Milano | Porta Volta – Cantiere Museo della Resistenza: aggiornamento e taglio del glicine

La lunga agonia di questo piccolo cantiere in piazzale Baiamonti a Porta Volta, come abbiamo più volte rimarcato, pare infinita o quasi. Nei giorni scorsi è stato tagliato il glicine, sicuramente in anticipo su quanto concordato all’inizio dell’estate. Glicine composto da almeno tre piante che rivestivano il pergolato (un po’ datato ormai) del Circolo Combattenti e Reduci presente nel casello occidentale di Porta Volta.

Qui la storia contorta dell’area, per chi non la conoscesse.

Ricordiamo che si tratta del “cantiere” per la costruzione della seconda porzione del famoso edificio progettato da Herzog & de Meuron, sempre in Porta Volta, che qui, nell’area di viale Montello, vedrà la realizzazione del controverso Museo Nazionale della Resistenza, la cosiddetta “piramide” gemella e speculare (nonchè molto più piccola) del palazzo Feltrinelli e Microsoft progettata sempre dallo stesso studio di architettura.

Contro questo intervento c’è la battaglia accanita del Comitato Baiamonti Verde Comune, che vorrebbe preservare questo piccolo spazio verde affiancato dall’altrettanto risicato Giardino Comunitario Lea Garofalo.

Noi non riusciamo a capire questo incredibile accanimento su quest’angolo del centro di Milano (siamo ai margini, ma a ridosso delle “mura spagnole”), dove la sciatteria è predominante, dove persino il Comune in decenni di storia non se n’è mai occupato più del dovuto.

Io che non abito da quelle parti mi domando sempre come sia possibile che nessuno degli abitanti della zona pare indignarsi allo stesso modo per il glicine, nel vedere piazzale Baiamonti realizzato da schifo, con delle ciclabili inutilizzabili e assurde, isole di cemento, binari dei tram sepolti sotto l’asfalto e i caselli bisognosi di un restauro e un recupero. Ma anche il giardino Lea Garofalo, che trovo indegno per il ricordo alla coraggiosa testimone di giustizia, uccisa nel 2009, che pare più un campo di patate con qualche panchina e un muro di cinta, pericolante da anni e mai riparato, piuttosto che essere un bel giardino. A questo aggiungerei anche l’orrendo viale dei Bastioni di Porta Volta, una spianata utilizzata da decenni come parcheggio.

Nessuno che alzi una voce per una riqualificazione degna di questo nome; che non arriva mai o quasi.

La nuova costruzione non piace ai residenti della zona, però questa dovrebbe (lo speriamo vivamente) migliorare piazzale Baiamonti, i bastioni di Porta Volta e viale Montello. Eppure pare un calvario, con proteste che, come si è rivelato, creano solo ritardi e portano a nulla, perché orami il cantiere è avviato e il Museo dovrebbe esser aperto entro il 2026.

Per carità, io sono un grande sostenitore del verde, la mia città ideale sarebbe immersa nel verde, ma difendere questo glicine che comunque sarebbe rimpiazzato da altro verde, più curato, non credo valga la pena. Se siete nostri lettori, sicuramente avrete già saputo che, fossi stato sindaco già dall’epoca, non avrei fatto realizzare il palazzo Feltrinelli, e quindi neanche il museo della Resistenza in questo spazio, ma lasciato a verde. Ma tant’è, le cose vanno raramente come si vorrebbe.

E come scrivevo poco prima, non vedo l’ora che tutta l’area venga riqualificata, compresa la vecchia pensilina progettata da Arrigo Arrighetti nel 1951, come stazione per il capolinea delle linee tranviarie intercomunali per Giussano e per Limbiate, ormai trattata come un suk degradato. Perché la cosa mi disturba forse più del glicine tagliato.

Referenze immagini: Roberto Arsuffi; Herzog & De Meuron; Comitato Baiamonti Verde Comune

Porta Volta, Herzog & De Meuron, Viale Montello, viale Crispi, Viale Bastioni di Porta Volta, piazza Baiamonti, Museo Nazionale della Resistenza

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

28 commenti su “Milano | Porta Volta – Cantiere Museo della Resistenza: aggiornamento e taglio del glicine”

  1. andavo a scuola ai bastioni quando c’era lì la sede del liceo Severi… sono passati tanti anni e quell’angolo è sempre sciatto e disastrato. Nemmeno si comprende la necessità di verde quando a pochi minuti a piedi si può raggiungere il parco Sempione.

