Il nostro blog è nato con l’obiettivo di stimolare la partecipazione dei cittadini proponendo suggestioni, raccontando progetti e raccogliendo i commenti degli utenti.
Quando a Milano è stato creato un Assessorato alla Partecipazione abbiamo da subito pensato che finalmente l’Amministrazione si stesse muovendo nella giusta direzione di ascolto e coinvolgimento dei cittadini.
Abbiamo dunque pensato di fare il punto su quanto realizzato in questo mandato con Lorenzo Lipparini, Assessore a Partecipazione, Cittadinanza attiva e Open data.
Con l’istituzione dell’Assessorato alla Partecipazione e Cittadinanza attiva si è di fatto formalizzata l’importanza del coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni che riguardano la città: cosa ha funzionato e cosa potrebbe essere migliorato nei processi di coinvolgimento dei cittadini?
A Milano esiste un numero molto rilevante di soggetti che chiedono di poter far parte del processo decisionale e di poter contribuire con le proprie competenze alla progettualità e allo sviluppo della citta.
Era necessario trovare dei canali per instradare queste grandissime disponibilità e garantire che entrassero in modo strutturale all’interno dei processi dell’amministrazione.
Abbiamo cercato di lavorare in modo sperimentale, per mettere a punto alcune tipologie di processi partecipativi e successivamente per codificare queste sperimentazioni, sulla base di un’analisi di quello che era andato bene di quello che è andato meno bene.
Ne è uscito un quadro di riferimento complessivo che ha portato al nuovo Regolamento per l’attuazione dei diritti di partecipazione approvato nel mese di luglio.
A fine mandato posso affermare che tra i fattori di successo ci siano il rapporto con i Municipi e il tentativo di mettere a lavorare insieme i tanti comparti dell’amministrazione con l’obiettivo di coinvolgere i cittadini.
Abbiamo cercato, di fatto, di rendere più semplice per le persone un’organizzazione complessa e spesso difficile da comprendere come il Comune.
Attraverso l’Ufficio Partecipazione Attiva è stato creato un unico punto di contatto per il cittadino che vuole promuovere pratiche partecipative, eliminando la necessità di avere una moltitudine di interlocutori per il lavoro istruttorio.
Ciò che ha sicuramente dei margini di miglioramento è invece l’informazione: noi comunichiamo attraverso i canali istituzionali del Comune che spesso risultano di difficile accessibilità per alcuni gruppi di cittadini, soprattutto quelli con un basso livello di istruzione che spesso corrisponde a un basso reddito.
Le nostre regole sono fortemente inclusive e danno a tutti la possibilità di partecipare: a partire dai 16 anni di età, indipendentemente dallo status di cittadinanza e indipendentemente dal fatto di essere residenti a Milano o utilizzatori della città per ragioni di lavoro o di studio.
Ma sono molte le persone che rimangono ugualmente ai margini per limiti di tempo, di competenze, perché si sentono inadeguati o perché non percepiscono un interesse verso politiche che invece li riguardano in prima persona.
Dobbiamo investire maggiormente su questo per cercare di essere il più rappresentativi possibili rispetto alla popolazione del Comune di Milano.
Ci siamo mossi in questa direzione con la Convenzione dei cittadini, un nuovo istituto che ci ha consentito di individuare, sulla base di un’estrazione casuale realizzata con metodo statistico, persone a cui sottoporre percorsi di partecipazione e domande per farli interagire nel corso di un dialogo informato.
Queste persone mai si sarebbero presentate spontaneamente. Una volta contattate personalmente sulla base di un campionamento rappresentativo della popolazione residente (legato ad età, genere e domicilio) hanno accettato di far parte di questo percorso e hanno composto dei panel che sono risultati veramente inclusivi, anche rispetto alla popolazione straniera di Milano.
Leggendo i risultati dell’indagine sui Patti di Collaborazione sembra che abbiano funzionato bene soprattutto nella fascia di età 40-60.
Pensando al futuro della città, quali sono le strategie per coinvolgere le fasce più giovani?
In realtà stiamo già andando in questa direzione.
Strategico si rivela il rapporto con le scuole: lavorando ad esempio sulle iniziative “Piazze Aperte” sono stati tantissimi i gruppi di genitori, alunni, insegnanti che si sono attivati per adottare gli spazi in prossimità delle scuole. Sempre verso le scuole sono stati attivati incontri di educazione civica e sulla legalità che ci hanno consentito di entrare in contatto con gruppi di studenti, che sono interlocutori naturali.
Intensificare il rapporto con il mondo dell’educazione è importante anche rispetto gli organismi di rappresentanza degli studenti, coi quali dobbiamo collaborare in modo sempre più strutturale.
Penso che l’evoluzione verso una sempre maggiore digitalizzazione inoltre invoglierà i cosiddetti “nativi digitali” ad approcciarsi alla Pubblica Amministrazione con maggiore facilità e magari a formulare proposte attraverso il sito Milano Partecipa
Non si tratta soltanto di intercettare i più giovani, ma di mutare la visione che le grandi città rivolgono loro, in un contesto nel quale mancano luoghi di aggregazione, attività strutturate, un linguaggio comune e spesso sono visti più come un problema che come una risorsa.
Parlando di “Piazze Aperte”: quale progetto di urbanistica tattica ha funzionato meglio e cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
Sono 63 le proposte arrivate attraverso il primo bando lanciato ormai più di un anno fa, ma sono aumentate man mano che si realizzavano i primi interventi.
E’ evidente che esista un fabbisogno di partecipare attivamente da parte di chi vive la città.
