Milano | Pratocentenaro – Il quartiere antico e poco conosciuto

Pratocentenaro… come Calvairate, un quartiere oramai sparito nella memoria degli abitanti, e ricordato solo quando il Seveso esonda.

Il nome poteva esser salvato chiamando la nuova fermata della M5 Ca’ Granda con Pratocentenaro, ma si è preferito dare un nome più “famoso”, così Pratocentenaro pian piano sparirà, ricordato solo nel nome della nuova chiesa di San Dionigi e da due insegne poste nella zona, oramai più famosa come Niguarda anche per la presenza del vicinissimo Ospedale Maggiore.

Il Nome si ritiene derivi dai “centenari” i quali nelle antiche età longobarde regolavano le “centone” o distretti, abitati da cento famiglie. Sembra che in queste pianure all’epoca si tenessero i loro raduni per le assegnazioni.

Pratocentenaro era quindi un borgo molto antico: la prima citazione su una fonte storica risale al 1078, in riferimento al possedimento di un terreno, da parte di un tale Lanfranco Pila e Frasia, sua moglie, che lasciarono all’ospedale di San Simpliciano otto jugeri di terreno in località Prato Centenaro. Da allora la giurisdizione della località fu gestita dai frati di San Simpliciano, successivamente passarono sotto la parrocchia della vicina Niguarda.

Perciò fin dal Medioevo la vita della piccola comunità residente in “loco Prato Centenario” fu strettamente legata alle fondazioni religiose che offrivano possibilità di lavoro e di assistenza ad una popolazione certamente non facoltosa e consueta alla dura vita dei campi.

Nel 1618 i popolani (circa 300) ottennero dal Cardinale Federico Borromeo di essere separati dalla chiesa di Niguarda e di erigere a parrocchia la loro antica chiesa di San Dionigi.

Nell’ambito della suddivisione del territorio milanese in pievi, apparteneva alla pieve di Bruzzano.  Registrato agli atti del 1751 come un villaggio di 206 abitanti saliti a 236 nel 1771, alla proclamazione del Regno d’Italia nel 1805 il comune contava 283 residenti. Fu proprio in età napoleonica, dal 1808 al 1816, che Precentenaro fu aggregata per la prima volta a Milano, ma recuperò poi un’effimera autonomia con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto, l’amministrazione politica del Regno Lombardo Veneto (costituita da personaggi austriaci) non desiderava infatti che Milano si ingrandisse oltre un certo limite, sia in termini di cittadini che di estensione territoriale. Pratocentenaro fu infine aggregata a Segnano nel 1841, seguendone le sorti, infatti divennero entrambe frazioni di Greco Milanese nel 1863 con lo spostamento della sede comunale. Nel 1923, come molti altri paesi che coronavano la periferia di Milano venne inglobato nel Comune della grande città.

Di seguito due immagini a confronto di come poteva apparire Pratocentenaro nel primo Novecento e oggi.

 

Altre mappe che mostrano la posizione e la struttura del villaggio.

 

Giungendo da Niguarda si poteva imboccare via del Riposo, l’attuale via Koerner, chiamata così per via di un piccolo cimitero. Cimitero che nel piccolo borgo venne spostato più volte. Percorrendo la via del Riposo si giungeva in via della Chiesa dove si trovava la parrocchiale del borgo, San Dionigi.

Per quanto risulti che a Prato Centenaro (com’era chiamato in origine) esistessero due chiesuole, San Dionigi era la più importante e si trovava al centro del borgo. La chiesa antica subì un primo ampliamento con l’erezione del coro sulla porta di entrata, occupando la piazzetta antistante. Sul retro scorreva una roggia chiamata come il paesino. Sul finire dell’Ottocento subì un nuovo ampliamento, ideato dall’architetto igegnere Enrico Strada, il quale riformò la pianta della chiesa dandole forma di croce. A destra della facciata, un po’ arretrata e leggermente incuneato nella navata, si ergeva il campanile molto alto e snello coronato da una cuspide. L’interno era a navata unica con cinque campate, oltre il transetto e il presbiterio. Oltre all’altar maggiore, vi erano altri due altari minori, uno dedicato al Sacro Cuore e l’altro dedicato a San Giuseppe. Gli archi e le volte erano sostenute da lesene, terminate da capitelli d’ordine ionico. La chiesa non aveva nulla che destasse interesse artistico. La piccola chiesa subì gravi danni durante i bombardamenti del 1943, tanto che dopo la fine della II Guerra Mondiale venne completamente abbattuta, così come il piccolo borgo.

Accanto alla chiesa di S. Dionigi sorgeva un piccolo oratorio dedicalo a Maria Nascente documentato nel 1564 e che nel 1601 venne demolito per far spazio alla casa del curato. La chiesetta poteva avere origini precedenti in quanto la dedicazione mariana è tipica delle fondazioni umiliate.

 

Di fronte alla chiesa vi era l’ingresso, anticipato da due pilastri decorati con vasi, di Villa Litta, dal nome del proprietario, il marchese Carlo Litta.