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  2. Sottoscrivo ogni riga dell’articolo, avanti così, non lasciamo vincere i no-tutto.

    in 30 anni non li ho mai sentiti protestare contro il benzinaro che c’era prima, certo non un benchmark di sostenibilità.

    Come si vede bene dalle foto aeree, più che un “giardino” adesso sembra un campetto da calcio improvvisato di periferia, di quelli tutti polverosi e spelacchiati.

    Si accaniscono ideologicamente per difendere l’indifendibile, poi tornano a casa e parcheggiano la macchina sulle radici degli alberi in nome dell’inesistente “diritto” a parcheggiare sotto casa.

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    • Nessuno dice che vada bene lasciare il parcheggio o che era meglio quello che c’era prima. Ma il comune avrebbe potuto, con meno soldi di quelli che pensi, estendere il giardino Lea Garofalo invece che colare cemento. Non è per forza o bianco o nero, ci sono altre soluzioni, che in quanto cittadini che pagano le tasse vanno pretese.

      La classica risposta “eh ma il comune non ha soldi, servono i soldi dei privati” è una stupidaggine, il comune i soldi per stendere un prato e piantare due alberi ce li ha, non ce li ha per costruire una piramide, ma tanto meglio, non andrebbe costruita.

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  3. Questo articolo è da vergognarsi. Applaudiamo l’ennesima colata di cemento e critichiamo quell’unica perla che è il giardino Lea Garofalo, l’unico posto davvero inclusivo e informale in un centro di Milano che sta diventando sempre più escludente e classista.

    Il comune dovrebbe prendere i soldi che noi versiamo in tasse e curare questi luoghi per evitare la sciatteria. La soluzione per riqualificare non è MAI la speculazione edilizia. Ma tanto a noi ci piacciono solo i ricchi turisti internazionali che consumano e poi se ne vanno, che schifo gli abitanti. Che schifo i poveri.

    Consiglio a tutti gli appassionati di Milano e di urbanistica di leggere il piccolo saggio pubblicato quest’anno L’Invenzione di Milano di Lucia Tozzi

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    • Ma quale “colata di cemento”??

      Basta confrontare le due immagini per vedere che il consumo di suolo è veramente minimo, che non solo rimarrà un’area verde ma verrà anche riqualificata, diventando un giardino vero e non solo di nome come adesso, e in compenso completeremo finalmente un progetto architettonico bellissimo che avrà ricadute positive su tutta l’area circostante.

      E quale speculazione??
      Mica ci fanno degli appartamenti di lusso o un hotel cinque stelle… quale parte non ti è chiara tra “Museo” e “della Resistenza”??

      Perché le stesse energie anti tutto non vengono dedicate, ad esempio, a togliere le macchine dal parterre dei Bastioni di Porta Nuova per farne una promenade verde e pedonale, come lo stesso comune aveva prospettato qualche anno fa??

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      • La domanda “perché le stesse energie non sono state dedicate a togliere le macchine dal parterre dei Bastioni e a fare la promenade verde e pedonale” andrebbe rivolta non a chi si oppone al taglio del glicine ma a chi ha impiegato energie e risorse pubbliche in tutta questa discutibile operazione di “riqualificazione”.
        “Riqualificare” significa inserire elementi di qualità. La qualità è data innanzitutto dalla rarità e preziosità di ciò che si aggiunge. Ciò che era ed ancor più sarà è veramente raro in quest’ambito è quello che ai tempi in cui l’urbanistica era ancora una tecnica e un arte si chiamava “verde di vicinato”, il verde sotto casa o sotto l’ufficio, quello dove si portano i bambini a giocare tutti i giorni o dove ci si siede a leggere il giornale o a conversare nella pausa pranzo. I Bastioni, che erano stati trasformati in una passeggiata a verde nei tempi (luminosi) dell’illuminismo andavano preservati perché fornivano, un altro tipo di rarità che, in una città altrimenti piatta, si combinata a quella del verde: i dislivelli, la quota, i punti di vista elevati e quindi insoliti sulla città intorno. Una volta commesso l’errore di azzerare i dislivelli dei Bastioni ne andava quantomeno tutelato il sedime come spazio verde. E si poteva poi riconoscere come valore da tutelare la rara magia di un glicine secolare che copriva un grande spazio delimitato da muri, una sorta di “giardino segreto” come nel racconto “belle epoque” della Burnett: altra rarità, uno dei pochi dehor di Milano non esposti ai rumori e ai gas di scarico del traffico ma collocati in una sorta di brolo ovvero di “hortus conclusus”: l’unica cosa paragonabile ai “biergarten” ancora diffusi a nord delle Alpi ma un tempo comuni anche dalle nostre parti. Invece l’horror vacui, la vanità delle archistar, la smania di profitto oltre a un’ingannevole e fugace idea di modernità hanno hanno fatto in modo che ad errore si aggiungesse altro errore.

