Milano | Musocco – Tra Bovisa e Mind, c’è un quartiere da riscoprire

Testo: Gianluca Gennai e Sara Manazza

Recentemente si è parlato molto degli ex comuni confinanti con la città, ora semplici quartieri di Milano, dove molti di noi abitano ignorandone il passato. In alcuni casi si sono spese parole sulla loro storia a testimonianza di un passato tale da garantire un diritto ad un futuro, tuttavia non scontato e spesso disilluso dalla dinamica di sviluppo della città, non sempre di facile interpretazione. Talvolta basta una semplice coesione d’intenti tra cittadini residenti, a fare da volano per una nuova prospettiva di rilancio di una zona, ed è questo il caso della Musocco storica, quadrante tra Stazione FS Milano Certosa, largo Boccioni, via Aldini, via Palizzi.

Così le celebrazioni del centenario dell’annessione dei comuni di cintura, ad esempio, ma anche altre occasioni, hanno proposto una lettura diversa delle periferie. L’illusione di un cambiamento, porta a pensare che tutto possa essere possibile, perché purtroppo la realtà non sempre risponde alle aspettative dei cittadini residenti.

L’interesse per la storia sembra essere più interessante delle storie ancora da raccontare su questi borghi o quartieri che in passato, ebbero una certa importanza.

Storie perse a seguito di uno sviluppo delle attività industriali o terziarie, che hanno trasformato la maggior parte degli strati sociali, in un unicum produttivo e poco più, sul quale poi si sono radicati preconcetti, strati di subcultura urbana sulla quale stabilire parametri di milanesità a sfavore di queste zone passate ad essere completamente ignorate e considerate con declinazioni negative.

In questo caso si parla di Musocco, probabilmente uno degli ex comuni inglobati nella Grande Milano nel 1923 maggiormente popolato, che nel tempo ha completamente perso una sua identità a differenza di altri comuni di cintura, i quali hanno conservato forse una maggiore traccia di sé.

Si sa certamente della Musocco di oggi, quella del Cimitero Maggiore. Un angolo di Milano noto appunto per aver ospitato questo nuovo grande complesso cimiteriale che in realtà sarebbe il cimitero di Garegnano, dal nome della bellissima Certosa poco distante, ma che, essendo all’epoca nel comune di Musocco, da questo ne ha preso il nome.

La Musocco di cui si parla, è quella oltre la stazione Certosa, probabilmente identificata come zona Certosa se non Quarto Oggiaro o Vialba.

Musocco oltre la ferrovia, quella nuova grande infrastruttura di evoluzione post rivoluzione industriale, la quale conquista spazi e taglia questa nostra via Varesina, lambisce la Musocco della vecchia ippovìa e poi tranvia Milano-Saronno, fino ad inghiottirla. Poi l’autostrada Milano-Laghi, la quale proprio a Musocco sviluppa circonvallazioni, svincoli ecc. Il processo di trasformazione diventa pesante per il territorio, il quale perde totalmente i connotati agricoli e sociali, chiusa tra ferrovia e svincoli autostradali, oltre che deviazioni evidenti oggi nel ponte Palizzi che prende il tracciato della Via Varesina e lo segmenta con via Palizzi, via Mambretti, via Grassi ecc. fino e oltre il comune di Baranzate per poi riprendersi il nome di via Varesina all’altezza del comune di Arese.

Musocco dunque, con la ferrovia, si diceva lentamente, ma inesorabilmente, diventa un crogiolo del proletariato poiché qui si costruiscono delle forti identità in contrapposizione alle industrie già citate più volte come la fabbrica Moneta, ma anche la fabbrica Galloni in via Fabrizi, la famiglia  Fougieras con le loro pantofole. Qui prendono forma anche aziende familiari di servizi, ad esempio il trasporto merci come i trasporti F.lli Boniardi i quali iniziarono con la trazione animale, ma anche imprese di commercio con le famiglie Fiori e Salina, Brioschi, Cerati il falegname o la famiglia Cazzaghi con la lavanderia.

