Milano, Rho+Roserio.
Ottobre 2025. Oggi, dieci anni fa, si chiudevano i cancelli di Expo Milano 2015, l’esposizione universale che avrebbe dovuto segnare un punto di svolta per la città. Il 31 ottobre 2015 in una soleggiata giornata autunnale terminava ufficialmente l’evento internazionale iniziato il 1° maggio (al contrario avviato in una giornata insolitamente umida e grigia, più autunnale che primaverile).
Un progetto ambizioso, capace di proiettare Milano sotto i riflettori internazionali e di ridefinirne l’identità urbana e culturale per quasi un decennio. Poi?
Di seguito un po’ di immagini di come avevamo vissuto il periodo Expo 2015.

















A dieci anni di distanza, il panorama è cambiato profondamente (anche internazionalmente). Milano è diventata una meta turistica di rilievo internazionale, sebbene viva in una fase di incertezza. La città appare più disordinata, più cara, e forse meno efficiente. Le indagini della Procura sui permessi edilizi concessi tramite semplice SCIA ha rallentato decine di cantieri, alimentando preoccupazioni tra operatori e cittadini, offuscando persino l’immagine fiera che ormai la contraddistingueva. Il “modello Milano”, un tempo simbolo di efficienza e rigenerazione, sembra aver perso parte della sua brillantezza.



Oggi, a dieci anni di distanza, il sito ex Expo, ribattezzato MIND – Milano Innovation District, sito tra Roserio e Rho, è un luogo dalle idee scoppiettanti ma che ancora non sa esprimersi. Circa il 30% dell’area è stato sviluppato e ospita una quarantina di realtà tra aziende, laboratori e istituzioni, ma in un vasto spazio ancora vuoto.




Il progetto è guidato dal colosso australiano Lendlease, su terreni di proprietà di Arexpo – società pubblica partecipata da MEF, Regione Lombardia, Comune di Milano, Comune di Rho, Fondazione Fiera Milano e Città Metropolitana.
L’investimento complessivo sfiora i 4,5 miliardi di euro, di cui 2,5 da privati e 2 da fondi pubblici.
Arexpo – che dal 1° luglio ha cambiato nome in Principia – prevede ulteriori 300 milioni di euro di investimenti pubblici nei prossimi anni: 440.000 metri quadrati di aree verdi, housing sociale, parcheggi, scuole e due caserme. Il completamento di edifici chiave come il Molo e Horizon, cuore tecnologico del distretto, è previsto per il 2026.








L’estate 2025 ha visto l’inaugurazione della Live Arena, nuovo spazio per eventi e spettacoli che, insieme al Big Theatre, contribuirà a dare a MIND un’identità culturale aperta alla città.


Il 2024 ha segnato un’accelerazione significativa: nuove aperture, ampliamenti infrastrutturali e l’avvio di cantieri strategici. Nell’area West Gate e nel Mind Village, Lendlease ha firmato sette nuovi contratti di locazione, mentre la gestione del coworking The Hive è stata affidata all’operatore Stella 33.
Ad aprile sono partiti i lavori per la prima residenza universitaria, che insieme a una seconda struttura offrirà 1.152 posti letto per studenti e ricercatori dell’Università Statale di Milano, destinata a trasferire qui il proprio campus scientifico entro l’anno accademico 2027/2028. Sulla quale è calata la notizia proprio in questi giorni della rinuncia da parte dell’Architetto Carlo Ratti alla sua firma per il progetto del campus, secondo il quale è stato snaturato dai dettami della Commissione Paesaggio.
L’intero polo vale 460 milioni di euro, di cui 216 provenienti da fondi privati.





A guidare lo sviluppo è Academo, società costituita da Lendlease e dal Fondo Equiter Infrastructure II, sostenuta da un finanziamento di 215 milioni da parte della BEI e della Cassa Depositi e Prestiti. I due studentati, con investimenti stimati tra 110 e 120 milioni, fanno capo a un’iniziativa di Ream SGR, tramite il Fondo Cervino.
Quando il campus sarà operativo, il progetto avrà raggiunto circa il 50% del completamento.
Un modello di partenariato pubblico-privato che, secondo l’amministratore delegato di Arexpo, Igor De Biasio, ha già vinto la sua sfida, diventando un esempio citato anche dal Bureau International des Expositions come caso di rigenerazione post-Expo.
«Non ci siamo mai fermati, neanche nei momenti più difficili del real estate», ha commentato Fabrizio Zichichi, executive project director di Lendlease. «MIND cresce come un organismo vivo».
Il gruppo australiano – impegnato anche nel progetto di Santa Giulia – è ora alla ricerca di co-investitori per completare o rilevare quote di alcuni sviluppi chiave.
Eppure, nonostante i numeri, la sensazione camminando nel distretto è ancora quella di un luogo sospeso: spazi ampi e vuoti, vecchi capannoni in demolizione o abbandonati, viali con alberi trascurati, atmosfere a tratti desolate.
Palazzo Italia, simbolo architettonico dell’Expo 2015 firmato dallo Studio Nemesi, oggi appare stanco, quasi degradato: facciate macchiate dai dilavamenti della pioggia e impianti tecnici a vista che ne compromettono l’estetica. Come se non bastasse è circondato da auto parcheggiate e moto lasciate nell’area dell’ingresso, non aiutano a dare all’edifcio quel prestigio che ci si augurerebbe di vedere.













