Milano | Dazio – Il Quartiere Affari Lorenteggio, la Défense de Puarit

Nella periferia ovest di Milano, oltre il Lorenteggio, c’è un quartiere, il Dazio, che si è ritrovato nel giro di pochi anni (tra il 1985 e il 2010) trasformato in un nuovo centro per uffici.

Siamo proprio al confine del Comune di Milano con il Comune di Corsico, nelle zone solcate dalle vie Lorenteggio e Bisceglie.

Presto nell’area conosciuta come Calchi Taeggi, lungo la via Bisceglie, sorgerà SeiMilano, il nuovo quartiere progettato da Mario Cucinella che prevede residenze, un’area per uffici e una commerciale.

L’area si presentava costellata da grandi e piccole industrie poi dismesse lungo l’asse di via Lorenteggio, qualche campo ancora coltivato e spazi abbandonati.

Si è iniziato nel 1988 con l’edificio di Via Kuliscioff 32/34 di Bellini, e si è proseguito costruendo senza un vero piano urbano per anni.

Sono infatti dello stesso periodo le 4 torri di 15 piani edificate da Ligresti in via Pietro Giordani (uguali alle altre edificate ai quattro angoli della città con lo stesso metodo costruttivo), aggiungendo palazzi un po’ alla volta nel corso degli anni senza un piano urbanistico sensato che riconnettesse i vari interventi inserendoli in una visione di insieme coerente.

Si tratta di interventi senza un vero dialogo tra loro, inseriti in territori che sembrano e sono ‘di risulta’, senza un senso urbano compiuto, senza spazi pubblici vivibili o anche semplicemente ben sistemati.

Qualcuno, e non a torto, l’ha ribattezzata la Défense dei Puarit (come la Défense, il quartiere degli affari di Parigi, ma dei “poveretti” in milanese).

Così il Quartiere Affari Lorenteggio è sorto un po’ alla volta sviluppandosi in modo disordinato e, come dicevamo, senza un vero piano urbanistico. Piccole torri che si assomigliano sono state costruite a caso dove c’era possibilità, senza un area pedonale vera e propria, piazze per socializzare, negozi. La stazione metropolitana più vicina è quella di Bisceglie o Primaticcio, di fatto costringendo chi lavora in zona ad utilizzare prevalentemente l’automobile privata piuttosto che il mezzo pubblico.

La vicinanza del capolinea del tram 14, dove è anche presente un parcheggio di interscambio, non sembra avere comunque una funzione tale da soddisfare l’esigenza di trasporto non essendo, peraltro, integrato con ciò che lo circonda.

Proviamo a dare un occhio alla zona camminando un po’ a zonzo nel quartiere.

Discendendo via Bisceglie, da Sella Nuova e dalla fermata della Stazione della M1 Bisceglie, incontriamo il primo edificio per uffici al civico 76, facile da trovare grazie al gigantesco numero sulla facciata. Dobbiamo dire che è un bel rinnovo di un edificio costruito negli anni Novanta per cui, come per altri casi di quell’epoca, il tempo non ha avuto pietà. Poco oltre, proseguendo verso il Lorenteggio, troviamo l’edificio commerciale abbandonato al civico 89. Venne costruito nel 2008/9, ma subito abbandonato e lasciato al degrado. Al 95 troviamo un altro edificio per uffici più anonimo.

Svoltiamo in Via Anna Kuliscioff dove tra spazi commerciali di rivenditori d’auto, spicca la torcia, The Torch, progettato nel 2007-2010 dall’Architetto Francesco Fiorica. 10 livelli per una torretta cilindrica di sicuro effetto. Da notare che in questo primo tratto di via, tra concessionari, uffici e officine, manca l’illuminazione pubblica (!), forse unico caso in tutta Milano; per fortuna col buio ci sono dei potenti faretti su alcuni edifici privati e le vetrine illuminate del concessionario di auto a sopperire.

Proseguendo sulla via Anna Kuliscioff troviamo altri edifici sempre ad uso terziario. Qui si torna agli anni Ottanta, quando Mario Bellini progettò nel 1988 i primi uffici nell’area. Via Anna Kuliscioff 35-38 PL3-PL4 posti a ponte sulle strade sottostanti.

Il “condominio industriale” di Bellini è un complesso edilizio composto da tre corpi di fabbrica: due volumi che si fronteggiano su via Kuliscioff – destinati a uffici – dietro cui si ergono rispettivamente un edificio in linea e un padiglione trapezoidale, destinati all’industria. Il concept all’epoca apparve decisamente innovativo; infatti all’interno trovarono spazio laboratori di produzione, uffici e depositi, progettati per essere affittati a diversi utenti che si mescolano senza una rigida suddivisione in categorie funzionali.

