Milano | Porta Monforte – La chiesa fantasma di Santa Maria di Caravaggio

Grazie al sapiente lavoro di ricerca condotto dall’appassionato di storia milanese e nostro amico Andrea Rui, possiamo mostrarvi approssimativamente come poteva apparire una delle tante chiese scomparse di Milano. Questa in particolare è una chiesa della quale si sa veramente poco e della quale apparentemente non vi sono tracce, se non un affresco ben più antico conservato in essa e qualche raffigurazione in alcune mappe del 1600 e 1700. Quasi una chiesa fantasma. Si tratta della barocca chiesa di Santa Maria di Caravaggio in Monforte, oggi appellativo dato alla moderna chiesa del Ticinese, in via Meda.

Anzitutto l’appellativo dato al quartiere e al territorio: Monforte.

Correva l’anno 1028 quando circa trecento persone, fatte prigioniere, vennero trascinate fuori dalle mura orientali della città di Milano, per essere  bruciate vive in un campo non lontano da piazza San Babila (ne avevamo già accennato in un precedente articolo dedicato a Porta Monforte). 

Provenivano tutte da Monforte d’Alba, un piccolo paese della Langa del Barolo, dove nel 1020 si era diffusa l’eresia càtara. Nel 1028 Ariberto d’Intimiano, arcivescovo di Milano e vicario per l’Italia dell’imperatore tedesco Corrado II, recatosi a Torino per una visita conoscitiva, aveva saputo della presenza di questa comunità e, dopo aver convocato il loro capo Gerardo per interrogarlo, vista l’indisponibilità ad abiurare  il suo credo, fece assediare ed espugnare il castello di Monforte prendendone prigionieri gli abitanti e conducendoli  fino a Milano. Qui, fuori dalle mura cittadine, la maggior parte di essi, piuttosto che abiurare la propria fede, decise di bruciare sul rogo in una delle pagine più tristi della storia di Milano. 

Questo episodio di violenza e barbarie impressionò a tal punto i cittadini milanesi che quel luogo prenderà il nome di Monforte dandolo anche alla pusterla che si apriva a quell’altezza e al borgo extra urbano che era sorto fuori dalle mura medioevali. Con la costruzione dei bastioni spagnoli, questa zona, considerata il giardino della città,  il Viridarium da cui il nome di Vivaio di una delle vie, si trovò in un perimetro chiuso e la strada che la percorreva (l’odierno Corso Monforte) andò a terminare contro le mura.

La Madonna di Caravaggio

In questo luogo fuori le mura medievali chiamato Monforte, si trovava la proprietà dei fratelli Rigola e, affrescato sul muro esterno del loro giardino, vi era un dipinto raffigurante l’apparizione della Beata Vergine a Caravaggio, realizzato agli inizi del 1500 in stile bramantinesco.

Nella prima metà del XV secolo la zona di Caravaggio era interessata da una continua lotta tra il Ducato di  Milano e la Repubblica di Venezia che si contendevano in particolare la località di Gera d’Adda. Secondo la tradizione cattolica, il 26 maggio del 1432 ad una contadina del luogo, tale Giannetta de’ Vacchi, vessata da un marito ubriacone e violento, apparve la Madonna che le riferì un messaggio di pace da portare al Signore di Caravaggio e a Filippo Maria Visconti, duca di Milano. Si racconta che nel luogo dell’apparizione nacque una sorgente d’acqua che, ritenuta miracolosa,  attirò presto numerosi pellegrini e rese necessaria la costruzione di una cappella. Nel 1575 per volontà dell’arcivescovo Carlo Borromeo la cappella venne sostituita dall’odierno santuario opera dell’architetto Pellegrino Tibaldi.

Tornando all’affresco milanese, fu nel 1691 che gli  venne attribuito il primo miracolo, la guarigione da una forma depressiva di Giuseppe Gerenzano, lo speziale dell’ospedale del castello. Questi fece poi costruire in quel luogo una piccola cappella che attirò numerosi fedeli e cospicue elemosine. Il 17 settembre del 1693, su pressione del Gerenzano, il Senato milanese nominò come protettore della cappella il marchese Cesare Pagani che si impegnò con i soldi delle offerte a costruire in quel luogo un edificio religioso adeguato.

