari, che se anche se sono pochi, ci sono.
    Occorre diluire la concentrazione di immigrati e creare una vera integrazione. Ci sono esempi virtuosi all’ estero in situazioni simili che stanno funzionando. Non vedo perché una soluzione anche drastica non possa funzionare.
    Il problema semmai è economico e soprattutto politico. Si parla da anni di questa situazione ma poi non si fa mai nulla. Temo che i veri interessi siano per altre zone di Milano più redditizie e ricche di voti. Peccato che se non si interviene prima o poi scoppierà una bomba sociale, come è successo per esempio in Francia.
    Speriamo che più prima che poi si muova qualcosa.

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    • Bravissima ❤️ ripeto una bella questura di zona ed un ufficio postale con mercatino o in piazza sellinunte o in via paravia ex asilo ecco l’integrazione! Per ripulire qui ci vuole il pugno duro perché noi italiani neanche più i negozi abbiamo italiani!

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  10. Buongiorno, mi sembra pura utopia. Primo: dove ricollocare tutti gli abitanti, gran parte abusivi? Secondo: torri alte trenta piani? Ma se diventa difficile gestire gli ascensori che già ci sono, quando si guastano ci vogliono miriadi di telefonate perché vengano riparate. Terzo: lasciamo gestire ancora ad ALER? i risultati che abbiamo quotidianamente non ci bastano? Cominciamo a ristrutturare palazzo per palazzo per rendere il quartiere meno disastrato e poi vedremo…

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  11. Nel rispetto della legalità ci vuole prima di tutto un atto di buona volontà per non dire forza e fare un vero censimento per allontanare e tenere lontani gli abusivi, vedere se vi sono immobili già vuoti, palazzo per palazzo vedere se buttare giù poco alla volta o ristrutturare. Probabilmente facendo occupare per bene ai regolari i locali disponibili un paio di palazzi vuoti vengono fuori facilmente…

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  12. Mah! A me sembra una gran scemenza, in realtà una fregatura.
    Costruire grattacieli? E mettere tutti dentro? Trenta piani? Sono impazziti? Sarebbe un casino, peggiorerebbe la situazione, tutti ammucchiati in trenta piani? Italiani e stranieri?
    In realtà si creerebbe una più forte concentrazione di famiglie disagiate, con relativo incremento di degrado e conflittualità.
    A me sembra solo un progetto di pura speculazione edilizia, dovuta ai soliti furboni avidi di arricchimento personale.
    Forse il comune di Milano in questo caso ha fatto bene a temporeggiare e forse a non accettare.
    Il problema non è solo di edilizia e di urbanistica o di verde da incrementare.
    Il problema è sociale, politico, antropologico, culturale.
    Bisogna incoraggiare l’integrazione degli stranieri con progetti che favoriscano la socializzazione, attraverso programmi culturali, eventi sportivi, scuole di lingua italiana, piccole imprese sociali, anche educazione civica eccetera.
    Un grosso investimento non solo in cemento…riducendo l’edilizia abitativa e aumentando gli spazi socializzanti ed educativi, anche ludici.
    Per come la vedo io due miliardi potrebbero bastare.
    Un moderno programma umanistico, riducendo il numero degli stranieri, che tendono a chiudersi in una loro enclave, un ghetto, in realtà.
    Ma forse, probabilmente l’integrazione non interessa a nessuno, né agli italiani né agli stranieri, che ammettiamolo, sono anche molto ignoranti.
    E si tira a campare.
    Il comune di Milano ha investito molto in centro e per la smart city, ma non basta.
    Però spero che il mio pessimismo sia smentito presto.

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  13. A San Siro ci vuole una questura un piccolo supermercato per le persone anziane ed un ufficio postale

    Per pulire ci vuole ordine e regole altro che inclusione! Abbiamo già dato fin troppo in 15 anni tra case gratis (che paghiamo noi) e negozi che dopo tot anni vengono abbandonati con debiti assurdi

    Grazie Aler, Grazie Sala

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