Milano | Loreto – Il perduto “castello” di piazza Argentina

Lo stile eclettico ha disegnato angoli di Milano evocando, in alcuni casi romantici scorci di un epoca passata, come i palazzi in stile medievale o gotico diffusisi in modo particolare verso la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.

Il ramo dello stile eclettico neo-medievale prese particolarmente piede in città col restauro o meglio, con la ricostruzione spesso non filologica, di alcune chiese antiche, come San Babila, Sant’Eustorgio, Santa Maria del Carmine o San Marco, ma anche con la costruzione di molte nuove chiese in città, come quella del Redentore, di San Pietro in Sala, di Sant’Agostino o della Madonna di Caravaggio.

All’inizio del Novecento, con la città che si rinnovava ed espandeva, si diffuse, fuso nel liberty, lo stile neo-medievale anche per la realizzazione di palazzi residenziali come il famoso Castello Cova nei pressi di Sant’Ambrogio o Casa Grandolini in via Elba a Porta Vercellina. Forse le merlature, le finestre a bifora, i mascheroni con volti cattivi e i mostri delle gargolle (Gargoyle) agli angoli dei palazzi, davano un senso di nobiltà alla nuova borghesia, come tanti nuovi castellani. Infatti la maggior parte di queste architetture venne utilizzata per palazzi signorili. Molti di questi vennero influenzati anche dallo stile dei fratelli Coppedè (Adolfo Coppedè 1871-1951 e il più famoso Gino Coppedè 1866-1927).

Esempi in città ce ne sono parecchi, ma uno, in particolare, poteva fare ancora bella mostra di sé se non ci fosse stata cieca speculazione e se forse si fosse intervenuto in tempo per salvare questo bell’esempio di “castello” neo-medievale.

Parliamo di un palazzo che purtroppo non esiste più e che faceva mostra di se in piazza Argentina angolo via Stradivari a Loreto. Casa Bazzoni.

Il 17 dicembre 1913 il dr. ing. Gaetano Bazzoni fece richiesta di Nulla Osta per la realizzazione di un nuovo fabbricato di civile abitazione e negozi al piano terreno in corso Buenos Aires 76 – o, come si scriveva al tempo, “Ayres” – in quella che oggi è piazza Argentina angolo via Stradivari. Direttore delle opere era l’ing. Lorenzo Buzzoni, mentre il capomastro era Mario Bialetti.

La Commissione igienico-edilizia esaminò il progetto nelle date del 7 e 21 gennaio 1914, rilevando in entrambe le sessioni elementi sufficienti per valutarlo negativamente;  fu necessario attendere la sessione del 4 febbraio per ottenere un giudizio finalmente favorevole. Le facciate, verso corso Buenos Aires e verso via Stradivari, presentano un disegno ricco di dettagli e decisamente affascinante: un eclettismo medievale moderato di ispirazione neoromanico, con architravi, davanzali ed elementi decorativi di cemento inseriti in un paramento murario di mattoni faccia a vista in modo da creare un vivace cromatismo. Sporti, bovindi e torrette non mancano pur risultando misurati nel complesso; le piante, al contrario, sono assolutamente tradizionali, con un cortile decentrato che distribuisce tre vani scala e la consueta teoria di locali in base alle campate ed al muro di spina baricentrico. Verso le strade erano previsti dei corpi di fabbrica doppi, mentre verso le particelle adiacenti vi erano dei corpi di fabbrica semplici e più bassi. Nella sua versione originaria del 1913 era inoltre previsto un ultimo piano “alla francese”, con una mansarda non molto diffusa ancora nella Milano di quel tempo.

Il 18 febbraio 1914 fu rilasciato al richiedente sig. Bazzoni il Nulla Osta relativo alle opere edilizie richieste. Con i tempi rapidi caratteristici dell’epoca, grazie ad un grande numero di lavoratori e ad un livello impiantistico e tecnologico piuttosto basso, già il 9 luglio dello stesso anno il capomastro Bialetti fece richiesta per la Prima visita al rustico – visita che tuttavia fu eseguita piuttosto tardi, solamente il 2 ottobre seguente.

Fu in questa occasione che si rilevò che il piano delle mansarde non era stato realizzato come da progetto approvato:

“Essendosi constatato d’ufficio in occasione della visita al rustico, che nello stabile in corso di costruzione sito al n. 76 di Corso Buenos Ayres, di proprietà della S.V., è stato arbitrariamente sostituito al piano di mansarde un piano in arretramento;

richiamato il disposto degli arti. I ed 8 Reg°. edilizio, si invita la S.V. a voler produrre, entro giorni quindici dalla consegna della presente, il tipo della variante come sopra introdotta, con diffida dei provvedimenti di legge in caso di inadempienza”.