Peggio ancora l’Albero della Vita, ormai spoglio, muto, privo di luce e colore: un’icona sbiadita in attesa di una nuova funzione per tornare a vivere. Gli slogan promettono che nei prossimi anni tornerà a stupire, con nuove scenografie, giochi d’acqua e spettacoli pensati per emozionare ancora di più. Ma non solo: Mind sta immaginando intorno a lui una piazza viva, dinamica, aperta a studenti, ricercatori, cittadini. L’obiettivo? Trasformare l’Albero della Vita in una delle attrazioni più iconiche di Milano.











Il viale principale ai piedi di Palazzo Italia è oggi un parcheggio anonimo — persino su Google Maps è indicato come Area Parcheggio Human Technopole — lungo una strada intitolata a Rita Levi-Montalcini.
Naturalmente si tratta di una sistemazione “temporanea”. Ma dopo dieci anni, ci saremmo aspettati qualcosa di meglio. Per ora possiamo solo immaginare, con un po’ di fantasia, cosa potrà diventare.








Anche il Decumano, l’arteria principale del sito, ricorda più una pista d’aeroporto: cespugli e qualche albero spennacchiato ai lati, e le strutture metalliche che un tempo reggevano le coperture durante Expo, ora spoglie e desolatamente prive di scopo. Da qualche settimana parte del Decumano è interdetta per dei lavori ai sottoservizi.























I cantieri attivi – da West Gate al campus della Statale – proseguono, nella speranza di riportare linfa al sito una volta abitati e operativi. Senza l’Ospedale Galeazzi, l’area sarebbe ancora un deserto.


Per muoversi per fortuna ci sono le navette, le automobili (troppe) e i monopattini.


Fortunatamente, canali e aree verdi resistono, offrendo ancora scorci di bellezza.








Altro fattore negativo che abbiamo riscontrato è l’accessibilità da Roserio, oggi pressoché assente se non solo per gli addetti ai lavori, avrebbe potuto trasformare l’area in un vero crocevia urbano, invece di lasciarla chiusa in sé stessa come un cul-de-sac. Secondo noi un errore strategico, nonostante la presenza della M1 Rho Fiera e del passante ferroviario, forse unire anche ora, l’altro lato del sito al resto della città sarebbe una gran cosa.


















Conclusione: Ci vuole ancora molta, ma molta immaginazione per immaginare questa porzione di città, condivisa tra il Comune di Rho e Milano, come dalle promesse e le immagini diffuse qualche anno fa. Speravamo anche in architetture ardite, visto il luogo avulso da contesti storici, ma sinora si vedono solo grandi scatoloni. Speravamo anche, dopo dieci anni, di trovarci in un contesto più definito, ed invece dovremo attendere ancora, almeno cinque anni.




