Milano | Centro Storico – Il Monastero del Lentasio e il Garage delle Nazioni, la città che sparisce

Purtroppo, come ribadiamo spesso, Milano si dimentica della sua storia anche millenaria per lasciare il posto al progresso e alle novità. Agendo così, col tempo ha cancellato buona parte del suo patrimonio edilizio. La filosofia è: se qualcosa non ha più valore e scopo, meglio abbatterlo che cercare di salvarlo.

E’ il caso dell’area di via Lentasio, questo nome strano per una piccola via che collega Corso di Porta Romana con via Sant’Eufemia e quindi Corso Italia dalla storia millenaria, la cui origine va fatta risalire alla presenza di un antico monastero qui presente del quale ormai non vi è più traccia, se non nel nome della via.

Oggi l’area è occupata da edifici costruiti negli anni Cinquanta del Secolo scorso, dopo le ricostruzioni sui ruderi dei bombardamenti del 1943. Fra gli anonimi (e bruttarelli) edifici costruiti, spicca, ancora per poco, l’enorme Garage delle Nazioni, costruito tra le vie Lentasio e Via Ludovico da Viadana nel 1955-56, un bel esempio di parcheggio multipiano moderno ed essenziale. Realizzato su progetto di Antonio Cassi Ramelli, considerato ancora oggi, per le sue qualità estetico-rappresentative e per la riuscita sintesi tra le esigenze formali e quelle funzionali, un’architettura insuperata.

Infatti questo edificio particolare pare essere in procinto di venire abbattuto per lasciare il posto ad una torre di 56 metri d’altezza nella arte centrale (14 piani) e una più bassa di 40 metri (9 piani) chiamato Hotel Parking. Gli ultimi 4 piani della torre più alta dovrebbero ospitare appartamenti di lusso con vista sul centro città. Al piano terreno è previsto un bar/ristorante aperto al pubblico, al settimo piano una piscina e due bar. Nell’albergo sono previste circa 150 camere. Un piccolo cortile interno alberato sopra il parcheggio sotterraneo verrebbe collegato con due passaggi pubblici a via Lentasio e via Calderon de la Barca, che sarà solo parzialmente pedonalizzata, in quanto deve consentire l’accesso a taxi e auto per l’accesso dei clienti dell’albergo.

Sotto l’edificio è previsto un parcheggio sotterraneo di sei piani, di cui i primi due ad uso dell’albergo e delle residenze, gli altri da convenzionare con il Comune per 222 posti auto. L’ingresso è previsto in via Lentasio, l’uscita in via da Viadana.

L’enorme volumetria di più di 10.000 mq di slp, su un lotto di circa 3.600 mq, con un indice di circa 3 mq/mq è ottenuta grazie al riutilizzo della slp esistente e alla generosa legge regionale sui bonus energetici. A Milano l’indice massimo del PGT per gli edifici di nuova costruzione è di 1 mq/mq.

Tornando alla storia del luogo e di via Lentasio che come si vede, sta per cambiare nuovamente destino, con la demolizione di questo storico garage.

Per scoprire l’origine del nome della strada, Lentasio, bisogna risalire a prima dell’anno Mille, quando a Milano iniziarono a sorgere un gran numero di monasteri femminili, dove le grandi famiglie della nobiltà longobarda e franca e quelle eredi dell’antico patriziato romano, lasciavano le loro figlie che non venivano date in spose.

Uno di questi monasteri femminili, il più antico fu per l’appunto il Monastero del Lentasio, o di Santa Maria del Lentasio (a quanto sembra prendeva il nome dalla famiglia fondatrice, i Lantaxii o Lantasii). Già esistente anteriormente al 1034, quando fu nominato nel testamento dell’arcivescovo di Milano Ariberto, si trovava in origine dove ora sorge il Broletto; quando quest’ultimo venne costruito, intorno al 1235, le monache si trasferirono in una nuova sede presso la basilica di San Nazaro al Corpo a lato del Corso di Porta Romana. L’ente, passato nel XVI secolo all’Osservanza, fu soppresso nel 1798.