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        • Ottima risposta! La bellezza è una necessità quotidiana in un quartiere. Le piante monumentali sono bellezza. Io non sopporto gli alberelli rinsecchiti dei nuovi parchi. Mi intristiscono.

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      • In Lombardia, a Milano, di fronte ai giardini a lei oggi intitolati, si era rifugiata e qui è stata scovata grazie alla longa manus che la mafia ha in Lombardia e scannata. Veda un po’ lei se Lea Garofalo c’entra o meno con la Lombardia.

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        • Anche Trockij fu assassinato dai sicari stalinisti addirittura in Messico, ma il Messico non faceva parte dell’ URSS.

          Che bella mentalità che ha la sinistra… è contenta di ripetere continuamente che la mafia fa parte anche della Lombardia; qualunque politico sano di mente, in qualunque parte del mondo, sarebbe invece lieto di poter dire che una forma, particolarmente grave, di criminalità organizzata resta nel suo ambito territoriale e non si diffonde, nonostante si faccia di tutto per farlo accadere.

          Il problema della mafia a Milano è lo stesso della criminalità in generale e non consiste in una reale sovrapposizione tra mafia e società civile, bensì nella mancanza di reale contrasto da parte di chi di dovere; poi questa criminalità in “libera uscita” può assumere diverse forme, basti pensare a quello che succede alla stazione centrale.

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    • Ma finiamola di dire fregnacce, l’articolo è tutto da sottoscrivere fino all’ultima virgola!!! Perché lei non ha mai protestato appunto per il parcheggio lungo i Bastioni di Porta Volta?
      Li si si potrebbero piantumare decine di alberi al posto del parcheggio e rendere la via meno desolante e orribile di come invece è ora. Come si può vedere dal progetto sarà decisamente tutto molto più bello. Si dicevano di Formentini e della Moratti le stesse sciocchezze ma per fortuna loro sono andati avanti e hanno reso Milano decisamente più bella. Pisapia e Sala non hanno fatto altro che inaugurare i progetti voluti da loro.

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  4. Nessuno nega che la situazione attuale di piazza Baiamonti e dei Bastioni sia indegna per una città.
    La cosa preoccupante è che qualunque sistemazione debba per forza passare per l’edificazione di nuovo cemento. Questa città ha bisogno di spazi aperti, di verde.
    Da questo punto di vista (del tutto personale) il progetto per il Museo della Resistenza si deve evitare spostandolo in una sede già disponibile e mantenere tutta l’area a verde pubblico. In questo modo anche i caselli sarebbero maggiormente valorizzati.

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  5. Bisognerebbe trovare degli sponsor per il restauro dei caselli che, com’è stato giustamente scritto, sono veramente in condizioni pessime; con tutte le grandi aziende che operano a Milano non credo sia una cosa irrealizzabile…

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  6. Una volta tanto trovo molti commenti costruttivi e di apertura. I No Tutto sono una cosa mentre i cittadini che vedono altro cemento dove ce n’è più che a sufficienza, invece di un verde riqualifucato, sono presi da di mira. Pensate che il nuovo palazzo risana qualcosa?? Se poi il piazzale, caselli, strade e il viale modificato a parcheggio restano così?? Per essere una giunta ed un sindaco green che prometteva 3 milioni di alberi e Forestami, devo dire che non perde occasione per farli abbattere. Come nell’articolo di Urbanfile sul boschetto di San Leonardo o il parco La Goccia, il primo di circa 600 alberi, l’altro di circa 2.500 (quando era intero). Per cosa?? Politecnico e un nuovo quartiere. Complimenti ai ciechi e ai sordi che capiscono solo il cemento come salvezza da tutto. Io non sono un NO Tutto, sono un no alle cose inutili e Sala e i suoi compagni ne hanno fatte ormai parecchie.

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  7. Sono d’accordo su tutto, preciso solo che l’intervento di Herzog & de Meuron poteva essere previsto da un’altra parte della città.