- Referenze fotografiche: Roberto Arsuffi, Duepiedisbagliati
- Milano, Rho, Roserio, Lendlease, IRCCS Galeazzi, Ospedale, Mind, WestGate
Quel luogo mi sembra così lontano, circondato da autostrade, fabbriche, la fiera,… Non ben integrato alla città.
La consueta mancanza di visione da parte di chi dovrebbe gestire la regia del Post.
Perchè son bravi tutti a costruire strutture effimere avendo paccate di soldi, quinte fatte di materiali che devono “apparire” smaglianti per qualche mese – vd. Palazzo Italia, senza contare gli edifici poi smantellati – ma dove si vede la qualità di un amministrazione è nel dopo, quando si spengono le luci.
Solo una classe politica ignorante e senza senso del ridicolo può pensare dieci anni dopo di “trasformare l’Albero della Vita in una delle attrazioni più iconiche di Milano”…. un alberello che ha svolto degnamente il suo compito, ma che andava smantellato il giorno dopo la chiusura. Già oggi è peggio di spelacchio, figuriamoci in futuro.
Il resto segue a ruota. Chi gestisce non ha visione, non ha gusto e si vede già nei blandi risultati. Già il Galeazzi è un catafalco bianco sovradimensionato, all’Università han tolto le facciate disegnate che erano il tratto distintivo e il verde. Il Molo e Horizon, sostenibilità a parte, non sembrano certo destinati a tramutarsi di colpo in capolavori, il Big Theatre è un capannone.
Ma dove credono di andare? È questo il livello a cui aspirano? Milano città al pari di Londra, Madrid, Parigi? Ma ci vanno ogni tanto in queste città a vedere cosa stanno facendo o sfogliano solo la Lonely Planet?
I couldn’t agree more 😒
Rimango perplesso che MIND si trasformi in quartiere vivo e vitale anche dopo il trasloco dei dipartimenti scientifici della Statale. Immagino che dopo le lezioni e il lavoro, sia studenti che ricercatori abbandonino l’area col primo metrò utile.
Il trasferimento della Statale ci sta, tuttavia. Infatti le Torri Biologiche e il dipartimento di fisica in via Celoria, e gli edifici del dipartimento di chimica in via Venezian sono obsoleti, sia per spazi sia per le norme di sicurezza.
Chiedo a Urbanfile: esistono già progetti di come intendono convertire l’area di Città Studi?
grande lavoro di Land Lease e di Area Expo, un’area del genere, in corso di recupero è un unicum per il nostro paese.. lasciate perdere i detrattori che pontificano senza sapere che in italia riuscire a fare questo è un’impresa titanica che merita solo un applauso!!
Altra considerazione.
Nonostante vi sia ancora molto da fare, dalle foto non vedo degrado. Le aree verdi sono pulite, abbastanza curate e ben concepite (come detto anche nell’articolo). In giro non si vede sporcizia né graffiti. Tutto sommato, poteva andare peggio.
Personalmente non spenderei altri soldi per far tornare l’Albero della Vita a illuminarsi, di inquinamento luminoso ce n’é abbastanza. Gli si dia una mano di antiruggine e lo si lasci così, tipo scultura, va benissimo.
Palazzo Italia non è mai stato completato. Aprì con parti di rivestimento mancanti (già un miracolo che lo si riuscì ad aprire per tempo) e poi ci si dimenticò di provvedere alla conclusione dei lavori.
Human technopole ha invaso la piazza dell’albero della vita con delle strutture temporanee che probabilmente diventeranno definitive. Ne hanno fatto le spese due delle tre file di alberi che circondavano l’Albero della Vita. Vedremo pari ripristinata la piazza così come era stata immaginata?
Il Galeazzi si è mangiato una parte del canale Nord. Una perdita (grande o piccola, ciascuno è libero di decidere in autonomia) rispetto alla memoria del concept iniziale firmato da H&deM che poi in parte hanno disconosciuto il masterplan realizzato (deve essere una caratteristica del luogo).
URBAN ha ancora centrato il punto: apertura su Roserio. Questa operazione era prevista già in Expo2015 quanto era stata definita come porta sulla città tanto da includere la via Interquartiere Eritrea Expo come ‘opera essenziale e via di accesso principale al Polo Fieristico). Fu abbandonata per via della concetrazione di interessi e appetiti enormi del Real Estate nell’area della Merlata. La vera continuità territoriale con Milano, sarebbe a Roserio poiché l’attuale ingresso su Cascina Merlata non è che una passerella sull’autostrada che di fatto isola MIND da Milano e dalla stessa Cascina Merlata che viene sempre associata a MIND come un unicum quando invece c’è la tangenziale in mezzo. La realtà è ineccepibile, i palazzi di pregio di Merlata, si affacciano sulla tangenziale. E’ Roserio che dovrebbe essere oggetto di riqualificazione ma la politica ha voluto spostare il focus sul valorizzare Cascina Merlata e declassare Roserio come ingresso merci, parcheggio di servizio e refugium peccatorum. Vedremo se la nuova Giunta dopo il 2026 avrà la capacità di interrompere queste logiche di potere nelle quali è imprigionata tutta la città.
Diamine, vogliamo aspettare che sia finito?? Qualsiasi area in formazione dà l’idea di desolato, non ci vedo niente di scandaloso…
I soliti mortificanti commenti, ma Milano continua a lavorare silenziosamente per stupire ancora una volta e allora
gli stessi aspri commentatori dovranno cercare altri motivi per criticare (come hanno criticato Expo, mentre ora ne parlano nostalgicamente…..)
A fine articolo, Roberto Arsuffi dice giustamentte: “Speravamo, dopo dieci anni, di trovarci in un contesto più definito, e invece occorrerà attendere almeno cinque anni”. Signori: ma ci rendiamo conto che fra poco più di tre mesi partiranno le Olimpiadi di MILANO/CORTINA? Per di più con cerimonia d’apertura al Meazza, che volendo
non è nemmeno troppo lontano dal cantiere Mind/ex Expò. Che figura rischiamo di fare se – per qualsivoglia motivo – uno dei tanti sportivi/addetti ai lavori si trovasse, per caso, in questo groviglio decisamente poco attraente? Per fortuna che il Villaggio Olimpico è dalla parte completamente opposta..
Ma di cosa parliamo?
Se non trasferiscono le aziende ovviamente un luogo abitato al 30% rimane vuoto e desolato.
Devono riempirlo di persone per rivitalizzarlo.
Ovviamente.
A parte la statale ci sono progetti di trasferimento?
È questa domanda che dovete porvi.
Il resto seguirà.
Come mai nessuna menzione sulla fermata dei treni MIND e del collegamento che la passerella ridarà con Cascina Merlata?
Continuo a trovare incomprensibile come si sia potuto progettare e realizzare un evento così grande senza la minima idea del dopo. A dieci (10!) anni di distanza il luogo ha l’aspetto di un aeroporto abbandonato e qualche vaga idea di cosa realizzare. A mio parere, assurdo.
Almeno a parole, sembra che tanto cattivo esempio sia servito almeno per far porre la questione del dopo sulle opere che si stanno realizzando per le Olimpiadi. Speriamo.