Milano | Roserio – Il borgo che non esiste più

Roserio, per molti è solo il capolinea di tram e la fermata per chi si deve recare all’Ospedale Sacco. Roserio in pratica non è altro. Non una piazza, non una via, non una cascina e nemmeno un monumento.

Roserio era un insediamento rurale di antica origine.

Negli ultimi anni “indipendenti”, Roserio era una frazione del Comune di Musocco a cui apparteneva dal 1869, all’unità d’Italia, nel 1861, il paese contava 177 abitanti. Ancora prima era stata una Pieve di Bollate, nel 1674 venne eretto il feudo di Novate con Roserio. Il peregrinare di Roserio terminò come per Musocco nel 1923, quando venne annesso a Milano.

L’unificazione di Roserio con Musocco fu peraltro un’anomalia storica, dato che per secoli la comunità era dipesa, sia civilmente che religiosamente, dal borgo di Bollate.

Dopo l’annessione a Milano, il distretto di Roserio è stato segnato dalla costruzione del Sanatorio di Vialba e, dopo la Seconda guerra mondiale, del grande svincolo autostradale di Fiorenza, che connette l’autostrada Torino-Trieste all’autostrada dei Laghi. A Roserio ha anche sede un grande deposito di Poste Italiane, adiacente all’ex sito Expo, oggi Mind. Il nome Fiorenza deriva da una grande cascina che si trovava all’incirca dove oggi si trova il supermarket Lidl, tra la via Tommaso Campanella e via Giovanni Battista Grassi 7, rimasta presente sino alla sua completa demolizione intorno agli anni Sessanta.

Roserio sebbene sia adesso un distretto o quartiere, non vi sono grandi caseggiati, la maggior parte del territorio è occupato dall’ospedale e dallo svincolo autostradale, e se si include anche il quartiere di via Stephenson o quello in fase di realizzazione di Mind, tutto compreso conta veramente pochi abitanti.

In compenso con lo sviluppo della città non si è risparmiata la cancellazione della storia e del borgo stesso di Roserio.

L’antico borgo si trovava lungo l’antica Varesina, oggi via Giovanni Battista Grassi all’angolo con via Cristina Belgioioso, sulle sponde del torrente Nirone, quello che arrivando a Mediolanum, forniva di acqua la città e una volta deviato, cinse la città assieme al fiume Seveso come difesa. Era formato da un gruppo di cascine raggruppate a borgo su entrambi i lati di via Cristina Belgioioso, più altre nel circondario, come la sopracitata Cascina Fiorenza, la Cascina Gattona o la Cascina Borrona. A lato di quella posta a meridione della via Belgioioso, vi era l’oratorio di San Giorgio.

Il complesso di case, molto bello e importante, come si vede nella foto qui sopra, dominato da una colombaia a torretta, venne abbattuto completamente nei primi anni Settanta del Novecento, per lasciare posto al possente condominio di via Cristina Belgioioso 2.

Oggi la chiesetta-oratorio di San Giorgio è l’unico segno tangibile di quello che era l’antico borgo. Si tratta di una piccola ma proporzionata chiesetta costruita nel 1850 come cappella funeraria della famiglia Marietti, poi passata al servizio religioso della frazione di Roserio e succursale della chiesa Santi Martiri Nazaro e Celso di Quarto Oggiaro. L’architettura segue i canoni del tardo neo-classicismo, è preceduta da un maestoso pronao composto da 4 pilastri bugnati sostenenti un alto cornicione e un timpano triangolare aggettante. Dal pronao basso e massiccio, si passa nell’alta navatella cubica, completamente illuminata da ampie finestre a tutto sesto.

Poche erano le decorazioni interne: una semplice cornice che correva lungo le pareti (su cui erano apposte alcune lapidi di defunti deposti nel sacello sottostante) e quattro nicchie negli angoli dolcemente smussati. Il presbiterio rettangolare, poco profondo, era coperto da una volta a crociera ora collassata, e comunicava con la retrostante sagrestia attraverso un breve corridoio. Sopra, si elevava un campanile a vela.

Qui sotto com’è ridotta oggi questa piccola chiesetta che forse durante Expo si sarebbe potuta recuperare, anche per diventare un locale, un bar, ma almeno si sarebbe salvata. Oggi aspetta solo di crollare del tutto nell’incuria più totale, un vero peccato.

A stravolgere il territorio sarà l’ospedale Luigi Sacco, conosciuto in passato come sanatorio di Vialba (dal nome dell’omonimo borgo dove si era sviluppato), una struttura ospedaliera di Milano, fondata nel 1927, e dedicata al medico Luigi Sacco. La necessità di arginare la diffusione della tubercolosi, in forte ripresa al termine del primo conflitto mondiale, indusse il Comune di Milano ad iniziare nel 1927 la costruzione del Sanatorio di Vialba, uno dei primi tisicomi di pianura sorti in Italia. Inaugurato il 28 ottobre 1931, il sanatorio di Vialba (gestito dall’INPS) è rimasto tale sino a quando fu convertito nel 1971 in ospedale generale provinciale per effetto della riforma ospedaliera del 1968.

