Milano | San Babila – Chiude il Teatro Nuovo: la fine di un’epoca

Sarà che i tempi cambiano, e sempre più velocemente, ma la sfavillante Broadway milanese, Corso Vittorio Emanuele e Piazza San Babila, perdono per sempre un altro pezzo di quello che fu l’area con il più alto concentramento culturale dell’epoca d’oro degli anni Cinquanta e Sessanta.

Dopo aver visto negli anni passati la lenta trasformazione commerciale di spazi adibiti a storiche sale cinematografiche, ora pare tocchi anche ai teatri.

Infatti è notizia di questi giorni che il Teatro i di via Gaudenzio Ferrari 11, in zona Darsena a Porta Genova, ha chiuso definitivamente per mancanza di fondi. Inoltre, un altro caposaldo dell’intrattenimento cittadino ne segue le sorti: il Teatro Nuovo di Piazza San Babila.

Al suo posto, accolto con entusiasmo da molti, aprirà il ristoratore e macellaio turco Salt Bae, occupando uno spazio culturale che andrà perso per sempre.

Chiusura che si va a sommare con le altre sopra citate, dove la sera il Corso Vittorio Emanuele brulicava di gente che usciva dagli spettacoli serali di cinema e teatri, popolava i ristoranti della zona a due passi dal Duomo e da via Monte Napoleone.

Chiusura che impoverisce non solo la parte culturale della città, ma anche questa parte di città sempre più modello City di Londra, che alla chiusura degli uffici e delle boutique di moda si svuota desolatamente.

Ma, soprattutto, lascia la città orfana di un luogo di produzione culturale, che ha attraversato la storia nascendo prima della Seconda Guerra Mondiale, e che chiude i battenti in silenzio, nell’indifferenza generale e senza alcun proclama se non qualche articolo sui giornali.

La data di apertura del Teatro Nuovo che prese il posto della storica galleria de Cristoforis, fu il 22 dicembre del 1938, quando il sipario si alzò con la voce dei fratelli De Filippo in “Ditegli sempre sì” e “Natale in casa Cupiello“. Un teatro privato, progettato dall’architetto Emilio Lancia, all’interno del grande e nuovo palazzo della Toro Assicurazioni, che si è fatto specchio dei conflitti del tempo già dal suo nome: c’era chi voleva chiamarlo “Teatro Amba Aradàm” a ricordo delle “imprese” abissine, oppure “Teatro D’Annunzio”, figura iconica dell’epoca. A chiamarlo Teatro Nuovo, invece, fu Remigio Paone, primo direttore, grande conoscitore di questo mondo, amico personale di Luigi Pirandello, ma soprattutto antifascista. 

Il Teatro Nuovo progettato da Emilio Lancia assieme a Aldo Andreani occupa gran parte del primo e del secondo piano interrato dell’edificio. Le entrate sono situate su entrambi i lati della galleria del Toro e conducono alla riduzione principale, con scale di Saltrio nero, pavimento di marmo grigio e pareti di stalattiti rosse, conferendo all’ambiente un aspetto elegante e molto accogliente. La sala conteneva sino a 1100 posti.

Remigio Paone, romano di nascita (Formia, per la verità) e milanese di adozione (come molti del resto…), avviò l’attività con ben 25 spettacoli della compagnia De Filippo. Durante gli anni più oscuri del fascismo repubblichino, il direttore pagò col carcere l’aver messo in scena “L’opera da tre soldi” di Brecht (chiamata per confondere l’Ovra, La cena dei lestofanti, opera jazz) e “Piccola città” del drammaturgo omosessuale statunitense, Thornton Wilder.

Paone fu incarcerato a San Vittore nello stesso braccio di Pertini e Saragat. Una volta scarcerato, fu la mente dell’evasione dei due futuri presidenti della Repubblica che trovarono nascondiglio proprio nei locali, chiusi dall’Ovra, del Nuovo. Fu probabilmente nella cavea del Teatro che Parri e Pertini firmarono il perduto ordine di esecuzione di Mussolini.