La residenza del marchese si trovava nella corsia del Giardino, l’attuale palazzo Brentani Greppi in via Manzoni, dove, all’altezza del primo piano, aveva fatto murare un’immagine a rilievo rappresentante l’apparizione della Vergine alla contadina di Caravaggio come si vede in questo antico disegno che riportiamo di seguito.

Nel 1694 venne approvato il progetto e il 12 giugno si procedette alla posa della prima pietra. La costruzione della chiesa avvenne in due fasi successive di cui per certo si sa solo che la seconda venne diretta da Giovanni Ruggeri, architetto romano presente in città dal 1693, autore di palazzo Cusani in via Brera.

Inizialmente la chiesa era costituita da un’unica navata che inglobava l’antico muro affrescato e da due cappelle laterali dedicate una a Sant’Onofrio e l’altra a Sant’Antonio da Padova. Nella prima cappella si trovava una raffigurazione di Sant’Onofrio eremita dipinta dal pittore Paolo Pagani in collaborazione con Antonio Francesco Peruzzini che ne realizzò il paesaggio sullo sfondo. Sull’altare di fronte un altro dipinto del Pagani, un Sant’Antonio visitato da Gesù bambino in un tripudio di angeli. Entrambi i dipinti sono oggi dispersi.

La relazione tra il pittore ed il nobile Cesare Pagani che fu per lui mecenate, committente ed impresario fu molto stretta tanto che l’artista, per agevolare l’adozione di suo figlio Angelo da parte dell’omonimo marchese, privo di eredi diretti, arrivò addirittura a  realizzare una serie di documenti falsi che facevano discendere la sua famiglia addirittura da Ismaele, figlio illegittimo di Abramo.

I Padri Trinitari Scalzi e gli indizi per l ricostruzione della chiesa

Nel 1702 i Padri Trinitari Scalzi della Congregazione di Spagna diventarono i nuovi custodi dell’affresco per volontà testamentaria del castellano del castello di Milano, Fernando González de Valdés, che morendo lasciò in eredità all’ordine il denaro necessario per fondare un nuovo convento vicino alla chiesa che, nel frattempo, era diventata di loro proprietà per concessione del Consiglio dei 60 Decurioni.

La missione principale dell’ordine trinitario, fondato nel 1193 da Giovanni de Matha, era il riscatto degli schiavi fatti prigionieri dai pirati musulmani negli assalti in mare e nelle scorrerie a terra. I Trinitari visitavano mercati, prigioni e luoghi di lavoro e, trattando con autorità e padroni, liberavano con regolare scrittura di riscatto gli schiavi che, tornati in patria, venivano accolti dalla comunità con una grande cerimonia religiosa.

È proprio grazie a tre incisioni realizzate in occasione di queste cerimonie che possiamo tentare di ricostruire com’era l’aspetto della chiesa dopo che, venduti i beni ereditati dal castellano de Valdes, venne ingrandita dai monaci su  progetto dell’architetto Ruggeri.

Nella prima incisione è raffigurata la processione del 1742 che dal Duomo torna nella chiesa di Santa Maria di Caravaggio in Monforte di cui si intravede parte della facciata. 

Ma è la seconda stampa che ritrae la cerimonia del 1750 quella più interessante perché l’autore descrive con precisione l’ultimo tratto del borgo di Monforte, con palazzo Isimbardi, ai tempi appartenente alla famiglia Lambertenghi che, dopo aver aggiunto due nuove ali laterali, aveva apportato all’edificio numerose modifiche in stile barocco come i nuovi portali, il balconcino al centro della facciata e le cornici in stucco intorno alle finestre. 

In fondo alla strada la chiesa con il campanile in facciata ed il tiburio ottagonale descritti con buona precisione dall’artista. 

La terza incisione meno precisa riprende la processione del 1764 e conferma la vista precedente con lo slargo appena fuori la chiesa ed il cancello che dava accesso al giardino adiacente.

