Inganni per molti è una via di Milano o meglio ancora una fermata della M1, ma Angelo Inganni è stato un pittore italiano che ha lavorato soprattutto in Lombardia e a Milano.
Nacque a Brescia il 24 novembre 1807 da Giovanni Battista Bartolomeo, pittore di prospettiva, e da Teresa Gobbini. Il giovane Angelo venne avviato alla pittura insieme al fratello maggiore Francesco nella bottega del padre. Così sin da giovane iniziò a dipingere soggetti sacri per per le chiese della campagna bresciana.
Nel 1827 venne chiamato alle armi nel battaglione Cacciatori a Milano, e questo sarà il suo momento per la grande svolta: infatti venne notato dal maresciallo Radetzky mentre eseguiva un suo ritratto ed egli, dispensatolo dal servizio militare, gli consentì l’iscrizione all’Accademia di Brera nel 1833.
A Brera, tra gli altri, avrà Giovanni Migliara come maestro ed espose nelle mostre annuali dell’Accademia lavori di paesaggio e soprattutto vedute già apprezzate dalla critica dell’epoca.
Tiene studio in Milano a San Marco e diviene in breve tempo uno dei più ricercati vedutisti del XIX secolo, con un’ampia committenza dalla nobiltà e dalla borghesia di tutto il Lombardo Veneto.
Le sue opere porgono attenzione a realistiche vedute cittadine lombarde popolate da personaggi soprattutto del popolo minuto, intento ai suoi traffici ed occupazioni, questo in chiara antitesi al perdurante Neoclassicismo, e già in sintonia con il sentire del Romanticismo.
Nel 1838 espose alla Regia Accademia di Belle Arti di Milano La veduta della piazza del Duomo con il coperto dei Figini (Museo di Milano), di commissione del cavaliere A. Uboldo, che riscosse un enorme successo, tanto che l’imperatore Ferdinando I d’Austria ne chiese una copia destinata alla Galleria del Belvedere di Vienna; nel 1842 un’altra versione dell’opera venne realizzata per l’arciduca Ranieri, viceré del Lombardo-Veneto; infine, une replica di più vaste dimensioni venne offerta dall’autore nel 1853 a Napoleone III e da questo destinata al Louvre.
Inganni aveva elaborato un’originale sintesi tra la veduta urbana di G. Migliara e quella di G. Canella. La diversità di metodo e le varianti tematiche delle vedute urbane presentate dai due autori, la precisione descrittiva con cui Migliara sosteneva l’analisi delle architetture o dei particolari decorativi e la sensibilità per il dato atmosferico e ambientale in Canella, trovarono una singolare ed efficace soluzione nella pittura di cronaca urbana.
Nei primi anni ’40 del XIX secolo torna più volte a Brescia esponendovi all’Ateneo e soggiorna a Gussago, dove è ospite di Paolo Richiedei, ispirandosi a scene di vita contadina. Nel 1845 comincia anche a dedicarsi all’affresco, per la Chiesa di S.Marco e più tardi nella cupola di S.Carlo al Corso (lavoro che concluderà nel 1865).
Rimasto vedovo della prima moglie, si trasferisce a Gussago (Brescia) dopo gli anni ’50 del 1800, rarefacendo la sua presenza alle mostre milanesi. Si sposa poco dopo con quella che era stata prima sua allieva e poi amante, la pittrice francese Amanzia Guérillot. Si dedica ancora alla pittura dipingendo scene di vita contadina e a rappresentazioni di vedute notturne. Nel 1853 prende parte ad un’esposizione parigina. È nuovamente presente in mostre milanesi nel 1874 con sue vedute di Milano e di Brescia. Muore a Gussago nel 1880 mentre sta lavorando ad un dipinto per il monumento delle Cinque Giornate. (Fonte Wikipedia e Treccani)
In questi due dipinti possiamo scorgere una piazza del Duomo prima degli interventi del Mengoni, quando Milano aveva meno di 200mila abitanti ma che incominciava a crescere e diventare una città importante. Nei due dipinti spicca il Coperto del Figini, un palazzo storico rinascimentale costruito nel 1467 da Guiniforte Solari, sorto dove si trovava la campata di sinistra della basilica di Santa Tecla demolita sul finire del 1300. Del Coperto del Figini era tipico il porticato gotico sotto il quale, come si vede dall’immagine successiva, vi era un luogo ricco di commerci e vitalità, immortalata nel dipinto del 1842. Con questo quadro possiamo ammirare la vita a metà Ottocento in quella che era la piazza del Duomo dalle ridotte dimensioni.