Dopo la Guerra, il teatro diventò punto di riferimento della rivista italiana (Paolo Stoppa, Aldo Fabrizi, Totò, Anna Magnani, Wanda Osiris, Ernesto Calindri, Paola Borbone) e del Jazz (monumentali i concerti di Luis Armstrong e Joséphine Baker). Fu in netta contrapposizione con la prosa impegnata del Piccolo di Strehler e divenne orgogliosamente il salotto della borghesia milanese.

Il Teatro Nuovo ha sempre avuto l’ambizione di intercettare le novità di maggior rilievo nel panorama degli spettacoli nazionali ed internazionali e presentarli alla città. Uno sforzo, quello di essere protagonista di ogni tempo, ripagato dal successo, fino alla morte di Remigio Paone nel ’77, a cui seguono alterne fortune. La gestione passa nelle mani dell’imprenditore milanese Franco Ghizzo, che alterna la prosa all’introduzione dei grandi musical, fino alle produzioni dialettali dei Legnanesi. Sul palco si alternano nomi sempre più noti, come Liza MinnelliJulio lglesiasJerry LewisJonny Dorelli, Carla FracciCarmelo BeneMariangela MelatoIl grande Barnum con Massimo Ranieri, il Trio Marchesini, LopezSolenghiVittorio Gassman e Marcello Mastroianni. Nel 2013 la gestione è passata a Lorenzo Vitali, produttore e amico della famiglia Ghizzo. È stato l’ultimo capitolo prima della chiusura, definitiva, di una storia che è stata anche la storia di una città e dello spettacolo italiano.

Ora, ospiterà altra gente che porterà un notevole cambio d’epoca, quella attuale, dove la cultura e lo spettacolo si svolgono in mano, sul cellulare, magari fotografando le bistecche e, se l’arredatore vuole (e si spera) anche gli interni in stile razionalista del palazzo di Lancia.

Fra l’altro, nel 2016 venne presentato un progetto di rigenerazione e ammodernamento della Galleria del Toro, mai concretizzata. La chiusura del teatro pare affiancarsi anche alla chiusura di alcuni punti commerciali presenti sotto i portici, una vera disfatta.

Il FAI ha provato a salvare il teatro, ma in pochi l’hanno votato… come luogo del cuore.

Referenze immagini: Milano Sparita, Google, Roberto Arsuffi

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27 commenti su “Milano | San Babila – Chiude il Teatro Nuovo: la fine di un’epoca”

  1. Certo, era gestito malissimo da decenni, con produzioni a dir poco scadenti – quindi il suo destino era segnato da un pezzo.

    Nelle mani di un direttore competente avrebbe potuto fare faville, peccato.

    Ne viene fuori l’ennesimo, inutile ristorante.

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    • dalla poltrona di casa è sempre tutto facile.

      Il Nuovo era un teatro molto grande, con un sacco di posti. Per riempirlo, e quindi potersi permettere le ingenti spese, si sono dovuti adattare a fare per lo più spettacoli che facevano cassetta.

      Comunque, da che io mi ricordi (e non sono proprio di primo pelo) il Nuovo è sempre stato un teatro per produzioni “leggere”, anche quando aveva successo.

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      • Bah , si chiude un teatro in centro per allestire gli spettacoli in un tendone ad Assago …… si, viene in mente solo l’ennesimo “ristorante”

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        • “si chiude” perchè non funziona, se non funziona ci saranno dei motivi non credi?

          ma comprendo che il pizzicore di fare i nostalgici nichilisti sia troppo alto, difficile fare 1+1 per voi subumani

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    • Ma avevo letto da UF un vecchio articolo per il ripristino totale del palazzo del toro, a cura di Lombardini22
      questi giorni è stato impacchettato tutto, da un enorme impalcatura sappiamo qualcosa ?

      Peccato per il teatro ma in questi tempi di Netflix e cO. Difficilmente di schiodiamo dal divano.
      Ormai la spesa è digitare come tutto del resto.
      Questo fa parte del bello e brutto del progresso.

      La colpa è di noi tutti, difficilmente un teatro sopravvive solo di bei ricordi.

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  2. Concordo con voi che l’aspetto più triste di questa vicenda è che il declino e poi la chiusura di uno dei più importanti teatri della città siano stati circondati dal silenzio generale.