La costruzione del nuovo convento impegnò sicuramente diversi anni, con le sorelle che nel frattempo vennero, quasi certamente, ospitate da altre confraternite femminili.

Il nuovo complesso mantenne il nome di Monastero del Lentasio e venne sicuramente rifatto dal Bramante a fine Quattrocento e nuovamente dal Richino nel secolo successivo, con un grande ed elegantissimo chiostro rinascimentale, con splendide colonne ad albero, uniche a Milano con quelle della Basilica di Sant’Ambrogio.

La chiesa del complesso, dedicata a Santa Maria, era a croce latina e molto simile all’Abbazia di Chiaravalle, con tre navate e rimase in piedi almeno sino al 1388, quando ospitò una riunione del Consiglio dei Novecento. Successivamente venne parzialmente abbattuta e una parte annessa al convento, come chiesa claustrale.

La nuova chiesa venne edificata a partire dal 1604, quando l’arcivescovo Cesare Monti pose la prima pietra. La costruzione fu finanziata dalla famiglia Malombra, la cui figlia era una delle monache del convento. Venne progettata dal Richino, con affreschi del Panfilo Nuvoloni e del Santagostino.

Il monastero continuò la sua vita silenziosa sino alle soppressioni del Giuseppinismo, a fine Settecento, quando il convento venne chiuso e le sorelle disperse in altre strutture.

L’edificio così divenne inizialmente una caserma nel 1797, con l’arrivo di Napoleone, poi un magazzino di olio per l’illuminazione pubblica; nel 1799 fu dato in affitto al signor Claudio Brugora, che usò il cortile del chiostro per farne un deposito di carrozze.

Nel 1804 il refettorio e parte delle celle vennero demolite e trasformate in un teatro, con accesso dal corso di Porta Romana.

Intorno al 1805 fu deciso di allargare il vicolo delle Monache, che dava accesso al monastero e si collegava con la contrada di Sant’Eufemia. Lo stretto vicoletto venne così allargato sino a sette metri, demolendo le antiche case e lasciando così scoperto un lato del Monastero, da cui si vedeva direttamente il chiostro. Assunse il nome di contrada del Lentasio.

Due anni dopo, un impresario teatrale decise di investire sul piccolo teatro del Lentasio, rilevando l’intera area e facendo costruire una maestosa facciata di ingresso, colonne e timpano, su corso di Porta Romana. Quando stavano per iniziare i lavori nella parte interna, per demolire del tutto il chiostro e il resto del convento, i proprietari degli altri teatri milanesi fecero ricorso al governo della città, che fece fermare i lavori.

L’impresario fallì e il misero teatrino, piccolo e cupo ma con una facciata degna di un regio teatro, continuò ad ospitare tristi e pessimi spettacoli, per finire poi nelle mani di compagnie di dilettanti.

Nel 1851, a Milano giunsero decine di migliaia di veneti in fuga dalle sponde dell’Adige, che era esondato, distruggendo città, paesi e villaggi. Per ospitare i fratelli italiani, vennero organizzati una serie di spettacoli proprio nel piccolo e vetusto teatrino, che venne ristrutturato grazie a una raccolta fondi e all’impegno di decoratori, artigiani e pittori milanesi e veneti.

Il Robecchi e il Tencati, tra i migliori scenografi del tempo, realizzarono delle scene stupende, che fecero da sfondo alle messe in scena. Stuccatori e decoratori resero i piccoli palchi degni di un teatro vero e un grande e nuovissimi impianto a gas, illuminò l’intero teatro, il chiostro e la facciata sul corso. L’8 dicembre del 1851 si svolse la serata finale della rassegna, tesa alla raccolta di fondi per la ricostruzione in Veneto.

Fu il canto del cigno del piccolo Teatro del Lentasio, che venne poi nuovamente soffocato dagli altri impresari e proprietari di teatro della città.