Questa Musocco, fu un punto di passaggio e di controllo che ancora oggi si evidenzia nella strettoia tra la villa cinquecentesca di via 5 Maggio detta “il castello”, prima sede del comune di Musocco, e la parte dell’antico borgo oggi detta “la portaccia”, simbolo di una sicura postazione fortificata di una guarnigione. In questa Musocco si sviluppò anche un concetto di fermata dei viandanti ma anche delle guarnigioni se non eserciti in transito, evolvendosi in un caravanserraglio dove far riposare anche i cavalli oltre che i viaggiatori (ancora oggi si possono visitare le ex-stalle oggi trasformate in appartamenti).

Va detto che fu probabilmente un punto daziale, anche per i numerosi corsi d’acqua che qui si concentravano alimentando i mulini della produzione di farine e altro. Da Musocco transita il famoso fiume Nirone, oggi intubato, il quale ha sempre rifornito la città di acqua bevibile. Le sorgive sono certamente un importantissimo elemento di sviluppo economico oltre che agricolo. Si parlerà poi delle gelsicolture, per le quali le famiglie nobili svilupparono un interesse per la zona.

Infatti, Musocco probabilmente prende il nome dal fiume Mussa oppure dal nome Musa (più probabile) che riprende l’idea della Linfa, riconducibile alle sorgive, idea di un ambiente forse ideale per sviluppare il culto della dea Linfa, dal grecolatino Linpha (Dea delle acque), ricco d’acqua. Le Linfe, da sempre ispiratrici anche di momenti leggiadri, tanto da ispirare gli affreschi di scuola tardo lombarda, ritrovati nella villa di via 5 maggio 1, oggi conservati nel museo del Castello Sforzesco.

C’è da dire che Musocco ha una sua storia complessa e abbastanza particolare. Musocco fu un borgo che si sviluppò sulla vecchia Mediolanum-Bilitio che dopo il Medio Evo divenne la via Varesina. Questo ci porta distanti dal cimitero Maggiore. Il luogo crebbe nelle vicinanze di Quarto Uglerio certo riconducibile al quarto miglio da Milano, distanza che definiva spesso il luogo adatto ad un accampamento delle legioni, le quali trascorrevano l’inverno in zone appropriate, fuori dalle città fortificate. Negli annali si rammenta spesso Quarto Uglerio come centro d’interesse fuori dalle mure romane di una Medilanum imperiale. Dunque, quella Medilanum-Bilitio che univa Medilanum a Bilitium (Bellinzona), attraverso diverse località e certo civiltà locali, per lo più di origine celtica.

A Musocco, intorno al 1500, arrivarono i nobili Sforza. In particolare, il Moro che tra Vialba, Quarto Uglerio e Musocco, costruì un casotto di caccia e che poi divenne un giardino in cui iniziare un’attività innovativa: la gelsicoltura, tanto da far pensare che il nome “Moro” derivi da questo suo interesse per il gelso detto anche “Moròn”.

Il casotto di caccia, negli anni divenne una villa, anche grazie ai Conti Scheibler, con i quali si ampliò lo spazio dedicato ai giardini e alla gelsicoltura, supportata anche dalla vicina Villa Caimi, la quale fu edificata dai nobili Caimi ramo milanese, ma di origini toscane, probabilmente molto vicini ai Borromeo, anch’essi di origini toscane.

Si parla dunque della dimora cinquecentesca di via 5 maggio, nella quale, dopo essere stata residenza del primo comune, abitò una famiglia importante originaria della zona di Domodossola, la Famiglia Girola, la quale già si occupava di costruzioni e fu probabilmente coinvolta nelle varie attività di costruzioni massive che poco più in là, divennero quei quartieri in cui accogliere i tanti emigranti in arrivo dal sud oltre che gli sfollati del centro di Milano che intanto doveva essere ricostruita dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Il borgo fu tuttavia risparmiato da questo processo edificatorio e tutt’oggi conserva la sua configurazione originale, ripresa da un importante riqualificazione degli anni ‘90 a cura dell’architetto Fazzini.

