Milano | Cinque Vie – Palazzo Ràbia e il Luini emigrato

In piazza San Sepolcro, nel cuore della Milano antica, c’è un palazzo – abbastanza anonimo a dire il vero – che un tempo celava delle meraviglie che, come purtroppo è già accaduto diverse volte per altre opere, sono state esportate altrove e oggi non si trovano più a Milano (solo due frammenti piccoli) ma sono in giro per il mondo.

Si tratta di Palazzo Ràbia, di Piazza San Sepolcro 1.

Il palazzo di cui non si conosce precisamente l’anno di costruzione, viene datato generalmente nel periodo compreso tra la fine del Quattrocento e i primi due decenni del Cinquecento. Infatti l’edificio risulta già esistente nel 1521, quando il Cesariano (Milano, 1475 – 1543, è stato un pittore e architetto italiano, nonché teorico dell’architettura), edita il suo commento a Vitruvio, in cui cita la casa costruita da Gerolamo Ràbia in Milano come esempio mirabile di scienza architettonica.

Che la casa di Gerolamo Ràbia fosse quella di piazza San Sepolcro è provato da 11 antiche iscrizioni esistenti in loco ancora nelle XVIII secolo, quando l’Allegranza (Milano, 1713 – 1785, è stato un archeologo, religioso, domenicano italiano) le vide e trascrisse. Già nel secolo successivo, ne restavano però solo alcune e in pessimo stato; attualmente le uniche tre rimaste sono conservate nelle raccolte civiche del Castello Sforzesco. Queste iscrizioni che risalgono probabilmente all’epoca della fondazione della casa o a poco più tardi, sono una preziosa fonte di informazioni poiché indicano chiaramente un Gerolamo Rabia come committente e proprietario del palazzo. Su queste basi venne identificato il Gerolamo in questione con un nobile vissuto sulla scorcio del XV secolo e di conseguenza data la costruzione del palazzo prima della fine del Quattrocento.

Ricostruzione della piantina del palazzo con portici e giardino nel 1500
Casa Fontana Silvestri di Corso Venezia, esempio del 1400 con pareti affrescate

Diversamente Luca Beltrami propone una datazione più tarda, considerando come fondatore del palazzo un altro Gerolamo Rabia, ancora vivente tra il 1500 e il 1530 e confuso dall’Allegranza con il nonno omonimo. Il secondo elemento di datazione di notevole importanza: da una delle iscrizioni viste dell’Allegranza e poi scomparse sembra che l’architetto dell’edificio fosse stato Cristoforo Solari “il gobbo”. Purtroppo questa risulta essere l’unica fonte di tale notizia. Basandosi su tale attribuzione il Beltrami colloca la costruzione del palazzo dopo il 1499, poiché esclude il periodo di attività dei Solari, che corrisponde al dominio di Lodovico il Moro,  in cui egli lavora come scultore. L’autore propone quindi per la datazione i due periodi della dominazione francese a Milano 1499-1512 e 1515-1526, in quanto Gerolamo Rabia sembra parteggiare apertamente per essi.

Bernardino Luini – Europa sul toro – Gemaldegalerie, Staatliche Museen
Bernardino Luini – Il Ratto d’Europa – Gemaldegalerie, Staatliche Museen
Bernardino Luini – Europa, Venere e Amore – Gemaldegalerie, Staatliche Museen

Riguardo all’aspetto primitivo di Casa Ràbia, non risulta facile la sua ricostruzione, essendo stata completamente ristrutturata nel XX secolo; tuttavia attraverso la letteratura artistica abbiamo alcune importanti notizie. Anzitutto dalle iscrizioni citate si ricava l’esistenza, al suo interno, di una cappella, di un giardino e di portici, ricordati anche dal Carlo Torre (storico milanese del 1600) e dal Serviliano Latuada (Milano, 1704 – 1764, è stato un presbitero, scrittore e storico italiano), come elementi pregevoli del palazzo. Da una ricostruzione del Beltrami, in base alle notizie ricavate dalle fonti e a rilevamenti in loco delle rimanenze cinquecentesche ora scomparse, si può avere un’idea della disposizione originaria dell’edificio, prima delle modifiche apportatevi dal luogo Pio di Santa Corona. Inoltre la casa era stata decorata, presumibilmente subito dopo la sua costruzione, da affreschi di Bernardino Luini, di cui si ha notizia già dal Vasari e dal Ciceri. Le due testimonianze confermano la proprietà della famiglia Ràbia e l’ubicazione presso la chiesa del Santo Sepolcro.

Gli affreschi dovevano estendersi su vaste superfici all’interno e all’esterno del palazzo, come affermano sia il Vasari che il Torre. Entrambi vedono affrescate le sale e il cortile porticato; però a differenza del Vasari, il Torre, che scrive un secolo dopo, non accenna più ad affreschi sulla fronte del palazzo, così come il Lattuada, facendo pensare che le pitture esistenti nel 500 fossero ormai scomparse.

