Milano | Centro Storico – Lo scomparso isolato del Rebecchino

Milano, Centro Storico.

Oggi è quasi impossibile immaginare come fosse Milano una volta, ad esempio 150-160 anni fa. Le trasformazioni urbanistiche sono state così profonde da rendere estremamente difficile ritrovare riferimenti visivi certi tra passato e presente. Piazza del Duomo, ad esempio, era irriconoscibile: mancavano i Portici Settentrionali e Meridionali, la Galleria Vittorio Emanuele II e l’Arengario. Solo il Duomo e il Palazzo Reale sarebbero stati familiari a un osservatore moderno. La piazza si presentava completamente diversa da oggi, stretta e allungata, accogliendo chiunque giungesse al cospetto della cattedrale, nascondendola in parte per la presenza di due antichi isolati che ne definivano i lati lunghi.

Fino alla metà dell’Ottocento, l’intera area conservava ancora un impianto urbanistico di origine medievale, solo parzialmente riordinato nei decenni successivi.

Alla sinistra osservando la cattedrale si trovava il Coperto dei Figini, realizzato nel 1474 da Guiniforte Solari, che riutilizzò una navata dell’antica basilica di Santa Tecla (fondata nel 350 e demolita nel 1461) trasformandola in porticato.

Qui il nostro articolo sull’evoluzione di piazza del Duomo nel corso dei secoli.

Mentre sul lato destro guardando il Duomo sorgeva un altro isolato di antichissima origine: il Rebecchino. Un isolato di forma vagamente trapezoidale, era un intricato groviglio di edifici addossati l’uno all’altro, con cortili interni, vicoli stretti e camminamenti coperti. Si trovava esattamente davanti al Duomo visto l’irregolarità della vecchia piazza e oggi occuperebbe gran parte del lato meridionale della stessa, tra l’Arengario e via Torino.

Le sue origini risalivano al Medioevo. Il lato nord, formato da quindici edifici di altezza variabile ma perfettamente allineati, era probabilmente parallelo al lato sud della cattedrale di Santa Tecla, separato da essa da uno stretto passaggio, poi scomparso con la demolizione della basilica.

Il lato ovest, rivolto verso il Duomo, contava solo quattro edifici, mentre il lato sud, anch’esso composto da quindici palazzi, era separato dall’isolato di fronte dalla stretta contrada del Rebecchino, mentre il lato occidentale, corto, si affacciava sulla Contrada dei Mercanti d’Oro (oggi l’inizio di via Torino).

Secondo la tradizione, il nome “Rebecchino” deriverebbe da un’antica osteria seicentesca, la cui insegna raffigurava una donna che suonava la ribeba. Francesco Cherubini, tuttavia, ipotizzò un’origine ancora più antica, forse collegata a Robecco sul Naviglio o al vino prodotto in quella zona. Nel Seicento, l’osteria divenne anche albergo sotto la gestione di Francesco Vigo, detto “Pensino”, immortalato dal pittore Giuliano Pozzobonelli.

Nonostante la cattiva fama guadagnata nel tempo, forse immeritatamente, il Rebecchino non era paragonabile alle aree più degradate di Milano, come il Bottonuto o la Cittadella del Ticinese. Con la costruzione del Duomo, l’isolato si popolò di locande, osterie, postriboli e botteghe destinate a servire i numerosi pellegrini e, successivamente, i turisti.

Esattamente come oggi nei pressi delle stazioni ferroviarie si concentrano attività commerciali di dubbia qualità, allora tali esercizi si trovavano concentrati proprio al Rebecchino.

Il destino dell’isolato era segnato già dal 1807, quando si iniziò a discutere della demolizione degli antichi edifici per ampliare e rinnovare integralmente la piazza. Nel 1864 venne abbattuto il Coperto dei Figini, ma solo nel 1875 il Comune di Milano affidò alla ditta del capomastro Pellini l’appalto per la demolizione del Rebecchino. I lavori dovevano essere eseguiti in appena sette giorni, per preparare la città all’arrivo del Kaiser di Germania, in visita a Milano nell’ottobre di quell’anno.

Il sindaco, il discusso Giulio Bellinzaghi, desiderava accogliere l’imperatore in una piazza del Duomo finalmente degna della cattedrale, libera da quell’ammasso di casette fatiscenti. Tuttavia, l’appalto fu assegnato in ritardo e in condizioni di grande urgenza, con costi elevatissimi.