Nella Musocco proletaria va messa in evidenza anche la vitalità sindacale che sfociò in momenti di grande protesta anche per la vicinanza dell’Alfa Romeo. L’interesse per le avanguardie milanesi si fa sentire e dunque arrivano nel teatro Rossini di via Mambretti (oggi sparito), figure all’ora nascenti come Franca Valeri o Franca Rame e Dario Fò.

Nulla si potrà negare rispetto alle narrazioni di un grandissimo personaggio intellettuale come Giovanni Testori, immortalato con Franca Valeri proprio all’ingresso della villa cinquecentesca di via 5 maggio,1. Prendiamo in prestito il sentire di Giovanni Testori, per definire un quartiere in cerca di una nuova identità e bellezza, senza dimenticarne la storia. Un casermone, una periferia, un mondo alla fine, dove non si è più padrone di niente, neanche della propria carne.

È il “Fabbricone” di Testori, 1961, il romanzo ambientato in una delle prime case popolari della periferia nord-ovest Milanese degli anni ‘50, tra via Zoagli e via Aldini, non a caso; una zona che dopo la guerra era sprofondata in uno stato di sempre maggior degrado tanto da essere definita dai preti della zona come “refugium peccatorum”, appunto.

Tali e tante le testimonianze che celano un interessante collegamento con la storia di Milano che certo è passata da queste parti e che oggi non è sufficiente per restituire una prospettiva altrettanto interessante se non connessa con gli sviluppi dei progetti che oramai fanno parte del presente, come Certosa District, una bella realtà che si sta affermando in via Varesina nell’ex fabbrica la Forgiatura. Più avanti, l’interessante co-living e co-working WAO di via Barrella, proprio nella Musocco di nostro interesse. In mezzo la torre Palizzi progettata dallo studio Spagna di Milano.

Si diceva il presente.

Un presente molto incerto, fatto di tante facce e tante teste, non sempre coese con il buon senso dell’accoglienza che qui contraddistingue i residenti.  

Musocco, in forza di un momento di ripresa della propria identità storica, è a un bivio sul quale gravano diverse condizioni che preoccupano da una parte e fanno ben sperare dall’altra.

È dunque legittimo pensare a una maggiore attenzione per questo quartiere che fu quella Musocco poi spostata verso zona viale Espinasse impropriamente. Un quartiere o territorio in asse tra Bovisa (Politecnico) e Mind (Human Technopole), due poli d’eccellenza che qui potrebbero trovare un fulcro di vivibilità per i tanti che vorranno convergere in questa splendida realtà d’eccellenza che guarda al progresso e alla ricerca. Non di meno, un ottimo punto di appoggio per l’Ospedale Sacco e lo stesso Galeazzi di recente apertura a Mind. Servirebbe un processo di riqualificazione che qui manca da circa 20 anni e che potrebbe prendere una consistenza proprio attraverso gli investimenti che per ora si limitano a aree ben definite e che i cittadini attendono come astronavi portatrici di evoluzione, che non espella i locals, i nativi, ma che sappia integrarli e farne tesoro come bagaglio di vita vissuta del quartiere stesso, passando anche dal welfare comunale così attivo nel Municipio 8. Ecco perché anche dei semplici cittadini, possono essere d’ispirazione per grandi progetti “speciali”.

A Musocco il presidio attivo della cittadinanza vuole rimanere presente e cerca il contatto e il dialogo con le grandi realtà imprenditoriali private che stanno atterrando nella zona, per cercare di orientare le nuove narrazione di quartiere che ne verranno.

Menzioniamo tra le tante alcune iniziative in programma che cercano di unire l’identità storica di Musocco con quello che sarà, che si svolgeranno nella residenza cinquecentesca di via 5 maggio, la quale ha avuto recentemente il riconoscimento ufficiale come prima residenza del comune di Musocco: una rappresentazione teatrale all’aperto prevista per il 25 maggio e una proiezione di un film, prevista per l’8 giugno organizzato da Fondazione Perini con il patrocinio del Municipio 8.

