Oramai da lungo tempo Chinatown è il nome attribuito nel gergo comune e giornalistico al quartiere che si sviluppa lungo via Paolo Sarpi. Si tratta di una delle comunità straniere (in questo caso orientali e cinesi in particolare) più radicate in città.
La presenza cinese ha avuto inizio intorno al 1920 con una massiccia immigrazione dalla regione dello Zhejiang, giunta qui per lavorare la seta e insidiatasi in questa zona fino ad allora conosciuta come Borgo degli Ortolani e che ruotava attorno alla chiesa medievale e barocca della Santissima Trinità (chiesa demolita tra il 1950-1960). Qui, a ridosso del cimitero Monumentale e delle ferrovie, si trovavano diversi magazzini e laboratori.
Infatti i palazzi che formarono la zona già alla fine dell’Ottocento avevano grandi cortili con magazzini e venne naturale l’insediamento artigiano in questa zona. Già durante il fascismo il quartiere era chiamato “quartier generale dei cinesi“. Dalla seta si passò alla pelle durante la Seconda Guerra Mondiale per necessità di fornire cinture militari ai contingenti italiani e tedeschi.
Così ecco la vocazione commerciale della zona in attività prevalentemente all’ingrosso di abbigliamento e pelletterie. Attualmente qualche attività si è lanciata in altri settori, come alimentari (supermercati), casalinghi, telefonia, alta tecnologia, fotografia, ottica, servizi per gli immigrati, agenzie viaggi e internet point.
Chinatown milanese parte da Porta Volta e Piazzale Baiamonti si sviluppa verso nord ovest lungo via Paolo Sarpi, mentre a sud si sviluppa già all’altezza di via Giannone lungo la via Bramante salendo sino al piazzale del Cimitero Monumentale. Sul versante ovest il limite è via Canonica sino a piazza Gramsci.
Via Paolo Sarpi fu rifatta tra il 2010 e il 2011 in un intervento di riqualificazione urbana mirata soprattutto a mettere ordine all’indisciplinato commercio che si era sviluppato nella zona. La riqualificazione della via è stata attuata con una pavimentazione in pietra per tutta la sua lunghezza, ornata di aiuole ed alberi, con la possibilità di un transito ciclabile, e automobilistico solo con permessi o per residenti. Le architetture che caratterizzano la via sono molto belle in alcuni casi, eleganti palazzi di fine Ottocento e primo Novecento.
Spesso in alcuni portoni vale la pena infilare il naso e osservare come il complesso di laboratori ottocenteschi che si trova al civico 29 di via Bramante.
Rimanendo in via Bramante segnaliamo questo stupendo edificio al 39, decorato in terra cotta e che forse andrebbe un po’ restaurato. Recentemente è stato sopralzato di un piano.
Di fronte ci sono le palazzine un tempo dell’azienda elettrica e oggi in fase di riqualificazione e restauro.
Le vie adiacenti a via Paolo Sarpi sono influenzate anch’esse dalla comunità cinese, come si vede dalle immagini che abbiamo raccolto lungo via Canonica, via Lomazzo e via Rosmini.
A nord del quartiere proseguono i cantieri di Porta Volta, l’Hotel e le residenze lungo via Nicolini.
In via Rosmini, all’angolo con via Giusti si trova la nuova chiesa della Santissima Trinità, edificata dopo che l’antica (alcune parti erano medievali) chiesa fu abbattuta per motivi di trasformazioni urbane mai completate.
Un’immagine della vecchia chiesa della Santissima Trinità negli anni Venti. Qui la storia della chiesa e della ricostruzione.
Come ogni Chinatown che si rispetti anche quella milanese ha la sua festa di capodanno cinese, con tanto di corteo e dragoni che almeno una volta vale la pena di vedere.
Bravi, ottimo pezzo, avete fatto bene a ricordare che quella milanese, a differenza di quartieri analoghi in altre cità italiane, è una Chinatown “storica”.
Non ho la fonte sottomano, cito a memoria, ma ricordo di aver letto che i primi insediamenti di cinesi a Milano datano dalla fine dell’800, quindi molto prima degli anni ’20, e che si dedicavano a fare cravatte con la seta, appunto, cinese.
va ricordato che dal 1901 l’Italia aveva una seppur piccola concessione in Cina, a Tientsin, che può avere favorito l’interscambio.
No comment sulla demolizione della chiesa e la sua sostituzione con l’ingresso di un mobilificio (con tanti saluti ai vari Woody Allen da vernissage de’ noantri che si precipiteranno a dirmi che non capisco niente di architettura contemporanea).
Cosa c’entra il povero Woody?
Comunque la Chiesa non andava demolita e quella che la sostituisce è molto brutta.
Anche il nuovo Albergo m sembra dozzinale… solisti specchi.
Perché nei film di Woody Allen c’è sempre il personaggio dello snob che ai vernissage fa commenti pseudo intellettuali su qualche improbabile pezzo d’arte contemporanea 🙂
La vecchia Chiesa è stata vittima del solito piano Urbanistico Milanese…
Meno male che ultimamente all’Urbanistica abbiamo avuto un Avvocato Amministrativista ed un Laureato in Scienze Politiche. Che sicuramente sono estimatori di Woody Allen, ma son anni luce meglio di chi abbia studiato Urbanistica (senza offesa: guardo solo ai risultati a Milano ed in Italia…)
Come ricordo spesso, anche le Vele di Scampia e il Corviale a Roma ai loro tempi sono finiti sulle riviste di architettura come quartieri modello, ma oggi nessuna persona sana di mente si azzarderebbe a dire che sono belli.
Ultimo di questa serie metterei il vilaggio Expo, dove non abiterei nemmeno se un appartamento me lo regalassero.
Com’è come non è, avete notato che architetti e urbanisti non abitano mai nei quartieri “modello” che progettano, ma sempre in splendide dimore d’epoca ristrutturate in pieno centro, oppure in aperta campagna?
Sicuramente evidenziati gli aspetti positivi del quartiere, bellissimo e vicinissimo al centro, peccato che chi ci è nato e ci vive è ormai costretto anche al degrado e all’illegalità prosperante a causa delle attività all’ingrosso….