I lavori sull’edificio vennero terminati in tempi successivi  e cominciarono con la realizzazione di un nuovo transetto che avrebbe ospitato i confessionali. Al centro di quello di sinistra si trovava l’altare con l’affresco della Beata Vergine di Caravaggio che nel 1745 verrà poi trasportato sopra l’altare maggiore sostituendo un un dipinto andato disperso, che rappresentava la Santissima Trinità con alcuni Santi dell’Ordine dei Trinitari opera del pittore Michelangelo Bellotti.  Sull’altare del transetto verrà collocata la statua di Gesù Nazareno venerata dai Trinitari Scalzi.

Nel 1706 fu terminato il campanile e nel 1727 venne firmato un contratto con Antonio Brunelli per collocare nella cantoria sopra la facciata un organo.

Solo nel 1741 vennero trovati i fondi per costruire la cupola affidando il progetto all’architetto Gaetano Matteo Pisoni.  La cupola a costoloni poggiava su un tiburio poligonale ed era illuminata da una lanterna su cui era posta una grande palla in rame con una croce di ferro. Venne ulteriormente ampliato il coro con un abside semicircolare e due cappellette per delle funzioni riservate ai governanti affiancarono il presbiterio consentendo al tempio di diventare chiesa regia. Nel transetto di destra venne aperto un nuovo ingresso preceduto da un pronao sorretto da colonne a cui si accedeva dalla passeggiata dei bastioni. Sopra la facciata della chiesa venne posta l’insegna reale spagnola mentre all’interno si trovava già dal 1708 il monumento funebre di Fernando Gonzales de Valdes di cui rimangono pochi frammenti nei depositi del Castello Sforzesco.

Come abbiamo pertanto visto, l’illustratore Andrea Rui, grazie a tutte queste dettagliate incisioni, compresa quella che segue – l’interno della chiesa in una stampa disegnata da Marc’Antonio Dal Re, che mostra il Catafalco funebre di Doña Ercola de Rasini nella Chiesa de RR. PP. Trinitarij Scalzi di Monforte in Milano, 1741 (Milano, Castello Sforzesco, Civica Raccolta delle Stampe «Achille Bertarelli») – è riuscito a ricostruire e riportare alla luce Santa Maria di Caravaggio.

La processione di presentazione degli schiavi liberati dai Trinitari Scalzi

La processione di presentazione degli schiavi liberati dai Trinitari Scalzi partiva da Santa Maria di Caravaggio in Monforte per giungere in Cattedrale per la cerimonia. Nell’incisione del 1742 vediamo il corteo nel percorso di ritorno con, in testa,  tre bambini vestiti da angioletti che reggevano lo stendardo dell’ordine trinitario, seguiti da tre confraternite di Milano, quella di San Pietro in Lino (altra chiesa scomparsa), quella del Riscatto e quella di Gesù Bambino. Seguiva il gruppo un’uomo travestito da angelo che trascinava due finti schiavi in catene uno bianco e uno nero a figurare l’impresa della religione, seguiti da tre finti turchi a rappresentare il re del Marocco e i Pascià di Algeri e Tunisi. Dietro di loro due uomini in divisa da soldati turchi trascinavano dei finti schiavi in catene seguiti da due fanciulli vestiti da religiosi che portavano con se la borsa con il denaro del riscatto e gli scapolaretti dell’Ordine dei Trinitari già consegnati ad altri finti prigionieri che, seguendoli, li portavano al collo. Finalmente arrivavano i Trinitari che, aiutati da fanciulli vestiti da angeli accompagnavano gli schiavi e le schiave recuperati, seguiti da tre dei Padri vestiti con il Piviale, il cerimoniere e gli assistenti. Chiudevano il corteo la statua di Gesù Nazareno trasportata su un baldacchino ed un seguito della più scelta nobiltà cittadina con in mano una torcia accesa.