Pellini e le sue centinaia di operai iniziarono i lavori di notte, illuminando il cantiere con migliaia di torce e utilizzando macchinari a vapore che suscitarono la meraviglia della folla accorsa ad assistere.

Per cinque giorni e cinque notti i lavori proseguirono incessantemente. Tuttavia, quando si giunse all’ultimo edificio, quello d’angolo al numero 146 del Catasto Teresiano, un messo del Tribunale si presentò con un’ordinanza di sospensione della demolizione. L’edificio, rimasto isolato al centro della piazza come “un asparago a mollo”, risultava vincolato da un’antica clausola: il precedente proprietario conservava il diritto, fino alla sua morte, di godere del balcone con vista sul Duomo per assistere alla processione del Corpus Domini.

Il vicesindaco Labus corse al Tribunale in piazza Beccaria per cercare una soluzione, sottolineando che la processione non si teneva più dall’Unità d’Italia. Tuttavia, i giudici obiettarono che la celebrazione avrebbe potuto riprendere, e demolire l’edificio avrebbe significato violare un diritto ancora vigente.

Alla fine, Bellinzaghi dovette coinvolgere il Governo e probabilmente anche Casa Savoia. Non si sa con certezza come si risolse la questione, ma l’edificio fu demolito e le macerie rimosse appena in tempo per la cerimonia di accoglienza di Guglielmo I e Vittorio Emanuele II.

Il ricordo del Rebecchino venne celebrato nel 1886, in occasione del Carnevalone Ambrosiano: al Teatro della Cannobiana venne allestita una spettacolare ricostruzione della vecchia piazza, completa del Portico dei Figini, del Duomo e del Rebecchino, realizzati in cartongesso e tessuti dipinti, illuminati dalla luce elettrica e animati da vere osterie e botteghe, dove era possibile degustare del vino.

Oggi, dell’antico Rebecchino sopravvivono poco più di una dozzina di fotografie, spesso marginali o di sfondo, e pochi dipinti in cui compare parzialmente. A dominare la scena, ieri come oggi, era sempre il Duomo, affiancato dal Palazzo Reale e dal Coperto dei Figini.

  • Referenze immagini: Roberto Arsuffi; Googlemap; le foto d’epoca sono immagini diffuse in rete e pertanto non di nostro possesso. Non si conosce autore e proprietario, a meno che non sia scritto.
  • Ringrazio gli amici di Skyscrapercity Milano Sparita
  • Fonte: “Le Strade di Milano”, Newton Peridici 1991; “Le Città nella Storia d’Italia” – Milano, Edizini la Terza 1982; Lombardia Beni Culturali; StoriadiMilano.it; Skyscrapercity Milano Sparita; Pagina Milano Scomparsa 
  • Milano Sparita, Duomo, Piazza del Duomo, Coperto del Figini, Rebecchino, Bottonuto, via Torino, Palazzo Reale, Santa Tecla
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3 commenti su “Milano | Centro Storico – Lo scomparso isolato del Rebecchino”

  1. A onor del vero TUTTE le cattedrali gotiche sono state pensate per “comparire alla vista” del visitatore improvvisamente appena svoltato l’angolo dei vecchi e più bassi edifici vecchi e preesistenti dei vecchi borghi medievali delle città.

    Studiate storia dell’arte e lo troverete scritto nero su bianco.

    Questo perché erano anche vere e proprie macchine sceniche che vivevano di sensazioni forti e stupore della vista e meraviglia delleccezionalità dell’architettura gotica.

    Come fossero montagne cresciute in mezzo al bosco.

    Ed era pensato proprio anche la loro “entrata in scena improvvisa”, il loro sbucare e svettare sulla testa del viandante una volta che esso si trovava solamente a ridosso delle sue mura. Questa cosa lo costringeva a uno sguardo immediato verso l’alto, verso le guglie e i controparti che lanciavano verso il cielo.

    Aver fatto un piazzalone da supermercato proprio davanti al Duomo dimostra l’ignoranza di chi lo ha permesso…
    Piazzal9ne brutto e senza senso architettonico tra l’altro.

    Hanno ammazzato l’effetto scenico e l’impatto di tutta l’architettura gotica.
    Sono stati i savoia?

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