Così il 7 dicembre 1914 si comunicava all’ing. Bazzoni la necessità di fornire i disegni aggiornati, alla luce della variante sostanziale non denunciata che riguardava proprio le mansarde dell’ultimo piano.

La Seconda visita al civile fu richiesta il 5 gennaio 1915 ed eseguita il 3 marzo successivo, senza particolari problematiche. La Terza visita, relativa all’abitabilità, fu eseguita – come sovente accadeva – in più fasi; la prima di queste riguardò, come era prevedibile, le botteghe a piano terreno, in modo da poterle rapidamente affittare anche durante i lavori di finitura in corso ai piani superiori.

Una Seconda visita parziale per l’abitabilità ed eseguita il 2 giugno 1915 ed un’altra sempre parziale il 17 novembre 1915; si può ipotizzare che tali richieste frammentate per il rilascio dell’abitabilità a lavori non del tutto conclusi furono causate dal bisogno, da parte del proprietario – forse anche a causa della guerra in corso – di rientrare delle spese sostenute. L’ultima visita  – che rileva ancora un gran numero di locali sfitti – fu eseguita il 15 maggio 1916.

Le sue vicende terrene si conclusero nell’autunno del 1963, quando, nonostante qualche protesta da parte dei giornali, fu demolito per lasciare il posto a – ça va sans dire – il consueto capolavoro di architettura moderna:

“In piazza Argentina si sta demolendo il palazzine d’angolo con via Stradivari, lo smantellamento è già andato innanzi nella parte alta. Per quanto ingabbiato dai ponteggi, l’edificio è visibile ancora. E’ uno dei tipi e non più numerosi eesempi di architettura che fiorì ai primi del secolo sulla scia del Coppedè, che ne fu per così dire il caposcuola. Nel materiale, mattone e pietra a vista, richiama la tradizione lombarda, un certo fasto romantico tradisce il sussiego dell’alta borghesia, e l’insieme, con torre e merlature, si fregia di elementi medievaleggianti”. A parte la nota bizzarra intorno al Coppedè – buttato lì per orientare forse il lettore non particolarmente esperto di cose di architettura – l’articolo recrimina sull’imminente scomparsa di una testimonianza interessante.

Se vogliamo farci un idea, di come doveva apparire il palazzo, basterebbe osservare le facciate rivestite in mattoni a vista, dei due palazzi in via Stradivari 3 e via Pecchio 2, non molto lontano da quest’angolo, e che, con ogni probabilità, vennero realizzati su disegno dello stesso architetto (Mario Beretta) nello stesso periodo.

Di particolare però, il palazzo di piazza Argentina, aveva, oltre alla mole, anche di essere dotato di una “torretta” d’angolo sottolineata da una grande loggia con un arco sorretto da una candida colonna posta all’angolo e da una grande trifora al di sotto delle merlature. Merlature decorate a loro volta da gargolle e figure demoniache delle quali, purtroppo non siamo riusciti a trovare foto e descrizione.

Come si può immaginare, l’edificio non passava certo inosservato e risultava essere molto iconico inserito in questa graziosa piazza rimasta pressappoco invariata come cent’anni fa, ad eccezione di questo palazzo e del vicino all’angolo con via Pecchio.

Il palazzo resistette anche alle bombe della Seconda Guerra Mondiale, come si può vedere in alcune foto del 1945.

Nel 1963 i picconi iniziarono a demolire il palazzo suscitando proteste tra i residenti della zona e non solo. Anche la Sovrintendenza venne coinvolta, inutilmente, all’epoca il palazzo non aveva superato i Cinquant’anni per poter essere tutelato dalle belle arti. Si cercò persino di coinvolgere il prefetto per fermare picconi e ruspe, ma burocrazia lenta e poco tempo a disposizione non fermarono la distruzione. Così sul finire di quell’anno il palazzo-castello rimase solo impresso nelle foto d’epoca.

Oggi fa bella mostra di se il bruttino e sgraziato palazzo ad uso misto costruito negli anni successivi al 1963.

Referenze immagini: Roberto Arsuffi, Rustego, Milano Sparita

Fonti: cronache edilizie milanesi, Rustego

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

20 commenti su “Milano | Loreto – Il perduto “castello” di piazza Argentina”

    • Lo ricordo perfettamente e non ho mai capito il motivo per cui l’hanno demolito per costruire quell’obbrobrio pseudo moderno?