Passiamo all’altro interessantissimo dipinto di Inganni, che ci fa passare dal passaggio coperto per il Duomo, la porta della Peschiera Vecchia, passaggio sparito dall’apertura della via Mercanti dopo gli sventramenti per la nuova piazza del Duomo. Anche in questo dipinto si possono notare i molti personaggi che affollavano anche quest’importantissima piazza, persino una signora affacciata alla finestra sotto il portico. Sullo sfondo la sagoma inconfondibile del Duomo.
Piazza e Duomo che ritroviamo anche in quest’altro dipinto che ritrae gli ultimi anni di vita del Rebecchino, l’isolato che fungeva da quinta meridionale della piccola piazza del Duomo, anch’esso demolito per aprire la nuova e più grande piazza.
Entriamo anche in Duomo, grazie a quest’altro dipinto. Qui le architetture della Cattedrale sono rimaste identiche, più o meno, ciò che è cambiato sono i costumi della gente.
Naturalmente la città cambia e Angelo Inganni non può non immortalarla in un bel dipinto del 1874 a pochi anni dalla conclusione dei lavori per questa meraviglia che ancora oggi ci lascia sorpresi e meravigliati. Qui per giunta ha immortalato una bella nevicata, cosa alquanto rara, purtroppo.
Torniamo indietro di venticinque anni per ammirare anche quest’altra veduta di una Milano completamene trasformata o quasi, Piazza della Scala nel 1850 circa. Dame e carrozze affollano quest’angolo di città sicuramente più nobile e aristocratico.
Altra visione, più dimessa, con le sue piccole architetture, è piazza Borromeo immortalata in quest’altrettanto dettagliato quadro del 1846. Si può notare la chiesa di Santa Maria Podone e i palazzi che la circondavano, oggi completamente differenti, così come la piazza stessa, modificata da un brutale parcheggio interrato costruito negli anni Settanta.
Altro angolo popolare immortalato dal pennello del pittore lombardo è senza alcun dubbio il magico Verziere. Luogo di mercato di commerci e di gente indaffarata, come si evince dal quadro. L’immagine mostra la “piazza” ancora priva di alberi con la possente colonna del redentore al centro della scena. Sullo sfondo spunta la cuspide della chiesa di San Gottardo in Corte e la guglia della Madonnina.
Concludiamo la lunga raccolta di quadri dedicati a Milano dall’Inganni mostrando queste tre vedute dal quartiere dove aveva la bottega Inganni, il borgo di San Marco.
Come primo dipinto osserviamo il quartiere da un insolita prospettiva, dalla terrazza della casa Medici, quella che ancora oggi possiamo ammirare all’incrocio tra la via Eugenio Balzan e via San Marco. La vista spazia verso nord, col naviglio di San Marco o Martesana sulla destra e riusciamo a scorgere anche il campanile e il tetto della doppia chiesa di Santa Maria Incoronata. Sotto, dove poi sorgeranno gli stabilimenti e gli uffici del Corriere della Sera, campi e giardini. Una Milano completamente modificata.
Nel secondo dipinto possiamo ammirare ancora Ca’ Medici, al centro dell’immagine, la darsena di San Marco e la chiusa sulla Martesana prima che questa diventi la “Cerchia dei Navigli”. Ci troviamo sul ponte davanti alla chiesa di San Marco.
Qui Angelo Inganni ritrae la confluenza della Martesana nella Cerchia Interna dei Navigli, proprio di fronte alla stupenda chiesa di San Marco. Anche in questo dipinto Inganni ci fa rivivere l’atmosfera animata da diversi personaggi in un ambiente minuziosamente dipinto. Possiamo vedere la facciata di San Marco prima dei restauri, i barconi e altre operazioni sul naviglio.
Bello questo articolo, ha dato una spolverata al pittore poco conosciuto ai più, che ci ha lasciato davvero una bella memoria di come era Milano
Notare come nelle grandi e bellissime piazze che abbiamo oggi come Piazza Duomo e Piazza della Scala ai tempi c’erano dei palazzi che poi erano stati abbattuti per creare appunto quelle nuove piazze. Avessimo avuto ai tempi l’attuale sovrxintendenza romana di Milano quei palazzi non sarebbero stati abbattuti ma sarebbero stati preservati ufficialmente per “un’incommensurabile valenza storica”, in realtà per “un’incommensurabile invidia romana” di Milano.