La Musocco di cui parliamo, è oggi un quartiere con molto verde, grazie al Parco dei 600, al vicino Parco Scheibler, fino all’enorme Parco Verga attinente al quartiere sviluppato da Euro Milano. Tra un parco e l’altro ci si muove in bicicletta o a piedi. Un quartiere in cui è rimasto invariato l’assetto residenziale e dove si trovano palazzi stile “vecchia Milano” dove non sono presenti caseggiati di residenza popolare. La maggior parte delle famiglie storiche, oggi vive ancora qui, dove ogni processo sociale succedutosi, è stato in qualche modo equalizzato con il pensiero paesano, mai venuto meno e tutt’oggi presente, probabilmente trasformatosi in una resilienza dal sapore antico, forse tipico di una cultura rurale, radicata sulla terra, gli antenati, l’identità che supera ogni possibile avversità.

L’idea di sviluppo, di evoluzione, è filtrata in qualche modo, da quella speranza che oggi sembra incontrare nuove prospettive sulle quali pensare in positivo. Ci piace l’idea di scrivere un nuovo capitolo sulla storia del quartiere in cui c’è una importante progettualità di riqualificazione. Un quartiere di Milano che pensiamo ottimo per progettare un futuro di persone che non vogliano sottostare alle regole immobiliari di una Città che corre verso un’idea di città per pochi. Musocco è oggi un punto di appoggio ideale per chi vuole vivere a Milano con i ritmi di un borgo tuttavia milanese.

Concludiamo con una frase che ci caratterizza: ad utrumque paratus (sapremo riconoscere e, dunque saremo pronti alle sfide).

Vi aspettiamo a scoprire Musocco!

  • Referenze immagini: Roberto Arsuffi, Fondazione Perini, Milano sparita
  • Autori del testo: Gianluca Gennai e Sara Manazza
  • Musocco, Certosa, Via Mambretti, Storia, Certosa di Garegnano
Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

15 commenti su “Milano | Musocco – Tra Bovisa e Mind, c’è un quartiere da riscoprire”

  1. Complimenti per questa bella ricostruzione storica che arriva all’attualità…
    Verremo volentieri a conoscere questa zona di Milano poco nota. Grazie!

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    • La timeline e’ spesso capace di riattivare le sinapsi assopite di una societá spesso distratta. In questo caso abbiamo fiducia nella convergenza tra cittadini, Enti Pubblici e Societá Private. Grazie del suo interesse.

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  2. Bellissimo articolo!
    Ci vivo da poco e mi trovo bene.
    Mi dispiace solo che questi bellissimi spazi di interesse storico siano lasciati al degrado e non custoditi come patrimonio di quartiere.

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  3. Bellissimo articolo io vivo qui da più di trent’anni e tra il verde e i servizi pubblici a disposizione non lo cambierei.. mancano un po’ di negozi che creano comunicazioni e aggregazione

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    • Ciao Rosangela, grazie. Hai ragione i negozi creano vivacità di strada, quella virtuosa fatta di micro relazioni. Chissà se con i nuovi complessi residenziali apriranno anche negozi, come fatto in via Varesina al Certosa District.

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  4. Speriamo che i nuovi insediamenti possano riqualificarea stazione Certosa e far nascere qualche negozio.

    Le uniche cose che mancano un po

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    • Concordo. La stazione Certosa è un buco nero, pericolosa e sporca. Speriamo di poter lavorare insieme ai grandi progetti per riqualificare sottopasso e capolinea tram mai decollato per davvero. Anche se basterebbe avere un presidio “sicurezza” da parte delle Ferrovie.

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      • Finché non riconvertono un po di capannoni a residenziale a SUD della stazione certosa la vedo difficile una riqualificazione. In realtà diciamo un maggior traffico positivo di persone che accedono alla stazione di per se rende sicura una stazione.

        Però sono ottimista nel progetto certosa district che possa svolgere questa funzione di cambiamento urbanistico positivo. Aprire bar e locali porta una certa sicurezza in più e la via rimane meno isolata e meno in ombra.

        Però mi pare si sia fermato tutto o no?
        Bell’articolo

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