A questo punto troviamo il canale del deviatore dell’Olona che poi all’altezza dell’ex cartiera Binda alla Conca Fallata si unisce al Lambro Meridionale. Canale che purtroppo non è un bello spettacolo; corre molto in profondità rispetto al piano stradale, circondato da alte paratie di cemento o da sponde con vegetazione incolta, e spesso emana odori poco gradevoli.

Tra le sponde del canale ci sono altri edifici per uffici. Via Anna Maria Mozzoni 12 (che vediamo nelle foto di seguito), Edificio L, fa parte del progetto Gemini Center dello Studio Prp (Rolando Gantes, Roberto Morisi).

Dobbiamo dire che alcuni di questi edifici sono interessanti, come appunto questo di Via A.M. Mozzoni 12, ma che sono stati collocati in questo contesto urbano poco attento e li fa sembrare sparsi come gettati a caso. Comunque il carattere architettonico del quartiere rispecchia la sua funzione, ovvero terziario e industriale. L’edificio, ad uso uffici denominato “L”, è una costruzione di 11 piani fuori terra più un piano interrato, collegato ad un edificio di tre piani ad uso parcheggi (210 posti auto).

La nuova torre “J”, localizzata in via Bensi è costituita da 12 piani fuori terra e da un piano interrato per una superficie totale di 7.800 mq e una volumetria di 30.000 mc. Questa torre dobbiamo dire, ci appare alquanto banalotta e poco interessante.

Attorno, come si vede dalle foto, edifici bassi per uso misto laboratorio e terziario. Le ampie strade sono state dotate di ciclabili (vorremmo vedere in quanti vi passeranno) e tra i palazzi grandi aree per il parcheggio, indispensabile per chi voglia muoversi nella zona.

Le altre “torri” del quartiere sono abbastanza ripetitive nel rivestimento e classiche degli anni Novanta, differenziandosi solo per forma e pianta. Lorenteggio 255 si andrà ad affiancare alle torri Ligresti, purtroppo posizionandosi a ridosso dell’antica Cascina Lorenteggio, senza un minimo di rispetto e senza che gli enti preposti dicessero qualcosa in proposito.

Veniamo ora al gioiello del quartiere degli affari, il Gemini Center.
È stato progettato nel 1994 dagli architetti Rolando Gantes e Roberto Morisi ed è costituito da due torri ad uso terziario direzionale di 22 piani fuori terra, che dominano l’intero centro direzionale “Milano Lorenteggio” ed il parco pubblico sottostante.

Gli edifici si caratterizzano per l’impostazione a pianta quadrata con angoli smussati, per l’originale piazzale coperto che le mette in comunicazione con uno scultoreo auditorium di circa 400 posti e per le particolarissime coperture a cupola che ospitano le zone di rappresentanza panoramiche.

Le due costruzioni sono collegate tra loro, per i primi 14 piani, da un corpo centrale che racchiude al suo interno i servizi principali e da corridoi coperti a struttura sospesa che conferiscono al complesso, grazie alle suggestive trasparenze ed ai contrastanti effetti di pieno e di vuoto, un evidente dinamismo, una sapiente armonia ed una assoluta leggerezza architettonica.

Particolarità dei due grattacieli è la presenza di due gru posizionate (per la pulizia dei vetri) sulla cima delle due torri.

Ultimo ad essere realizzato, il complesso di via Lorenteggio 240.

L’Edificio A, inaugurato nel Giugno del 2012, è divenuto il secondo simbolo del quartiere (foto a seguire).

Qui si riuniscono tutti i 3.000 impiegati Vodafone, trasformandosi di fatto nell’enorme Vodafone Village.
Progetto firmato da ancora da Gantes e Morisi, l’enorme edificio con una pianta a S, si colloca nell’area più abitata del quartiere, dove si trovano le abitazioni storiche del Lorenteggio. All’epoca della sua costruzione sollevò non poche polemiche.

Attorno è stato creato un parco, sulla via Bisceglie.

Verso via Gonin troviamo le quattro torri Ligresti di via Pietro Giordani, parallelepipedi di 15 piani con facciate a specchio e fasce verticali che coprono i pilastri strutturali, modello ripetuto più volte a Milano, come dicevamo all’inizio dell’articolo.

