Una torre di difesa di epoca romana facente parte delle mura della città, una chiesa antica sorta per volere di una donna violentata e umiliata. Questi sono gli inizi della creazione di un luogo sacro e importante. Poi convento e chiesa fatte sparire sul finire del Settecento. Riscoperte un secolo dopo quasi per caso. Oggi le vestigia le possiamo ammirare al Castello Sforzesco. Questa è la storia della misteriosa chiesa di Santa Maria d’Aurona.
Tutto è ricominciato tra il 1868 e 1il 1869, durante gli scavi per la costruzione della sede della Cassa di Risparmio in via Monte di Pietà a Milano, la Ca’ De Sass, perché vennero alla luce le fondazioni e i vari frammenti scultorei, circa un centinaio in pietra d’Angera, di una antica chiesa attribuita a un monastero femminile benedettino di età longobarda, di sicura importanza storico-architettonica. Gli antichi storici milanesi citavano questo convento scomparso come una fondazione reggia longobarda dell’anno 740 (per altri del 720), da qui nacque una discussione sull’antichità della chiesa tra gli archeologi che lavorarono al ritrovamento.
Il convento fu fondato, secondo la tradizione, per volontà di Aurona, figlia di Ansprando duca d’Asti, la quale, orribilmente mutilata nel volto dal rivale del padre, Ariberto II (duca di Torino), che le asportò palpebre, naso e orecchie, trovò protezione presso il fratello, il vescovo Teodoro II, e fondò l’ente nel 740, data riportata per la prima volta nella cronaca di Goffredo da Bussero (fine del XIII secolo) e ripresa da allora in altre cronache successive.
Un altro “terminus ante quem” per la fondazione è costituito dalla morte dello stesso vescovo Teodoro, supposto fratello di Aurona, il quale fu effettivamente sepolto in Santa Maria; il periodo del suo episcopato è situato fra il 732 ed il 746 circa.
Sulla base di questi dati e dall’analisi di un’inedita planimetria cinquecentesca del monastero pubblica nel 1944 dal De Capitani D’Arzago, vengono formulate ipotesi sulla pianta originaria dell’edificio sacro e viene affrontato il problema della collocazione funzionale dei reperti all’interno della struttura.
Il monastero si trovava nell’antica contrada della Cantarana (l’antica contrada del Monte di Pietà, già dei tre Monasteri, e ancora più anticamente della Cantarana, perché in epoca romana vi scorreva il fiume Seveso, abitato da rane gracidanti, che l’attraversava all’incrocio con la contrada di Brera), aveva occupato la parte orientale dell’attuale isolato tra le vie Andegari, Monte di Pietà, Romagnosi, con una chiesa annessa, a navata unica, addossata alle mura romane della città, di cui aveva inglobato una delle torri utilizzandola come campanile.
Dopo la morte di Aurona, l’imperatrice Angilberga aveva donato il complesso ai monaci di Sant’Ambrogio, donazione confermata nel 879 da Carlo il Grosso, re di Francia e imperatore di Germania ed Italia; pressocché distrutto da un incendio nel 1075, era stato ricostruito in stile romanico e dedicato a San Barnaba; dal 1585 al 1785, anno in cui chiesa e convento furono soppressi per decreto di Giuseppe II, era appartenuto alle Cappuccine di Santa Barbara, religiose di nobilissime stirpe. L’onnipresente Giuseppe Piermarini, architetto di corte nel 700, aveva quindi adattato il soppresso convento a palazzo del genio militare: questo fu teatro, il 19 marzo 1848, delle gesta di Pasquale Sottocorno durante le Cinque giornate di Milano. Abbattuto anche il palazzo piermariniano, Giuseppe Balzaretti, patito dello stile antico, vi ha infine edificato alla fine della carriera, tra il 1868 e il 1871, la nuova sede della Cassa di Risparmio. Quest’opera fu popolarmente chiamata, per i suoi bugnati e per l’aspetto massiccio, la Ca’ de Sass: greve imitazione dello stile fiorentino cinquecentesco. Durante i lavori di scavo per le fondamenta furono per l’appunto rinvenuti numerosi frammenti architettonici e scultorei della chiesa di Santa Maria da Aurora: donati al Museo Patrio di Archeologia, ora esposti nelle Civiche raccolte d’Arte del Castello Sforzesco, suddivisi in due gruppi, altomedievale e romanico.
Una curiosità: su uno dei capitelli è raffigurata la Sirena biforcuta (a due code) tanto famosa ora grazie al logo di Starbucks.

Alcuni dei frammenti e dei capitelli conservati al Castello Sforzesco
Fonte: Le chiese di Milano 2006 di Maria Teresa Fiorio; Milano – le Chiese scomparse 1999
Bellissimi questi articoli, fanno riflettere tantissimo sulla pregnanza nel presente della Storia. Unica cosa però, citerei le fonti delle informazioni per una maggiore correttezza e completezza.
Grazie, hai ragione, e spesso me ne dimentico. Ho provveduto a correggere.