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  3. È incredibile che una città come Milano che si vanta di essere chissà cosa non riesca a salvare il Nuovo dopo esserci riuscita con il Lirico che versava in condizioni ben peggiori. Comunque prima accadevano cose “turche” ora bistecche “turche” come se delle nostre non ne avessimo a sufficienza. Comunque occhi ben aperti sulla ristrutturazione! Basta silenzi!

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  4. Non è sicuro che il turco apra lì e che poi apra sul serio. Un comunicato ufficiale del teatro sulla chiusura definitiva non c’è anche se appare inevitabile. Invece il turco dice dice ma è tutta pubblicità in un un momento di contestazioni x lui

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  5. Come teatro leggero fu impagabile. Cultura popolare più che luogo di cultura. Invece di darlo al solito cuoco checfra tre anni chiude e diventa un garage si poteva affidare a una società che ne facesse un polo culturale e polifunzionale o un Museo del Teatro Italiano o che ne so.

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  6. Forse troppo grande per un certo tipo di spettacoli e troppo piccolo per altri?

    O probabilmente è solo che il centro ormai di sera è morto e il pubblico gravita più volentieri altrove, infatti il Nazionale, che è molto simile va avanti per la sua strada.

    Comunque, pero questo cerchiamo di non perderci anche il Teatro Manzoni (e relativo ex cinema e galleria), prima che ci mandino il cuoco pescivendolo o verduraro anche li per par condicio 🙂

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  7. articolo allucinante di Arsuffi, come sempre, ormai è invecchiato male anche lui.

    ma se un teatro non ha pubblico, ci spiega il fenomeno cosa dovrebbe succedere? vale per ogni luogo aperto al pubblico, che sia un negozio, un cinema o un ristorante, quando non c’è clientela si chiude baracca e burattini.

    se non ti va giù forse dovresti trovare altri passatempi nella vita per distogliere questi pensieri, perchè è così che gira il mondo da quando esiste.

    ah, “dovremmo salvare”, ma da cosa? da chi? la popolazione ha già dato il suo verdetto, di quel teatro non fregava niente a nessuno… se ne faccia una ragione skymino e tutta la gentaglia che commenta da indignados

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    • Capisco che in una città abbrutita come Milano dove il massimo di “salvare” un cinema o un Teatro è…regalarlo più o meno “agratis” all’Anteo, sia difficile pensare laterale.

      Ma se si vuole salvare uno spazio del genere ci sono mille modi. Ad esempio dare sgravi fiscali alla proprietà se mantiene la funzione pubblica di Teatro e non di Cuoco Celebrity ….

      I teatri falliscono se non c’è pubblico ma più spesso se le spese sono troppo alte.

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  8. Remigio Paone fu un amico sincero dei miei, lo conobbi anche io da ragazzo. Mio nonno Sabatino Lopez era uno fra i suoi autori preferiti e fu lui a suggerirgli il nome “Nuovo”. Nel ’38 fu fra i pochi ad esprimergli in forma scritta la sua solidarietà, in quanto ebreo punito dalle leggi razziste e lui Paone impossibilitato a riprendere le sue commedie nonostante la loro popolarità.
    Il “Nuovo” è diventato “vecchio” negli ultimi anni, forse anche per un cartellone banale e commerciale: Milano e il teatro di Remigio potevano sperare di meglio. E ora chissà? troveranno qualcuno disposto al rilancio? oppure finirà tutto a tarallucci e vino, come lo Smeraldo (quello che, pochi lo sanno, fu progettato da un architetto ebreo perseguitato pure lui)?

