Milano | Porta Magenta – Il romanticismo della Palazzina Sessa

Nel distretto di Porta Magenta, nell’omonimo quartiere elegante sorto a fine Ottocento per la borghesia milanese, si trova un elegante palazzo posto all’angolo tra via Lodovico Ariosto 1 e via Alberto da Giussano, un palazzo che racconta anche il romanticismo di un’epoca, dove l’architettura raccontava e riportava in voga il sapore fiabesco di epoche antiche.

L’edificio in questione, venne commissionato all’inizio del 1900 da Giuseppe Sessa nobile dell’antico casato di provenienza svizzera. Il progetto e la costruzione, terminata nel 1909, furono affidati all’architetto Cecilio Arpesani, che già curava la gestione della altre proprietà dei Sessa. L’Arpesani, esponente di spicco dello stile eclettico, in gran voga all’epoca, si era già occupato di altre committenze in città; in quegli stessi anni progettò due edifici nella stessa zona: nella vicina piazza Tommaseo con l’Istituto delle Marcelline e in via Carducci col palazzo Gonzaga di Vescovado.

L’area all’inizio del XX Secolo era in forte sviluppo e di nuova creazione, tant’è che ancora oggi il quartiere è un bellissimo insieme di palazzine, ville e condomini tutti realizzati nello stesso periodo e stile (poche eccezioni) che lo rendono particolarmente bello e affascinante.

L’edificio, una grande villa, si presenta cintata da una cancellata in ferro battuto e comprende un corpo portineria che affaccia su via Ariosto (purtroppo imbrattato dai soliti scarabocchi di strada) collegato al corpo principale tramite un portichetto pedonale con volte a crociera, decorate a graffiti, sorrette da agili colonnine di serizzo, che mette al portico carrozzabile dal quale si accede al vestibolo al piano rialzato della palazzina. Sul retro una palazzina per la rimessa delle carrozze, in seguito delle automobili e la scuderia. 

L’ingresso principale è protetto da un altro portico con sovrastante terrazza che si collega al portichetto d’accesso.

La palazzina è realizzata su tre piani più seminterrato e mostra le facciate variamente articolate, sulla superficie in cotto del basamento spiccano con forte contrasto cromatico le lesenature e la sequenza di colonne con archi, realizzate in pietra di tono chiaro. E’ un interessante esempio di architettura ispirata al Rinascimento lombardo un po’ bramantesco. Una robusta zoccolatura di serizzo giunge da terra al piano rialzato; da qui la struttura si innalza in mattoni a vista sino al primo piano, prosegue intonacata, con decorazioni a graffito a motivi floreali, sino a una fascia a riquadri sotto la gronda. Gronda decisamente elaborata in legno e con una forte sporgenza, costituita da grandi mensoloni su cui appoggiano le travi del tetto.

Il sotterraneo comprendeva la cucina e gli annessi servizi, il locale caldaie per il riscaldamento e l’acqua calda centralizzata, la lavanderia e la stireria. Al piano terreno, ai lati del vestibolo centrale, erano le sale da ricevere, con pitture a tempera alle pareti realizzate dal pittore Ernesto Rusca, già attivo con Luca Beltrami nel restauro delle decorazioni del Castello Sforzesco. Al primo piano vi erano le camere da letto, con due terrazze sulle esedre del piano terreno, la guardaroba e i locali di studio; al secondo le stanze del personale di servizio e un appartamento indipendente, al quale si poteva accedere direttamente dall’esterno. A ogni piano l’angolo sud-est dell’edificio è occupato da una loggetta a tre campi, decorata a graffiti.

Il giardino che circonda la palazzina ospita alberi d’alto fusto che oggi nascondono alla vista dei passanti gran parte dell’edificio sopratutto nei mesi ricchi di fogliame.

Referenze immagini: Milano Sparita; Roberto Arsuffi

Porta Magenta, Conciliazione, Via Ariosto, Via Lodovico Ariosto, Cecilio Arpesani, Romanticismo, Neo Rinascimentale, Stile Eclettico

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3 commenti su “Milano | Porta Magenta – Il romanticismo della Palazzina Sessa”

  1. Perché spesso si prendono decisioni sconsiderate come la distruzione della palazzina di piazza Trento. Naturalmente io non voglio che sia abbattuta. Non ci mancherebbe altro. Era un commento amaro. Ma pensavo che si fosse capito

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