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  1. Io sono per il “Dov’era e com’era” Milano lo “sviluppo” avvenuto dopo la Seconda Guerra Mondiale ha distrutto di piu che la guerra stessa.

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  2. Mi spiace per il castello.

    Ma abitando a 100 metri da lì devo dire che piazza Argentina ha oggi molti altri problemi:

    – 2-3 barboni in pianta stabile che vivono lì: dormono, mangiano e fanno tutti i loro bisogni tra le auto o le fioriere

    – sporcizia per terra ad ogni ora: mozziconi e cartacce

    – sosta selvaggia (su marciapiedi e doppia fila) nelle vie adiacenti

    – abusivi del mercato di Benedetto Marcello che arrivano fino in via Mercadante lasciando poi i rifiuti del loro bivacco per terra

    La Polizia Municipale sono dei fannulloni tontoloni vergognosi e non intervengono praticamente mai se non su chiamata/sollecito.

    La Polizia di Stato e i Carbinieri invece hanno il pessimo vizio di parcheggiare per strada fuori dagli spazi davanti al bar Gatto solo per fare la pausa caffè: che vergogna…povera Italia

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    • Non posso che confermare le sua denuncia… oggi episodio raccapricciante un uomo che defecava davanti negozio Clarks in pieno giorno aggiungo… non vi sono controlli è una piazza abbandonata ..

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      • Non dimentichiamoci dei mattoncini di porfido divelti davanti al Mc Donalds, che se un pazzo gli gira male li prende e li tira in testa a qualcuno o contro una vetrina

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  3. Peccato, anche perchè qui non c’è la scusa dei danneggiamenti delle bombe, visto che è stato demolito solo nel 63. Solo ingordigia speculativa e probabilmente qualche mazzetta al politico di turno

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  4. Ecco perché Milano è brutta.

    Non fu distrutta dalle bombe.

    Ma dalla speculazione di palazzinari imprenditori immobiliaristi…

    Quello che non fecero le bombe fecero i Caltagirone

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  5. chi ha costruito quella schifezza blu spero provi molta vergogna, anche se gli architetti spesso riescono a giustificare qualunque scempio.

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  6. Guardate bene e zoomate la foto datata 29.4.1945, alla pensilina del famoso distributore, ci sono dei corpi appesi… giusto ricordare come vanno a finire certe cose.

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  7. Assurdo, questa non la sapevo!! Milano è stata devastata, snaturata ed imbruttita per colpa della speculazione edilizia e degli interessi privati con la complicità della politica che a tavolino ha pianificato scempi senza motivo come questo. Altro che i danni della guerra.. e la distruzione continua se pur in modo meno eclatante con le centinaia di palazzi rovinati per sempre da goffi ed inguardabili sopralzi, ce le pentiremo come sempre quando sarà troppo tardi

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  8. Le immagini sono impietose, inutile ricordare che nella seconda metà del novecento tutte le città italiane siano state stuprate da architetture miserabili che ovviamente rispecchiano il tipo umano che ha preso il potere.

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    • Non che il “tipo umano” che ci fosse prima fosse meglio…

      E nemmeno il “tipo umano” che c’era prima ancora, che mentre costruiva i bei palazzi che vi piacciono tanto, sparava sulla gente che aveva fame come nel 1898.

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      • L’umanità è quel che è e poteri “buoni”, come diceva De André, forse non ne esistono. Tuttavia esistono poteri che producono buongoverno e poteri che producono malgoverno. E, come, come ben rappresentato nei dipinti che da secoli decorano il palazzo comunale di Siena, la bellezza del paesaggio urbano o rurale è sempre frutto del buongoverno, mentre al malgoverno si associa sempre la mancanza di bellezza e il degrado paesaggistico.

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  9. D’accordo Con marshall. Noto anche che la democrazia liberale post unitaria aveva un minimo senso del decoro e del bene pubblico mentre nel dopoguerra c’è stato l’arrembaggio speculativo più becero.. o no?

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  10. Quello che ha sostituito la stupenda ed iconica architettura è un mostro vergognoso che umilia la piazza ed (insieme ad altri coevi) la stessa città. Le amministrazioni che hanno consentito questo scempio sono colpevoli di tutto l’orrore che è il preludio del futuro degrado. Penso che oltre alla mancanza del buon gusto ci sia stata ignoranza negligenza forse corruzione comunque è talmente orribile che abbiano concesso tali permessi da chiedersi con quale autorità anche oggi la ‘paesaggistica’ possa dare un parere???

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