Milano | Porta Venezia – Corso Buenos Aires, la vetrina incompiuta- Parte 1


Lo abbiamo scritto parecchie volte quanto ci appaia brutto Corso Buenos Aires, a causa di una serie di trascuratezze che vale la pena analizzare e che cercheremo di esporre in un reportage composto di quattro diversi articoli.

Il corso non è realmente rettilineo, o meglio, ha una serie di restringimenti impercettibili lungo il suo percorso: lungo circa 1600 metri, parte da una larghezza di circa 32 metri all’altezza di Via Panfilo Castaldi; avanza con uno sfasamento di oltre 4 metri a destra e un restringimento a 30 metri dopo Viale Tunisia, prosegue per arrivare a restringersi ancora un pochino all’altezza del palazzo OVS, dove diventa di 26,5 metri circa; questa larghezza prosegue fino a Piazza Argentina dove, dopo l’incrocio con Via Palestrina, il corso si stringe un’ultima volta diventando solo 23 metri circa. Ciò testimonia che il Corso è nato quasi spontaneamente e non secondo piani regolatori studiati a tavolino.

LA STORIA

Lazzaretto visto da Porta Venezia, veduta di Gasparo Galliari 1807. A destra si vede lo stradone di Loreto, attuale Corso Buenos Aires
Lazzaretto visto da Porta Venezia, veduta di Gasparo Galliari 1807. A destra si vede lo stradone di Loreto, attuale Corso Buenos Aires e la chiesa di Santa Francesca Romana

In origine chiamato Corso Loreto, era bordato da un filare di pioppi per lato per tutta la sua lunghezza e conduceva alla chiesetta dedicata alla Madonna di Loreto e quindi verso Bergamo, Monza e Lecco. La via fu rinominata Corso Buenos Aires nel 1906 in occasione dell’Esposizione Universale, e spesso riportata sulle mappe d’epoca anche con il nome Corso Buenos Ayres. La decisione venne presa, pur tra alcune critiche, dal sindaco Ettore Ponti per promuovere un’immagine internazionale della città, intitolando alla capitale dell’Argentina la via e allo Stato piazzale Argentina, mentre al Perù venne dedicato piazzale Lima. Era anche attraversata dalla ferrovia sino agli anni Trenta con un ponte ferroviario all’altezza di Viale Tunisia, ponte che determinava anche un cambiamento d’arredo urbano della via. Infatti nel tratto iniziale, dove è più largo, il corso era alberato con pianticelle che avevano sostituito i pioppi, spariti già sul finire del 1800, mentre oltre il ponte ferroviario il corso diventava più stretto e senza alberature.

Corso Buenos Aires in piazza Lima alle origini 1880
Corso Loreto nell’attuale Piazza Lima – 1875 circa (il palazzo alto sulla destra esiste ancora, è l’Hotel Galles)

 

Corso Buenos Aires anni 30 il ponte ferroviario
Corso Buenos Aires negli anni ’30 con il ponte ferroviario

L’importanza della via crebbe nel tempo, sino a farla diventare una delle vie commerciali più importanti al mondo, che ancora oggi potrebbe competere con la Fifth Avenue o la Oxford Street di Londra, ma che – a nostro parere – non si può definire che brutta.

Di seguito abbiamo raccolto alcune immagini del Corso come si presentava prima agli anni 1950-1960, quando con la realizzazione della metropolitana tutto cambiò, in peggio.

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Il Corso negli anni 1930-37 con le alberature solo nel tratto iniziale

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Corso Buenos Aires all’incrocio con Viale Tunisia e Regina Giovanna, 1949-50

 

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Qui una veduta dal ponte ferroviario verso il centro, 1929

 

Corso Buenos Aires in Piazza Lima 1950
Corso Buenos Aires in Piazza Lima 1950 circa

 

Piazza Lima all'incrocio con le vie Vitruvio e Plinio 1947
Piazza Lima all’incrocio con le vie Vitruvio e Plinio 1947

 

Piazza Argentina e corso Buenos Aires 1948
Piazza Argentina e Corso Buenos Aires 1948 verso Loreto

 

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

1 commento su “Milano | Porta Venezia – Corso Buenos Aires, la vetrina incompiuta- Parte 1”

  1. Guardate l’assurdo di queste foto anni ’30-’40.
    Milano in queste foto assomiglia alle città di oggi europee più belle.
    E parlo dell’anno del signore 2016.

    Tutte soluzioni urbanistiche applicate OGGI.
    Europa anni 2010-2020.

    Assomiglia a Parigi,Monaco,Berlino,Madrid, Barcellona,etc del 2016.
    Che riflessione possiamo trarre?
    😉

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