Milano | Calvairate – Cantiere Ortomercato via Lombroso: febbraio 2022

All’interno dell’ortomercato So.Ge.Mi di Milano nel distretto di Calvairate zona Ortomercato, sorgerà entro la metà del 2022 una nuova piattaforma logistica legata al settore agroalimentare. Il suddetto sviluppo sarà inoltre a supporto del più ampio progetto “Foody 2025” finalizzato al totale rinnovamento del mercato ortofrutticolo. Grazie alla sua posizione strategica all’interno della città di Milano il nuovo sviluppo è facilmente raggiungibile con ca. 7 km di distanza dal centro città (Duomo) e a meno di 2 km dalla Tangenziale Est (A51). L’immobile verrà realizzato in accordo con i più moderni standards logistici includendo anche la possibilità di soluzioni a temperatura controllata.

Referenze Immagini: Duepiedisbagliati; So.Ge.Mi

So.Ge.Mi, Milano, Calvairate, Ortomercato, via Lombroso

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10 commenti su “Milano | Calvairate – Cantiere Ortomercato via Lombroso: febbraio 2022”

  1. “il nuovo sviluppo è facilmente raggiungibile con ca. 7 km di distanza dal centro città (Duomo) e a meno di 2 km dalla Tangenziale Est (A51). L’immobile verrà realizzato in accordo con i più moderni standards logistici”

    La nuova piattaforma logistica dedicata all’agroalimentare a 7 chilometri dal Duomo e in piena città vicino al passante ed alla metro.

    Ma i giovani li mandiamo a vivere in una scatola da scarpe oppure nell’hinterland.

    Mi sembra geniale….

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      • Questo rende ancora più assurdo lasciarci di fianco una piattaforma logistica che per definizione è un magnete per TIR, camion, camioncini ecc ecc

        E’ come se 60 anni fa si fosse tenuto il mercato ortofrutticolo in Largo Marinai d’Italia anzichè spostarlo più in periferia e farci un parco al suo posto.

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        • Quei camion entreranno comunque in città, in un modo o nell’altro, dal momento che non è possibile vivere senza frutta e verdura.

          Ovviamente si può spostare l’ortomercato a 20km dalla città, e ci saranno amministrazioni comunali felici di accoglierlo insieme al suo indotto.

          Ovviamente, alla base di una simile scelta, bisogna avere chiaro in mente il modello di città che si persegue: una città senza fabbriche e senza attività produttive, in cui il lavoro è solo quello impiegatizio o del commercio (prevalentemente inteso come grande distribuzione), in cui ci sono ampie zone verdi, ampie zone residenziali, e probabilmente off limits per tutti quelli che un tempo venivano chiamati manovali e operai, costretti a inseguire il lavoro altrove.

          Si può fare. Basta avere chiaro il prezzo in termini di impoverimento del tessuto sociale cittadino (senza contare gli effetti economici).

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          • Senza metterla troppo in sociologia: l’ortomercato fino al 1911 era al Verziere in Largo Augusto, poi è andato in Largo Marinai d’Italia dove è rimasto 60 anni per spostarsi dove è adesso.
            60 anni dopo era ora di posizionarlo in un punto migliore, leggermente più fuori, così come sono tutti i poli logistici al servizio della città.

            Si è deciso invece di lasciare tutto come prima. Forse le aree non erano ancora abbastanza appetibili per gli immobiliaristi e bisognava aspettare un po’.
            Amen, ma non parliamo di “impoverimento del tessuto sociale cittadino”, se non altro per rispetto di chi va li a scaricare all’alba….

    • La tangenziale a 7 km. , ma come arrivarci ?
      Da Cesare lombrico c’è il sottopasso della ferrovia e i tir si mettono in mezzo alla corsia perché altrimenti toccano il sottopasso. Poi si va in piazza Ovidio e quindi in via mecenate o marco Bruto. Incredibile……
      Provate a passare un giorno qualsiasi !!!!

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  2. Va bene. Mettiamo da parte sociologia (dove lavorano o abitano le persone), urbanistica (si è detto che la si verificherà una delle più grandi trasformazioni residenziali della città) e ecologia (volenti o nolenti i camion devono consegnare il cibo all’interno della città) e proviamo a considerare la questione solo dal punto di vista economico.

    Esiste una infrastruttura di proprietà pubblica. Questa infrastruttura è la somma di capannoni, vicinanza ai luoghi di consumo finali, rete stradale e collegamenti ferroviari. Il gestore sta provvedendo ad ammodernare un bene pubblico secondo una modalità che non richiede risorse pubbliche, che valorizza i collegamenti esistenti, che non consuma suolo. Quale sarebbe il costo di chiudere questa infrastruttura e rifondarla da zero a 10-20-30 kilometri di distanza?

    E perché deve essere proprio questa l’infrastruttura destinata a lasciare libero il sito che occupa per lasciare spazio a destinazioni alternativa e non San Siro (si può fare uno stadio a Sesto San Giovanni), Linate (il cui cono di decollo e atterraggio impedisce centinaia di progetto dentro e fuori il comune di Milano), il Policlinico (ha senso un grande ospedale frammentato in centro a scapito di nuovi ospedali moderni in periferia, cioè dove abita la maggior parte delle persone?) o la stazione Centrale (la storia di Milano è piena di stazioni ferroviarie che sono state spostate più e più volte, e questa funzionerebbe molto meglio se fosse passante e non di testa)?

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