Dobbiamo intercettare questa domanda lavorando con le comunità locali, che sono in grado non soltanto di fornire idee valide ma anche di seguirne la realizzazione e il mantenimento.
Tra le molte suggestioni però solo quelle che hanno alle spalle un gruppo, anche informale come le social street, riescono a diventare casi di successo, specie se nascono già con un alto tasso di partecipazione nella fase di proposta.
Dobbiamo essere ancora più attenti a selezionare non solo progetti che si adattino bene al contesto urbano ma anche che possano essere realizzati in modo inclusivo, aperto e partecipativo rinforzando la struttura dei Patti di Collaborazione e le reti che li supportano.
Ancora una volta la collaborazione con le scuole si è rivelata finora importantissima sia a livello di persone coinvolte che di capacità realizzativa. La maggior parte di questi interventi ha riguardato le aree antistanti le scuole dove sono stati creati ambienti sicuri per gestire il momento di entrata e uscita, luoghi per il parcheggio delle biciclette e in cui continuare a fare socialità dopo l’orario scolastico.
Le sperimentazioni di successo diventeranno via via interventi permanenti.
Che futuro per gli strumenti creati con questo assessorato?
Le regole che abbiamo definito in questi anni sono neutrali, prescindono dal colore politico e restano a disposizione di chi se ne voglia servire anche in futuro per promuovere i propri obiettivi di coinvolgimento dal basso della cittadinanza.
Per quanto attiene l’amministrazione penso che si dovranno creare reti di soggetti attivatori e di spazi nei quartieri in cui poterli farli incontrare e lavorare insieme.
In merito al bilancio partecipativo: cosa succede se un progetto inserito non viene poi realizzato? Le risorse vengono riallocate a progetti simili?
Nel Patto di Partecipazione è prevista l’eventualità che un progetto non portato a termine generi l’avvio del progetto immediatamente successivo.
L’obiettivo, tuttavia, è fare in modo che non ci siano progetti selezionati e non realizzati. Uno degli strumenti per evitare questa eventualità è stata la valutazione di fattibilità che ha preceduto il momento della selezione dei progetti (si tratta di una novità introdotta nel 2018 rispetto all’edizione 2015 del bilancio partecipativo).
Chiuso il momento della partecipazione si entra poi in un normale ambito di lavori pubblici, con iter di gestione degli appalti assolutamente uguale a tutte le altre opere pubbliche e con tempi talvolta lunghi.
E’ anche per questo che abbiamo scelto di creare un processo di bilancio partecipativo di mandato e non annuale, in modo da accompagnare l’esecuzione di tutti gli interventi attraverso una fase di monitoraggio e rendicontazione. Stiamo aggiornando il sito dedicato con tutte le ultime informazioni.
Oggi i progetti sono quasi tutti nella fase di avvio dei cantieri (tranne un paio già conclusi).
Ad esempio tra pochi giorni partirà il cantiere per Piazza Gobetti nel Municipio 3; seguirà quello di Martinengo, un giardino scolastico cui si lavorerà nei mesi invernali, più adatti alle nuove piantumazioni.
Nel frattempo sono già partiti i lavori in via Gola e in via Padova, seguendo un cronoprogramma che è sicuramente lungo ma anche realizzabile.
Il dibattito pubblico sulla riapertura dei Navigli è stato avviato nel 2018. E’ ancora un tema attuale e valido per il futuro?
Il tema è ancora attualissimo.
Dopo il Covid ci siamo resi conto che, con il dissesto finanziario che questo ha portato alle casse pubbliche, la questione Navigli possa essere affrontata solo nell’ambito di un investimento finanziario complessivo sulle intere reti della navigabilità e della sostenibilità del territorio lombardo e che potrebbe essere finanziata nell’ambito dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Il progetto Navigli non riguarda solo la mobilità o di riqualificazione paesaggistica di Milano; riguarda la qualità e la sicurezza idraulica, la mobilità dolce, la riconnessione dei territori centro-periferia con l’ambito regionale.
Va oltre i confini del Comune di Milano e richiede una regia a livello regionale e nazionale, anche per i costi che comporta.
In questo periodo abbiamo svolto tutti i passaggi necessari ad arrivare a una progettazione definitiva che può essere portata alla fase esecutiva appena incassati i finanziamenti.
Il processo di partecipazione ci ha consentito di approfondire con grande dettaglio la conoscenza del territorio. E di evolvere da un progetto che prevedeva di procedere per lotti a uno che, raccogliendo le indicazioni che ci sono arrivate, considera l’intervento sui Navigli milanesi come una parte di un piano complessivo e di ampio respiro.
Quel che sappiamo è che i benefici supererebbero ampiamente i costi in termini di qualità dell’ambiente, di recupero e qualità delle acque, di efficienza.
Ottimo.
Peccato solo che questa età dell’oro della partecipazione dei Cittadini si traduca in pratica nella campagna elettorale più abulica e disinteressata della storia.
E non solo tra i vari candidati Sindaco (anche perchè chi vince è chiaro) ma anche tra le varie anime delle coalizioni: le differenze di programma se le vedranno fra di loro dopo le elezioni, adesso se ne parla poco o niente o almeno così a me sembra …
Le nuove piazze pedonalizzate sono una piccolissima boccata d’ossigeno in una città che soffoca nel traffico.
Servirebbero 100 interventi all’anno da qui alle Olimpiadi per restituire la città alle persone, bambini, anziani, city-users e togliere spazio alla morsa delle automobili.
Allargare i marciapiedi, alberarli, pedonalizzare intere viene piazze, ce la si può fare