Negli anni successivi, il chiostro, quel che restava del monastero e del teatro, vennero occupati da immigrati dal Triveneto e dal sud Italia; nel chiostro e sotto i portici, vennero aperte attività e laboratori artigianali.

A fine anni Trenta qualcuno, finalmente, si rese conto che l’abbandono del chiostro del Richino era un vero e proprio crimine e, nel quadro del riordino della vicina Basilica di San Nazaro, con l’apertura della piazzetta antistante, venne pensato di spostare il chiostro proprio lungo la nuova piazza, creando così una sorta di porticato lungo corso di Porta Romana.

Ovviamente non se ne fece nulla…

L’area venne colpita dalle bombe nel 1943/44, ma fu colpita, più che altro, dalla speculazione edilizia del Secondo Dopoguerra.

Tra il 1946 e il 1948 il chiostro e il convento, sostanzialmente vennero abbattuti abusivamente, con la scusante che, forse, erano pericolanti a causa dei bombardamenti.

Vennero aperte le nuove vie Lodovico di Viadana, Calderon de la Barca e, a metà anni Cinquanta, anche via San Senatore e la nuova piazza Erculea, demolendo antichissimi palazzi, creando quell’insieme di case anonime e brutte che ancora oggi caratterizza questo lato di Corso di Porta Romana.

Nei primi giorni del marzo 1954, durante i lavori di ricostruzione dell’area del Lentasio, venne alla luce, a diversi metri di profondità, un pavimento di una villa romana, a mosaico, dalla lunghezza di oltre 5 metri e mezzo e largo 2, per un peso di 12 quintali. In marmo bianco, nero e verde, era di epoca augustea e venne portato ai musei del Castello Sforzesco.

Nell’area che occupava il chiostro del Monastero del Lentasio, capolavoro del Bramante e del Richino, seguito dal teatro, venne costruito a metà anni Cinquanta il Garage delle Nazioni, pronto a cedere nuovamente il posto a qualcosa di nuovo.

Così rieccoci a veder cancellare un ennesimo edificio fra l’altro censito tra le architetture interessanti costruite in Lombardia dal 1945 a oggi.

Referenze immagini: Milano Sparita; Lombardia Beni Culturali; Pagina Milano Scomparsa

Testi e informazioni: Pagina Milano Scomparsa; Michele Sacerdoti; Storia di Milano

Porta Romana, Via Lentasio, Architettura, Demolizione, Via Sant’Eufemia

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

16 commenti su “Milano | Centro Storico – Il Monastero del Lentasio e il Garage delle Nazioni, la città che sparisce”

  1. Grazie per questa bella scheda riferita alla storia del sito.

    Personalmente credo che dopo l’enorme perdita degli anni cinquanta dell’originario monastero, (che Tuttavia ha permesso di scoprire delle importanti rovine di età augustea), la perdita del garage per quanto interessante architettura sia semplicemente un segno dei tempi e del cambio delle funzioni.

    Di fatto è assolutamente anacronistico mantenere ad esclusivo utilizzo di parcheggio un’area di così notevole pregio

    Credo che la rivalutazione sarà evidente a tutti

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    • Mi spiace per il parcheggio, indubbiamente un’architettura a tema di notevole interesse però le varie politiche di chiusura del centro, dalla mega zona di formentini all’area C di questo portatore di sventura di sindaco Sala, sicuramente non ne hanno agevolato la sopravvivenza. Senza trascurare il fatto che ai suoi tempi circolavano le 1100 e le 600 e forse le auto più grandi erano le Benz “Ponton” o qualche magnifica Flaminia, quindi probabilmente neanche più adatto agli odierni Suv (problema comune del resto a quasi tutti gli altri parcheggi fino agli anni 90) e poi in zona vari cinema e ristoranti costituivano un richiamo che ne giustificavano la necessità.
      Ad ogni modo con una pressione da 10k al mq. In su neanche una diga resisterebbe

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      • Non ho capito lei rimpiange le auto pre euro in centro? Ora ci lamentiamo dell’inquinamento ma ha mai guardato i dati storici? Negli anni 70 nuova delhi ci faceva un baffo.

