Milano | Calvairate – Una zona “dimenticata”: parte 3

Dopo aver visto il cuore storico di Calvairate, ci muoviamo verso Viale Umbria, Piazza Salgari, Piazzale Cuoco e Ortomercato.

Viale Umbria a quanto ci dicono è la parte migliore del quartiere, anche se molto trafficata. Qui dev’essere risolto il problema del vecchio mercato rionale da demolire per far passare gli autobus della 92 in corsia preferenziale e che ancora rimane lì, nel degrado totale a due passi dalla sede dei Carabinieri.

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In Via Ennio 4 troviamo una graziosa casa del primo Novecento in perfetto stile neo-rinascimentale con facciata a graffito, molto in voga tra il 1905 e il 1915.

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Mentre di fronte troviamo un rimasuglio di quello che era fino al 1900 la zona di Calvairate, un luogo di campi coltivati, cascine e rogge. Infatti proprio in questo punto scorreva una delle più importanti rogge milanesi, la Roggia Gerenzana.

La Roggia Gerenzana si diramava dal fiume Seveso e giungeva più o meno da queste parti, dividendosi a sua volta e formando altri canali, come il Cavo Melzi o Annoni, e il Fosso Freddo, poco più a nord. La roggia Gerenzana proseguiva e prosegue tutt’ora lungo via Spallanzani; serviva anche ad alimentare i Bagni di Diana a Porta Venezia, dove ora sorge lo Sheraton Diana Majestic. Oggi la roggia scorre in una sede interrata e attraversa la città sbucando molto più a sud, in zona Tertulliano, in Via Venosa. Oggi quest’edificio, che pare più una cascina o parte d’essa, è confinante con la sede dei Carabinieri ed è ancora circondata da un discreto giardino un po’ abbandonato.

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Dirigiamoci verso Piazzale Cuoco, dove percorriamo Via Tito Livio, via molto larga, che secondo noi potrebbe essere alberata e che invece è desolatamente spoglia.

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Eccoci nell’altra piazza importante, Piazza Salgàri, alberata e solcata dalla linea dei tram 16 che unisce San Siro con Monte Velino. La piazza è abbastanza animata con negozi di quartiere, bar e qualche ristorante.

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Ed eccoci in Piazzale Cuoco, dove abbiamo già visto la presenza ingombrante del quartiere Molise nello scorso articolo.

Piazzale Vincenzo Cuoco (scrittore e politico) tutto sommato è anche un bel piazzale, ben tenuto con un grazioso spazio verde attrezzato con panchine e spazi per bambini. Spesso la presenza di nomadi non è piacevole o perlomeno non rassicura chi cerca di attraversare il piazzale.

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Si tratta probabilmente delle stesse persone che alimentavano da anni il mercatino delle pulci che si teneva fino a poche settimane fa ai bordi del Parco Emilio Alessandrini. La situazione ultimamente pare sia migliorata, ma il quartiere, al di qua di Viale Molise e Puglie è da anni critico essendo vicino al grande spazio dell’Ortomercato..

Lungo Via del Turchino troviamo la seconda chiesa del quartiere (la prima è San Pio V e Santa Maria di Calvairate), la Parrocchia Di Sant’Eugenio.

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La chiesa è intitolata a Sant’Eugenio al mercato ortofrutticolo di Milano, denominazione presto semplificata nel solo nome del santo, che si trova in via del Turchino all’angolo con via Paolo Maspero. La denominazione le viene dalla estrema vicinanza con l’Ortomercato tuttora presente in via Varsavia, che separa il quartiere di case popolari in cui sorge la chiesa dalla ferrovia. Costruzione poetica del più puro razionalismo lecorbusierano e lariano, essa disegna un prisma esagonale con un avancorpo poligonale di accoglienza, con ampia scalinata, portico e nartece con accesso al battistero.

La chiesa, che rientrava nell’ambito del progetto “Nuove chiese” voluto dall’allora arcivescovo Cardinal Montini, venne eretta negli anni ’50 del ventesimo secolo su disegno dell’architetto Galesio, progettista, tra l’altro, anche della chiesa di San Gaetano ad Abbiategrasso. L’architetto fin dal bozzetto dimostrò molta attenzione alla gestione degli spazi e predispose i dettagli per la nuova liturgia adottata poco dopo dalla chiesa ambrosiana.

Anche l’interno ribadisce questi concetti: priva di elementi decorativi, ma pure di monumentalità, la statica di Sant’Eugenio si gioca con elementi tradizionali antichissimi e sempre in uso, come il montante, la trave e la capriata, così riprendendo la tradizione milanese delle grandi aule senza colonne delle basiliche del quarto secolo. La luce che piove dall’imposta sulle capriate si incontra con la luce colorata che penetra dall’ampio finestrone della facciata e la luce che piove dal tiburio tramite una torretta, unita alla luce velata del finestrone, dà risalto all’altar maggiore di serizzo.

Questo si trova sul presbiterio, ove sono pure il leggio e la grata, tutte opere di Costantino Ruggeri; alle spalle dell’altare, sull’abside, è presente un affresco, pittura celebrativa della Chiesa Universale Militante, Trionfante e Parrocchiale, opera dal pittore Glauco Baruzzi, già titolare di cattedra all’Accademia di Brera, cui venne tra l’altro affidato l’incarico di decorare la Basilica della Natività a Nazareth.