Un peccato che non si sia mai pensato di dotare il quartiere di una struttura urbana migliore e più dinamica; palazzi che potrebbero anche essere interessanti, ma che sono sviliti dal contesto.

Per questo pensiamo che l’appellativo Défense dei Puarit sia appropriato. Idea geniale e intuitiva, ma sviluppata male.

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

17 commenti su “Milano | Dazio – Il Quartiere Affari Lorenteggio, la Défense de Puarit”

    • sicuramente il municipio 6 ha delle colpe sul fatto che i grossi oneri di urbanizzaziione del recente palazzo vodafone non siano stati usati per provare a sistemare la zona. 🙁

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  1. Giusto articolo. Quando si parla della zona si parla solo delle case del giambellino 200 metri più in là.
    Eppure nella zona del dazio abita e lavora un sacco di gente abbandonata a se stessa e senza servizi.
    Ma non fanno notizia.
    Che si arrangino. Anzi, sono degli stupidi che si ostinano ad usare la auto….

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      • Su questi palazzoni Cè poco da discutere.

        Co sarebbe molto da discutere suncome trasformare questa landa desolata da quartiere isolato a abbandonato a un quartiere modello pieno di tram, tramvie, piste ciclabili e mobilità ideale…

        Gli spazi per fare opere ci sarebbero anche…

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  2. Grazie per questo interessantissimo articolo. Io lavoro qui e posso confermare che purtroppo è tutto vero per quanto riguarda i mezzi pubblici in questa zona: sono davvero inadeguati.

    Le linee utili a me e a miei colleghi sono due: la 321 e la 322, che servono proprio da “navetta” per tanti lavoratori da e verso la stazione metro Bisceglie. Purtroppo non solo le frequenze sono davvero scarse, ma la programmazione di queste due linee, in parte gemelle, sembra essere stata stabilita a caso, dato che i bus partono spesso ad un minuto solo di distanza l’uno dall’altro.

    Alcune multinazionali offrono un servizio di navetta privata ai loro dipendenti, ma per le PMI questo non è possibile e rende il viaggio verso l’ufficio un’ impresa faticosa.

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    • La pianificazione degli orari sulle linee periferiche è un classico esempio di come si potrebbe migliorare con poca o zero spesa — anche di molto — il servizio pubblico, attirando quindi più utenti che lo userebbero in alternativa all’auto.

      Un esempio: la linea 323 che da Cologno Nord M2 collega diversi centri medio-grandi dell’hinterland Nordest: Cologno, Brugherio, Concorezzo, Vimercate…

      La domenica c’è solo un autobus ogni ora e parte 5 MINUTI PRIMA dell’arrivo della metro corrispondente, che a sua volta ha frequenze festive ridotte… Mi chiedo chi ha pianificato degli orari così…

      E’ inutile estendere il biglietto urbano all’hinterland se poi gli orari rendono i mezzi di fatto inutilizzabili…

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  3. In effetti mi son sempre domandato perchè quando parlano del “Giambellino”, parlano sempre delle case (disastrate) dell’Aler e nessuno mai del Comune che si sia spinto due semafori più avanti a vedere come vivono “gli altri”.
    E’ un posto lunare ed abbandonato eppure tra i palazzi di Corsico e quelli di Milano verso il naviglio ci abitano pure tantissime persone.

    Nemmeno la M4 sarà di grande aiuto, si ferma prima e devia verso sud.
    Forse le vere “periferie abbandonate” son posti come questi che nessuno conosce e nessuno minimamente si fila.
    Ottimo articolo.

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  4. Esistono anche realtà sorprendenti in zona: esempi sono la HITMAN Factory Store o la GESPAN, attività commerciali nate dal recupero di ex edifici aziendali ….

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    • Speriamo a questo punto che il comune di Milano ed il nuovo piano per le periferie possano riqualificare ed armonizzare il tessuto urbano del quartiere

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      • Speriamo a questo punto che anche grazie agli articoli di Urbanfile, il Comune di Milano (e magari pure il Municipio di zona, sempre che riesca a liberarsi dalle sue idee preconcette) si accorgano che ci sono “periferie” bisognose di attenzione anche al di fuori dei soliti quartieri popolari degradati che sono l’unico focus attuale di attenzione (attenzione – tra l’altro – spesso solo teorica per millemila ottimi buoni motivi)

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  5. Un quartiere un po’ triste: di giorno affollatissimo di gente che si reca al lavoro con migliaia di autovetture trasformando l’area in un enorme parcheggio.
    Dopo le 19 si spopola e diventa deserto e abbandonato.

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