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      • Si informi. Il Garage delle Nazioni, oggi Garage del Centro, è perfettamente funzionale e funzionante per carichi e dimensioni. E ha pure una clientela amplissima, 24 ore su 24, nonostante i 300 euro al mese per ogni posto auto.
        L’unico motivo della chiusura/abbattimento è la prospettiva di fare soldi a palate con la torre di appartamenti di lusso. Chiuso.

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  2. Mi spiace ma non concordo col commento precedente. L’idea di un grande parcheggio nel centro di Milano è sicuramente superata e con essa dunque la funzione di questo edificio. Tuttavia, sostituire un esempio di architettura interessante con l’ennesimo progetto anonimo mirato al ‘milanese imbruttito’ mi sembra una pessima scelta.

    Le alternative a questo progetto sarebbero moltissime: partire dalla struttura esistente e reinventarla, proporre un progetto nuovo dal design davvero creativo, sino a una parziale ricreazione, magari in stile più moderno, di quel che esisteva prima della guerra. Insomma, sarebbe bello vedere Milano sfidarsi un po’ di più ed essere ogni tanto davvero moderna e innovativa.

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  3. Ennesimo edificio di Cassi Ramelli fatto sparire senza troppi rimpianti. É interessante notare come uno dei progettisti più quotati del dopoguerra sia caduto così in disgrazia. Tra 50 anni succederà lo stesso per molti dei nomi oggi alla moda…

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  4. Si,ma si ripristina con qualcosa di bello,
    Magari in stile milanese con corte e verde all’interno le perché no una torre su un lato (in stile), ma tutto con grazia ed eleganza.
    Sarebbe bello ispirarsi al chiostro utilizzando nell’architettura gli archi.
    (Perché non vanno più di moda? )

    No l’ennesimo mostro senza senso, per lo più in centro storico, possibile che nessuno pensi a delle linee guida per gli architetti?

    Il rendering non sarà definitivo,
    Ma è già brutto da bozza.
    La vedo male!!!!

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    • 💛👏👏👏 ormai costruire con buon gusto armonia e rispetto.. Sono concetti dimenticati, quanto meno dalla lobby degli Architetti milanesi

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  5. Ma con questa voglia di abbattere e ricostruire perché non demolire quel mostro di palazzo di fronte al garage che si affaccia su corso di porta romana e includerlo nel progetto?

    Comunque i palazzi nel dopoguerra concordiamo tutti che fanno parte di un architettura brutta, ma chi ci abita di più.

    Su i balconi: Tende strappate, armadi distrutti, fiori di plastica scoloriti, piante morte, vasi di plastica , stendini, macchine dei condizionatori, boiler, lavatrici, ceste porta spazzatura, decorazioni natalizie appese dal ‘92 potrei continuare all infinito, poi se ci metti anche una giornata di pioggia fai bingo!

    Perdonate lo sfogo!

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  6. Uno dei motivi di attrattività culturale di Milano, se non vogliamo vivere e morire di fast fashion e scarpari, è nella sua architettura postbellica. Il Garage delle Nazioni è una frequentata tappa dei tour degli studenti stranieri di architettura in visita (insieme alla vicina Unità di abitazione di corso Italia). Posso testimoniarlo avendo lavorato a pochi passi per oltre 20 anni.
    Ben vengano interventi come Porta Nuova e Citylife che hanno rigenerato aree dismesse. Ma questo nuovo progetto, oltre a cancellare un architettura di qualità, contribuirà a sovraffollare inutilmente un’area ultra centrale alle spalle di piazza Missori.

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  7. Ma in centro non vigeva la norma di ricostruzione storica? Piuttosto io demolirei tutti quei palazzi orrendi e anonimi per costruire un modern district! Scherzo, si dovrebbero ricostruire quei palazzi antichissimi che caratterizzavano il centro di Milano e che ora sono spariti per sempre!

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