All’interno del complesso ospedaliero si trova la piccola parrocchiale dedicata alla Madonna della Salute (foto qui sotto), costruita anch’essa sul finire degli anni Venti (un secolo fa) e realizzata in un grazioso stile tardo Cinquecento. E’ caratterizzata da un leggero portico che ne circonda i tre lati principali sorretto da belle colonne tuscaniche in granito. La semplice facciata culmina con un piccolo campaniletto a vela, privo ora di campana. Anche questa chiesetta è apparentemente abbandonata e inutilizzata da tempo.

A lato della via Mambretti, oggi Via G.B. Grassi, e per connettere la città con il nuovo ospedale, venne creato un piazzale con rotatoria tranviaria nel 1932 con la Linea 6 Cairoli-Roserio, poco prima del gruppetto di casupole (civico 67), successivamente spostato di qualche metro negli anni Cinquanta, dove si trova attualmente e dove sino al dopoguerra vi era il fontanile, per consentire la realizzazione del nuovo svincolo autostradale negli anni Sessanta. Il piazzale, è rimasto abbastanza privo di identità, come si può vedere dalle foto che seguono. Piazzale che potrebbe essere intitolato a Roserio, il paesino scomparso.

Se non fosse per il viavai dell’ospedale e del capolinea dei tram, il piazzale senza nome sarebbe isolato e desolato visto che non vi sono edifici e negozi tutt’intorno.

Nel 2001 venne indetto un concorso, che vinse Riccardo Dell’osso con un progetto di sistemazione dell’intera piazza e annesso recupero della chiesetta. Peccato non se ne fece nulla…

A lato del piazzale si eleva la mole imponente del palazzo residenziale di via Cristina Belgioioso 2 realizzato solo negli anni Settanta del 1900.

Imbocando l’ultimo tratto cittadino di via Giovanni Battista Grassi, in direzione di Baranzate, ci troviamo un po’ nella terra di nessuno. Su di un lato l’ultimo edificio “abitato” al civico 89, poi, per qualche metro il degrado.

Uscendo dalla città, sulla destra troviamo il parcheggio per l’ospedale Sacco, una struttura veramente ingombrante e brutta.

Sulla sinistra, invece, in via Giovanni Battista Grassi 93, si trovano gli edifici in rovina e abbandono dell’ex stabilimento FIAR.

Qualche anno fa, vi fu un grave problema di ordine pubblico e occupazione. Accoltellamenti, incendi erano all’ordine del giorno.

A quanto pare un progetto di recupero esiste, anche se ancora non approvato:

Riconversione di un’ampia area industriale ex gruppo Finmeccanica posizionata nelle vicinanze del nuovo polo fieristico di Milano Rho-Pero.
Progettazione per realizzazione di complesso terziario e/o alberghiero.

  • Prossima realizzazione di complesso residenziale di edilizia libera e convenzionata, con annesso comparto commerciale di medie dimensione
  • Sull’area di c.a 16.000 mq saranno edificate tre torri residenziali per complessivi 150 appartamenti
  • Ampi spazi condominiali
  • Classe energetica A
  • Prezzi previsti da 1.700 Euro / MQ

Concludiamo con l’abbandono dell’antica via Felice Orsini a lato di via Giovanni Battista Grassi, oggi trasformata in semplice sentiero e relegata solo verso il quartiere Vialba, spezzata dall’autostrada.

Roserio in pratica, orami è soltanto una rotonda tranviaria, che non interessa nessuno, neanche al Comune di Milano a quanto pare, dove tutto il degrado e la sciatteria sono tangibili ovunque si osservi il territorio. Forse, anche qui basterebbe poco per una città migliore.

Fonti: Wikipedia; “Milano il patrimonio dimenticato” di Roberto Schena; “Le Strade di Milano”, Newton Peridici 1991. Un ringraziamento anche agli amici di Skyscrapercity Milano Sparita.

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

11 commenti su “Milano | Roserio – Il borgo che non esiste più”

  1. e poi naturalmente c’è il lungo racconto di Giovanni Testori, intitolato “Il dio di Roserio”, che narra di un piccolo campione locale di ciclismo dilettantesco – lo consiglio per chi non l’ha letto o di rilettura per chi già lo conosce: la prosa di Testori è tutta da amare e, forse, da rivalutare –

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  2. Quello che viene indicato come “parcheggio per l’ospedale Sacco, una struttura veramente ingombrante e brutta”, in realtà è di proprietà della concessionaria di auto Fassina.

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  3. Roserio ha tutte le caratteristiche di un’area periurbana.

    Peccato per il progetto di riqualificazione dell’anello del tram. Spero che in futuro venga demolita e riqualificata per poter servire i nuovi tram bi-direzionali

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  4. E’ molto difficile qualificare l’ennesimo caso di “investimento” immobiliare, come un recupero, in una metropoli dove vi sono decine di migliaia di appartamenti vuoti ai quali se ne aggiungeranno ulteriori con il progetto di Porta Romana ex Scalo Ferroviario. Recupero consiste nel ridare vita ad un immobile di valore storico ed artistico preesistente e rivalorizzarne l’opera, per Roserio c’è solo da demolire aree commerciali dismesse (Fassina) e aree di archeologia industriale ormai irrecuperabili. Ennesimo condominio in una citta’ dove l’offerta di case supera la domanda (in realta’ c’è molta richiesta ma a prezzi inaccessibili). Potrebbe diventare residence per il personale paramedico del Sacco, non credo futuri migliori per tale investimento (ennesimo) immobiliare, considerata la passata deindustrializzazione dell’area.

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