Bernardino Luini e la testa con dito, oggi al Louvre

Degli affreschi di Casa Ràbia restano due interi cicli a carattere mitologico e alcuni frammenti. I temi derivano da Ovidio e riguardano il mito di Europa, in nove affreschi staccati e collocati ora al Museo di Berlino, e il mito di Cefalo e Procri in altrettanti pezzi conservati a Washington. Vengono inoltre messi in relazione con questi due cicli un frammento oggi al Louvre (una testa di donna con indice davanti alla bocca), e due già della pinacoteca Ambrosiana con architetture e tre del Civico Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco con teste di divinità. Quanto alla loro dotazione, è impossibile proporne una certa in quanto non esistono documenti in proposito; alcuni ritengono gli affreschi posteriori a quello dell’Oratorio di Santa Corona, del 1521, mentre altri li giudicano precedenti. Nel primo caso la commissione per Casa Ràbia sarebbe stata data al Luini grazie al suo precedente lavoro per il luogo Pio; nel secondo la relazione tra i due committenti e verrebbe rovesciata: i confratelli di Santa Corona potrebbero avere contattato il pittore tramite la famiglia Rabia.

Bernardino Luini – Procri colpita dal dardo di Cefalo, oggi conservato a Washington

Tornando alle vicende dell’edificio, nel 1577 dopo alcuni passaggi di proprietà divenne sede del luogo Pio di Santa Corona che già dal 1540 vi si era parzialmente trasferito da Santo Sepolcro, come attesta la lapide tuttora esistente sull’ingresso dello stabile.

A questa epoca potevano così cominciare i necessari lavori di adattamento dell’edificio alla sua nuova funzione, attestati nei libri mastri dell’istituto. La cifra spesa, non eccessivamente alta, fa ipotizzare cambiamenti non sostanziale, consistenti nell’erezione di un locale per l’oratorio, di un altro per la farmacia, di servizi e di un porticato che nel 1595 fu decorato con prospettive a bassorilievi da Tolomeo Rinaldi.

Bernardino Luini Procri e l’Unicorno
L’allestimento degli affreschi alla National Gallery of Art di Washington

Nel 1581, prima che l’oratorio presso la chiesa, affrescato da Bernardino Luini, venisse definitivamente ceduto agli Oblati di Sansepolcro, i deputati di Santa Corona vollero che un affresco identico fosse dipinto nel loro nuovo oratorio. L’incarico insieme a quello per altri dipinti, venne dato ai figli di Bernardino, Pietro e Aurelio Luini come attestano i libri maestri. Nel 1781 Palazzo Ràbia subìto un ultimo rifacimento ad opera del Pio Istituto, come si può leggere nella lapide sopra il portale di ingresso: probabilmente, data l’impossibilità di realizzare un nuovo imponente progetto edilizio, per cui era stata acquistata già dal secolo prima una casa di un certo Ello, i deputati deciso di affittare a privati il palazzo che veniva così demolito e ricostruito, a partire dal 1778 su disegno di Gerolamo Fontana per essere adibito ad abitazioni privata. Qualche anno più tardi, nel 1786, il Pio Istituto Santa Corona venne aggregato all’Ospedale Maggiore, perdendo così la sua autonomia, durata circa tre secoli. Gli edifici di piazza San Sepolcro vennero ceduti definitivamente a privati. Alla fine dell’Ottocento lo stabile, o parte di esso, venne trasformato nell’albergo Croce di Malta, sotto il cui nome la ex Casa Ràbia viene citata in alcune guide dell’epoca.

Gli affreschi di Bernardino Luini vengono staccati per volere del proprietario dell’intero edificio, G. Battista Silva, che, allo scopo di conservarli, li fece trasportare dalle stanze dell’albergo alle sue private. In realtà gli affreschi, tolti segando i muri e trasportati, furono alquanto danneggiati da questa operazione. Nel 1875 il palazzo allora di proprietà Bordini, venne demolito per dar luogo ad una radicale ricostruzione, ad opera dell’architetto Angelo Savoldi. I due frammenti di un affresco con architetture ritrovati duranti lavori, furono donati, come già detto, all’Ambrosiana.

Nel giardinetto interno sono raccolte, in cattivo stato, alcune lapidi rinascimentali con iscrizioni latine dedicate a divinità pagane e che comprovano la proprietà dei Ràbia.

 

Informazioni tratte da: Milano ritrovata. L’asse Via Torino. (Milano, Palazzo Clerici, aprile-giugno 1986)

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

4 commenti su “Milano | Cinque Vie – Palazzo Ràbia e il Luini emigrato”

  1. All’estero sono riusciti a impreziosire degli affreschi tolti da un nostro palazzo…
    Noi abbiamo un gioiellino poco conosciuto che è San Maurizio a fianco al museo archeologico che sarebbe un ottima calamita sia per milanesi che per turisti se fosse meglio indicato e pubblicizzato.

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      • Piena è una parola grossa. Il termine abbastanza frequentata è più indicato. La zona corso Magenta, Largo D’Ancona, via Meravigli è totalmente trascurata. Non c’è un cartello che indichi che direzione seguire per trovare le bellezze che sono presenti in zona, l’arredo urbano totalmente trasandato e via Carducci percorsa quotidianamente da migliaia di pendolari e turisti e’ praticamente in autostrada in centro citta’ dove i pedoni sono confinati su marciapiedi ridicoli per il flusso di persone che devono supportare. Concordo con Mattb1. Con pochissimo la zona potrebbe essere trasformata in una area meravigliosa, pedonalizzando alcune aree e rendendola così una tappa obbligata per chi veramente è interessato alla storia della Milano capitale dell’ impero romano e al genio di Leonardo Da Vinci. Ancora non mi capacito nel pensare che nessun governante ci abbia almeno pensato con un progetto.

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