Milano | Conchetta – Una chiesa nata da un fulmine

A Milano vi era  già stata una chiesetta dedicata alla Madonna di Caravaggio: era stata edificata nel 1693 nei pressi del bastione di Porta Monforte e lì rimase per poco più di un secolo, perché venne soppressa alla fine del Settecento.

La prima chiesetta in legno dedicata alla Madonna di Caravaggio 1902-1909

Quando alla fine dell’Ottocento la città si espanse, il parroco di San Gottardo del Bourgh di Formagiatt, pensò bene di erigere nel 1902 un tempietto in legno in un appezzamento di terreno appartenente alla chiesa nell’allora periferia estrema, posto a sinistra di via Meda oltre il Gentilino.

Qui venne portato il gruppo scultoreo in legno della Vergine Maria con Giannetta, simulacro della venerazione della Madonna di Caravaggio.

Ben presto la chiesetta risultò insufficiente e il parroco della chiesa di San Gottardo da cui dipendeva il piccolo santuario, don Giuseppe Cappelletti, cominciò a maturare la volontà di una costruzione in muratura e di proporzioni adeguate.

Si affidò il progetto della nuova chiesa all’architetto Cecilio Arpesani; il 24 giugno 1906, lo stesso Arcivescovo di Milano, cardinale Andrea Ferrari, diede l’avvio ai lavori con la posa della prima pietra.
Col tempo, difficoltà soprattutto finanziarie causarono un rallentamento nel progredire dell’opera, ma un avvenimento imprevisto mutò la situazione di ristagno.

Alle 21,15 del 20 luglio 1909, durante un temporale particolarmente violento, un fulmine colpì l’angolo frontale sinistro dell’edificio in costruzione e raggiunge l’antistante vecchia chiesetta, scatenandovi un violento incendio. Così parrocchiani e costruttori colsero l’avvenimento come una sollecitazione al completamento della nuova chiesa.

Dall’incendio della piccola chiesa vennero salvati solo il tabernacolo, un quadro di bronzo e le statue della Beata Vergine e di Giannetta, che verranno ricoverate in una vicina osteria.

Perciò i lavori ripresero e il 30 ottobre 1909, venne benedetto il nuovo edificio, sebbene non ancora ultimato. La chiesa fu completata in meno di due anni: il 1° maggio 1911, il Cardinal Ferrari dedicò solennemente il tempio.

Lo stile scelto dall’Arpesani è quello medievale lombardo, molto sentito dall’architetto e di gran moda a cavallo del nuovo secolo (‘900). Perciò la chiesa è realizzata quasi esclusivamente in cotto e replica una tipica basilica a tre navate della tradizione lombarda.

La facciata in puro stile neo-romanico, è tripartita con la parte centrale più alta e le due ali laterali più basse.

E’ a tre ordini sovrapposti, con belle decorazioni di archetti, sorretti da colonnine, così da formare un loggiato cieco.

Nei due ordini superiori gli archetti, di ottime proporzioni, sono limitati alla parte centrale del prospetto e celano delle finestre circolari che illuminano l’interno; l’ordine inferiore discende invece anche lungo le due ali coronando le due porte laterali. Naturalmente non mancano gli archetti tipici del cornicione.

La facciata è alleggerita da fasce di pietra bianca che contrastano con il rosso del mattone. Sul timpano della facciata è dipinta a mosaico un’immagine della vergine a cui due santi genuflessi recano in omaggio il progetto dello stesso tempio.

All’incrocio del transetto si erge l’alto tiburio ottagonale, pure di cotto, alternato come la facciata a fasce bianche in pietra e fasce rosse in cotto, copia del tiburio di San Babila o Sant’Ambrogio.

Dai fianchi sporgono le cappellette semicircolari e, in corrispondenza del transetto, due absidi per lato e sul retro il grande catino absidale. Su tutto il complesso si staglia l’alto campanile eretto nel 1930 e posto a sinistra del transetto, progettato dall’architetto Ugo Zanchetta.

L’interno è a forma di croce latina a tre navate, del tipo basilicale, caro all’Arpesani.

La navata centrale ha un soffitto a capriate in legno dipinto scandite da archi a tutto sesto in muratura.