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  9. Anonimo delle 18.10, è normale e umanamente comprensibile e condivisibile, esprimere rammarico e nostalgia quando in città chiude un teatro, un cinema, una qualsiasi istituzione cittadina alla quale chi piu’, chi meno eravamo affezionati e della quale ne preservavamo il ricordo,perche’ magari in quel teatro o cinema avevamo assistito a spettacoli di nostro gradimento; trovo pertanto disgustoso il suo livore e la sua spocchia nei confronti dell’articolista, il
    quale altro non fa, se non esternare il suo dispiacere (al quale io personalmente mi associo) per una sala storica che chiude soppiantata oltretutto da una bisteccheria!!
    La “Cancel Culture”(passatemi il termine magari non del tutto appropriato) che a Milano ormai da anni dilaga, e che ha visto chiudere ingloriosamente tanti cinema, teatri o spazi culturali tanto apprezzati, è probabilmente un fenomeno ineluttabile dettato dai tempi che cambiano e modificano la ns. percezione di cultura e aggregazione, tuttavia non posso non esprimere rammarico per un’altra sala storica (l’ennesima!) sulla quale cala il sipario (ahimè è il caso di dirlo!), per sempre.

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  10. Al Nuovo ci sono stato diverse volte, sempre produzioni scadenti o stile Bagaglino (senza sminuire), ma ormai questo modo di far teatro appartiene al passato, e sfortunatamente chi gestisce quel teatro non se ne è reso conto. Ricordo alcuni spettacoli, musical, che erano realizzati con tre spicci, canzoni registrate e trainati da subrette di altri tempi come Justin Mattera. Il pubblico sempre quasi tutto anziano (che non è un problema) ma se non hai la capacità di attirare delle persone più giovani prima o poi il tuo pubblico finisce.

    Quindi, si mi dispiace tantissimo, ma non è un fallimento per la società, non vanno incolpate le persone che non vanno a teatro (perché le persone ci vanno al teatro, in altri teatri), ma solo la terribile gestione di un posto come questo.

    E non ho nemmeno parlato della comodità delle sedie, che dopo un’ora veniva voglia di sedersi a terra, o dello stato del teatro.

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  11. Secondo i genitori di sinistra la gente doveva andare sl Nuovo in bicicletta, ultima frontiera della mobilità del domani per tutti e di tutti. Al massimo col monopattino.
    Questo è il frutto della follia di voler pedonalizzare, chiudere, sbarrare vietare la mobilità privata. Che pur va regolamentata.
    Nel giro di qualche anno toccherà a tutta Milano, che con la cazzata dell’area B terrà lontani imprese e imprenditori, dato che muoversi sarà impossibile.
    Ah già, ma cosi l’inquinamento diminuisce. Nei sogni.
    L’ennesimo fallimento del socialcomunismo, votato da tanti mentecatti, alcuni dei quali bazzicano su questo blog

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    • In linea di massima concordo. La follia di quanto sta facendo il PD ricadrà (in negativo) sulla vivibilità di Milano, visto che molto imprese hanno già iniziato a spostarsi nell’hinterland o altrove.
      I soloni di sinistra hanno colpito anche a Milano, già rovinata da 20 anni di passate giunte PCI-PSI

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    • “Socialcomunismo”, “Genitori di sinistra”… ma che cosa c’entra! Se fosse così il Piccolo Teatro Grassi doveva essere chiuso da millenni! Ma per favore! E poi mentecatto vallo a dire a chi ha votato, ma faccia a faccia, di persona

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  12. Andy sei ridicolo, probabilmente quelli come te preferiscono un drive-in all’americana, dove ci puoi andare solo in auto, rimani in auto in un campo e te ne vai in auto.
    Fortuna che non c’è spazio per tutti quelli che come te vorrebbero ancora parcheggiare in piazza Duomo… Sei un autosauro, estinguiti.

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  13. Purtroppo l’attuale Amministrazione Comunale sta distruggendo l’intero centro di Milano. Qui non si è fatto nulla per impedire l’invasione di un ristoratore Turco che in altre città del Mondo ha già dichiarato fallimento e chiuso i propri ristoranti. La cittadinanza, i turisti purtroppo vivranno il disagio di un ulteriore devastante cantiere in una piazza e nei suoi dintorni già devastata dai cantieri delle Metro , del nuovo locale Newyorchese di cui vi siete occupati su questo blog e degli infiniti cantieri dei negozi del lusso in Montenapoleone. Quello che una volta era il “salotto” di Milano è diventata il cortile dei cantieri della città. Senza parlare della sciatteria di monopattini e bici lasciati ovunque.

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