La statua, vestita di broccato d’oro con fondo violaceo, raffigurava un Cristo coronato di spine con le mani incrociate sul petto e legate da corde ed era la copia di quella del Jesus Nazareno de Medinaceli.

Questa aveva una storia particolare che cominciò nel 1614 quando le armate spagnole presero possesso  di una piccola fortezza, quella di Mamora (o San Miguel de Ultramar). Qui, nel 1645, si insediò una comunità di cappuccini provenienti dall’Andalusia e, all’interno della loro chiesa,  collocarono una statua  raffigurante  l‟Ecce Homo” che nel 1681, quando la fortezza cadde nelle mani dei “mori”, fu trasportata insieme ai prigionieri a Mequínez residenza del sovrano Mulay Ismael. Fu il Trinitario Scalzo padre Pedro da Los Angeles a riscattare i prigionieri e la stessa statua che, dopo essere stata oggetto di gesti infamanti,  secondo la leggenda, dovette essere pagata tanto oro quanto pesava. Miracolosamente bastarono solo trenta monete per ottenerne il riscatto, come i danari del tradimento di Giuda.  La statua fu trasportata a Madrid e conservata nel convento dei Trinitari, presso il quale qualche anno più tardi, a spese del duca di Medinaceli, fu costruito un edificio sacro destinato ad accoglierla.  L’espansione del culto del Jesús de Medinaceli, come da allora venne conosciuto, fu notevole, favorita soprattutto dai Trinitari che erano tenuti ad esporre una copia della statua in ogni loro chiesa conventuale. 

Con la soppressione dell’Ordine Trinitario avvenuta nel 1783 per volontà di Giuseppe II d’Asburgo chiesa e convento passarono sotto il possesso del Fondo di Religione e tre ex Trinitari vestirono l’abito sacerdotale per occuparsi delle celebrazioni liturgiche visto che il tempio divenne sussidiario di Santa Maria della Passione.

Nel 1817 il disegnatore svizzero Heinrich Keller fece appena in tempo a inserire la chiesa nella sua vista panoramica di Milano prima che l’edificio venisse demolito per sempre.

Con la soppressione dell’Ordine dei Trinitari la chiesa aveva perso la sua funzione ed il suo stile tardo barocco era ormai inviso al gusto neoclassico dell’epoca. Inoltre per i milanesi era un retaggio dell’antica dominazione spagnola e di un passato che si preferiva dimenticare. 

Al suo posto venne costruita una bella scalinata che permetteva di raggiungere la passeggiata che percorreva le mura spagnole, resa carrozzabile dal 1750 ed alberata con ippocastani.

Nel 1889 verrà aperta una nuova porta nei bastioni con la costruzione di due caselli daziari demoliti già nel 1916 dopo lo smantellamento completo delle mura.

L’antico affresco è sopravvissuto ed è oggi nella vicina chiesa di Santa Maria della Passione, nella sesta cappella a destra dedicata proprio alla Madonna di Caravaggio, unico testimone di questa storia oggi dimenticata fatta di eresie, affreschi miracolosi, pirati e sultani, statue prodigiose e grandi cerimonie in un mondo dove la fede religiosa permeava l’intera vita  degli uomini. 

Di tutto questo, percorrendo oggi corso Monforte, non ne rimane traccia, camminiamo attraverso quella che era la navata della chiesa, vissuta solo 122 anni e poi consegnata all’oblio, un fantasma attraversato da migliaia di automobili che ogni giorno raggiungono il centro della città.

Al Link il video di YesMilano.com realizzato da Andrea Rui.

  • Referenze immagini: Milano Sparita, Roberto Arsuffi, Google, Castello Sforzesco Civica Raccolta delle Stampe «Achille Bertarelli», Andrea Rui, yesmilano.com
  • Fonti: testo Andrea Rui, “Le Strade di Milano” Newton Peridici 1991, “Le Città nella Storia d’Italia” – Milano, Edizini la Terza 1982,
  • Porta Monforte, Corso Monforte, Mura, Piazza Risorgimento, Piazza Tricolore, Viale Piave, Risorgimento, Corso Concordia, Corso Indipendenza
Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

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