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  8. In Piazzale Baiamonti c’è un concentrato di pessime pratiche amministrative che è difficile vedere così ben riunite e cosi micidiali. Progetti faraonici che piano piano si ridimensionano e si riducono al solo costruire discutibili edifici. L’uso dei valori condivisi per coprire lo scarso valore dell’operazione. L’uso delle associazioni di cittadini per creare finto consenso. Spreco di soldi pubblici in un momento di bisogni urgenti in tutti i settori. Distruzione di spazi comuni e vissuti. Cancellazione storia. Non si salva nulla di questa brutale operazione. Mi spiace.

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    • Carissima, buongiorno. Io mi trovo in pieno accordo con la maggior parte dei commenti, come ho scritto sopra. Ma il Tuo intervento descrittivo è la miglior carta di identità dell’area e dell’epoca attuale. chapeau

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  9. Io credo che o si costruisce per una questione di simmetria, un edificio speculare ai palazzi Feltrinelli Microsoft, o lì non si deve costruire niente. Erigere un palazzo simile a quelli di fronte ma molto più corto porta a mio parere a un risultato estetico sgraziato e grottesco. Non si rende un buon servizio alla Resistenza collocandone il Museo in un palazzo come quello previsto dal progetto.

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  10. Io se guardo i bastioni e vedo il palazzo feltrinelli, che per carità è anche esteticamente aggraziato, penso ma che senso ha rinchiudere un monumento di storia con dei palazzi che li sovrastano e non hanno nulla in comune? E come se al castello sforzesco costruissero un grattacielo….

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    • Se a Parigi davanti al museo del Louvre si fossero fatti la stessa domanda, non avrebbero realizzato nella piazza antistante la piramide di vetro diventata anch’essa un’icona della città come tante altre opere di questo genere.
      L’opera progettata dall’architetto Herzog infatti, vuole idealmente ed in chiave moderna riprendere lo spirito dei bellissimi bastioni che abbracciavano i caselli, bastioni che in nome di un progresso cieco e scellerato sono stati abbattuti per fare posto ad una stazione di pullman ed un benzinaio.

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  11. Voi di urbanfile siete un blog che ormai seguo da anni in quanto vi reputo persone serie e competenti, mi fa specie tuttavia che voi crediate che una esigua minoranza chiassosa – che sembra tutelare più gli interessi del gestore del circolo combattenti che del glicine in questione , che finalmente non solo gli avventori del circolo ma l’intera collettività potrà apprezzarne la bellezza celata per settant’anni da mura erette in modo abusivo a fianco ad un monumento – sia rappresentativa di una maggioranza silenziosa a favore del progetto che si indigna eccome davanti a tanta sciatteria malcelata da una pseudo Mission ambientalista.
    Era stato concesso loro un periodo in cui organizzare manifestazioni atte a creare maggior socializzazione e rendere più vivo il quartiere, hanno invece sprecato il tempo messo a loro disposizione dimostrando di essere incapaci di offrire un’alternativa valida per la collettività.
    In ogni caso il glicine sarebbe comunque stato esclusiva degli avventori del ristorante del circolo nascosto da mura abusive e orribili cartelloni pubblicitari sortendo sempre quell’effetto di sciatteria.
    Il progetto del museo invece è ad impatto zero, cosa che non era il benzinaio generatore di inquinamento con le migliaia di auto che serviva quotidianamente.
    Dove erano questi ambientalisti così indignati che si accaniscono per un piccolo fazzoletto di terra?!
    Il progetto del museo nazionale della resistenza antifascista invece crea lavoro e cultura, rispettando la memoria e la tradizione antifascista della città di Milano, col patrocinio di Liliana Segre senatrice a vita e vittima della barbarie del nazifascismo.
    Il progetto crea bellezza, quella bellezza deturpata fin dal momento in cui in nome del progresso sfrenato sono state abbattute le mura dei bastioni per fare spazio alla crescente motorizzazione della città e del paese.
    Mi fermo qui ma potrei andare avanti per molto, ribadendo la mia indignazione all’ipocrisia, alla sciatteria ed a tutta quella ideologia cieca che non riesce a generare capacità di discernimento tra ciò che è bene e ciò che è male in quanto priva di una visione d’insieme e di sani valori.
    Per finire, avete visto come trattano il casello daziario i gestori della ridicola camera del non lavoro?
    Chi non rispetta un momento, che rispetto può avere del lavoro?

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