Nel transetto invece si trovano due anditi: a destra del presbiterio, con cui comunica attraverso un passaggio, c’è la Cappella Eucaristica, nicchia poligonale ricavata nel lato di fondo della navata, in cui si trova l’altare del Santissimo Sacramento con un tabernacolo cubico dalla facciata policroma, sopra il quale è sistemata una scultura lignea del Cristo; a sinistra la cappella, caratterizzata da una statua della Vergine, dove si trova il battistero, costruito con un unico blocco di serizzo, la cui vaschetta per l’acqua è stata ricoperta da un artistico coperchio bronzeo.

Tornando verso l’ingresso, a metà della navata, alla nostra destra, si trova la Cappella della Madonna, opera del pittore Baruzzi che vi ha realizzato un dipinto e graffiti murari. Essa svolge funzione di cappella invernale, oltre che di cappella votiva alla Madonna, e vi si trovano un tabernacolo cubico, opera dello scultore Nicola Sebastio (autore tra l’altro della statua di San Giovanni Battista de la Salle su una guglia del Duomo), che ha la caratteristica di ospitare una “Ultima cena” sbalzata senza soluzione di continuità sulle quattro facce del cubo ortogonali al piano, ed un piccolo crocifisso del Cinquecento proveniente, pare, da una chiesina sconsacrata e poi adibita a deposito di vini sita sul Monte Orfano a Cologne, nel Bresciano.

Poco oltre quasi all’ingresso, in posizione defilata si trova la “Nicchia del Crocifisso”, così detta per via del crocifisso Seicentesco che ospita; si tratta di un vano poligonale di mattoni con finestrelle a blocchi policromi di vetrocemento, opera di Padre Costantino Ruggeri, che li ha trasformati in “vetrata informale”; da notarsi anche il pavimento abbassato, la mensola di pietra serena e l’originale cancelletto (anch’esso opera di Ruggeri), di pregevole invenzione e fattura.

Dopo aver menzionato la via crucis in bronzo, sita sulla parete opposta della navata, e costituita da quattordici formelle a bassorilievo, concludiamo il nostro excursus con la grande vetrata posta sulla controfacciata nel 2002 ed eseguita dalla Vetreria Eugenio Cerioli su disegno di Benedetto Pietrogrande. Cuore della vetrata e centro di tutta la composizione figurativa è l’agnello, sbalzato dalla morte ed entrato nella luce. Intorno all’agnello la croce, che si viene a comporre attraverso l’incontro di due fasci di luce, e una serie di cerchi, in cui affiorano i simboli dei quattro evangelisti, sfumati nell’immagine. (Fonte Milano Policroma)

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Altra curiosità sul quartiere, dove si trova quel che rimane della cascina Mancatutto di Calvairate, all’inizio di via Maspero (6), arrivando dall’incrocio con via Lombroso, qui, all’inizio del 1900 in una cava posta a est della cascina, furono rinvenuti (a circa 4 metri di profondità) un frammento di zanna e due molari di Mammuthus primigenius (i reperti paleontologici più antichi trovati su quello che è l’attuale territorio di Milano, visibili nell’immagine assieme alla cascina, che è ancora oggi abitata dai proprietari): Altri reperti simili sono stati trovati durante gli scavi per le fondazioni del palazzo della Banca d’Italia in via Bocchetto (nel 1910) e presso un’altra cava, non lontana dalla cascina Moncucco (fuori Porta Ticinese). Tutti questi reperti paleontologici, purtroppo, sono andati distrutti durante l’incendio che si è sviluppato nel Museo di Storia Naturale di Milano, in seguito ai bombardamenti subiti durante la Seconda Guerra Mondiale. Così non è stato neppure possibile datarli con una certa precisione usando la tecnica del Carbonio 14, metodo che è stato introdotto solo a partire dalla seconda metà del secolo scorso.

Oramai la Cascina Mancatutto è interamente circondata da magazzini e da depositi industriali e sembra totalmente fuori luogo e completamente fuori dal tempo. (Fonte Skyscrapercity)

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

4 commenti su “Milano | Calvairate – Una zona “dimenticata”: parte 3”

  1. Bel percorso, ho scoperto tante cose che non sapevo, nonostante la mia famiglia abbia le radici qui da tre generazioni.

    Grazie e aspettiamo la quarta parte!

    🙂

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  2. Ciao,
    molto interessante il frammento di cartina con le linee dei tram (quartultima immagine). Da dove è tratta? ce n’è in rete una versione intera?

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  3. Grazie Roberto, bellissimo reportage, la cascina in via Ennio ha al suo interno una tettoia e ci son parcheggiati sotto due furgoni, quindi ancora è utilizzata da qualcuno per qualcosa, i furgoni sono recenti e si vede che sono utilizzati, l’area del “parco” della cascina so che è un’enorme gattile e quasi ogni giorno dei volontari portano da mangiare ai numerosi gatti che ci vivono dentro.

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