Le navate minori recano invece volte a crociera senza cordonatura ma in mattoni a vista.

Internamente la mole dell’edificio è sostenuta da 10 colonne di granito con capitelli dalle varie e belle decorazioni, ispirate a figure caratteristiche della prima epoca lombarda.

Ai lati si trovano quattro cappelle minori, sulla sinistra si trova una statua dedicata a S. Antonio da Padova. Segue il Battistero, impreziosito da un affresco con Gesù che riceve il Battesimo nel Giordano, mentre la luce filtra attraverso due vetrate raffiguranti un angelo che regge la “veste bianca” ed uno con il cero. Procedendo, si ammira la cappella dedicata a Maria Bambina, con un mosaico degli anni ’50.

Sulla destra, dopo un artistico Crocifisso in legno, restaurato dalla scuola del Beato Angelico di Milano, incontriamo l’altare di Santa Rita e quello di San Francesco, adornato, nel 1986, da un mosaico riproducente il Santo ai piedi della Croce.

Al culmine della navata centrale, s’innalza l’Altare Maggiore sopraelevato, cui si accede grazie a due scalinate: in mezzo ad esse ve n’è una terza, che porta alla sottostante cripta, dedicata alla Beata Vergine di Caravaggio.

Nel catino dell’abside il Cisterna dipinse nel 1928 un bell’affresco raffigurante l’incoronazione della Vergine, tra un coro d’Angeli. Probabilmente questo era il primo di una serie di affreschi programmati per tutta la chiesa, ma mancanza di soldi non permisero il loro compimento. Il Cisterna decorò anche la cupola del tiburio.

Del primitivo presbiterio, interamente rifatto nel 1974 su disegno dell’architetto mons. Enrico Villa per adeguarsi alla riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II, resta la mensa, con l’artistico tabernacolo, sovrastata da un grazioso ciborio che ricorda, in forme semplici, quello di Sant’Ambrogio.

Ai lati dell’Altare Maggiore e del transetto, si aprono due cappelle più grandi:
A sinistra, la Cappella del Sacro Cuore , o della Santissima Eucarestia, dominata da un mosaico del 1978, con il Cristo che spalanca le braccia, quasi ad accogliere quanti a lui si affidano.
A destra, la Cappella dedicata a San Giuseppe, interamente restaurata nel 1987. Sullo stesso lato, è conservato un gruppo marmoreo raffigurante la “Pietà”: qui grande è la devozione dei parrocchiani, soprattutto nel mese di novembre quando, attorno ad esso, viene allestita una “cappellina della memoria” per ricordare i defunti.

Il presbiterio, con la sottostante cripta, abbassata di un metro e mezzo circa dalla quota del pavimento della navata, originariamente era stato realizzato diversamente.

Le scale erano laterali sia per accedere all’altare che alla cripta e davanti vi era una grande apertura che però rendeva separati altare e cripta dall’aula. Così venne rifatto completamente il disegno del presbiterio, realizzando due scale laterali per salire all’altare maggiore e una centrale per scendere al livello inferiore.

La cripta aperta su ogni lato ospita le due statue lignee del simulacro della Madonna di Caravaggio, lo stesso che fu salvato dall’incendio, a cui è intitolata la Chiesa.

L’8 maggio 1955, l’arcivescovo Giovanni Battista Montini, pose sul capo dell’effigie della Vergine un prezioso diadema, coronando così anche il desiderio del cardinale Ildefonso Schuster che amava molto questa chiesa e che desiderò porre con le sue mani il diadema sul capo della Madonna ma la cui morte lo impedì.

Purtroppo, una bomba, caduta il 14 agosto del 1943, durante il più devastante bombardamento sulla città di Milano, distrusse parte del transetto con un affresco del Cisterna, rappresentante la gloria di Maria.

Terminata la guerra, ponendo mano alla ricostruzione, si decise di dare compimento alla sistemazione dell’altare maggiore e della cripta in cui è custodita la statua della Madonna.

A destra dell’altare è conservato un gruppo marmoreo raffigurante una delicata “Pietà”, molto apprezzata dai parrocchiani.

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