Si trattava di una residenza settecentesca per la villeggiatura, come per molte altre famiglie nobili milanesi, al pari della Bicocca degli Arcimboldi, della villa Trotti o ancora della villa Clerici a Niguarda. Anche se oggi una tale affermazione (residenze per la villeggiatura) può far sorridere, un tempo le aree periferiche alle città costituivano i principali luoghi di riposo e divertimento per i signori e i nobili in generale. Come si vede dalla foto che segue, la villa aveva un grande cortile e un grazioso porticato d’ingresso. Tutto questo sparì grazie ai bombardamenti e alla “necessità” di ricostruire e costruire nuove abitazioni, quelle che oggi “deliziano” il blocco lungo Via Guglielmo Koerner (chimico, 1839-1925), cintato da viale Fulvio Testi, Via Pianell, Viale Suzzani e via Santa Monica.

Pratocentenaro l’ingresso di Villa Litta 1938 – 40

 

Pratocentenaro - Viale Fulvio Testi incrocio Pianell 1960-63
Pratocentenaro – Viale Fulvio Testi incrocio via Pianell 1960-63

Sino agli anni Sessanta del Novecento sopravvisse una cascina lungo via Koerner, abbattuto per far posto all’odierno parcheggio con distributore di carburante.

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Il passato agricolo della zona, come gran parte dell’area milanese, era dovuto anche a una importante presenza di corsi d’acqua, infatti, oltre alla roggia Pratocentenaro, vi era non lontano il fiume Seveso, che in questa zona spesso esondasse (ma guarda un po’). Forse perché questo povero fiume sin dall’antichità è stato forzato dall’uomo ad incunearsi in cunicoli posti sotto le strade (sin dall’epoca romana venne deviato e suddiviso).

Eccoci nella Pratocentenaro moderna, partendo da Via Cino da Pistoia, via che porta alla fermata della M5 Ca’ Granda, dove troviamo alcuni palazzi d’epoca (primo Novecento) sorti ancora quando il borgo era percepibile con la vecchia villa e la vecchia chiesa.

 

Pratocentenaro_Vie_Pianell_Pistoia

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Altro edificio “d’epoca” è il lungo caseggiato a graffiti che corre lungoVia Val Maria, nuovo nome della più antica via Michele de Angelis che negli anni ha anche modificato il suo tracciato e che arrivava, all’incirca, davanti all’Ospedale Maggiore.

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Qui si trova l’odierna San Dionigi, la cui prima pietra venne posata l’11 febbraio del 1938, in concomitanza con l’anniversario dei Patti Lateranensi, cioè gli accordi di mutuo riconoscimento tra il Regno d’Italia e la Santa Sede sottoscritti l’11 febbraio 1929. Dal Liber Kronicus, conservato nell’ Archivio Parrocchiale, venne riportato che il Cardinal Schuster in visita pastorale all’antica chiesa di San Dionigi per la prima volta nel 1934. In quell’occasione l’arcivescovo si rese conto che Pratocentenaro, nonostante mostrasse un aspetto ancora rurale, prometteva uno sviluppo edilizio e di popolazione non indifferente: erano segni evidenti di questo la nuova Manifattura Tabacchi e l’Ospedale Maggiore, la cui costruzione era iniziata ne! 1932. I lavori di ristrutturazione della vecchia chiesa, promossi dal parroco don Enrico Colombo dopo la prima guerra mondiale, non sarebbero stati sufficienti alle nuove esigenze di culto.

Il progetto originario della chiesa, sostanzialmente rispettato nella costruzione, era opera dell’architetto Pietro Palumbo e prevedeva un’ampia aula di tipo basilicale, con il presbiterio sopraelevato, l’altare maggiore dotato di ciborio, e il soffitto in legno con semplici decorazioni policrome. La struttura in mattoni a vista, così come l’impianto architettonico e la facciata a capanna, rispondevano al recupero di un gusto romanico e paleocristiano.

Peccato, come abbiamo notato noi, davanti alla chiesa si trovi un grande slargo senza nome e senza forma. Auto parcheggiate ovunque e che invece potrebbe essere una piazza pedonale, magari intitolandola a Pratocentenaro, giusto per ricordarne il nome.

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Girano dietro a questo blocco di case ci troviamo in Via Moncalieri, dove troviamo il grande quartiere di case popolari di Niguarda.

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Qui l’area dei negozi, a dire il vero tristemente vuota, è oggi usata come parcheggio.

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In compenso di fronte si trova il mercato comunale, realizzato negli anni Cinquanta, appare bisognoso di interventi e forse di un rinnovo generale. Unica cosa graziosa sono i bei murales realizzati recentemente.

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Ed eccoci in Via Valfurva, via larga anche perché sotto scorre il fiume Seveso, uno dei principali luoghi dove il torrente esonda spesso, procurando grandi disagi agli abitanti. Al posto del torrente ora vi è un bruttissimo parcheggio e ci sorge spontaneo chiederci perché il Comune non trovi una soluzione più bella e più umana di quest’angolo di città. Sul lato dispari, al 9, si trova il Centro Balneare Scarioni di Milanosport. All’angolo con via Val Maria vi sono dei lavori per pozzi di captazione

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Va bene che in Via Val Maira si tiene ogni giovedì il mercato, ma questo enorme spiazzo potrebbero alberarlo con grandi piante, almeno questa sensazione di “cementificazione” sarebbe attenuata.

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Ed eccoci arrivati al confine meridionale del quartiere di Pratocentenaro, Viale Ca’ Granda. Grande viale alberato tutto sommato gradevole, pur essendo circondato da case popolari.

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Tornando nella parte settentrionale del quartiere, incrociamo via Santa Monica, via larghissima con grandi aiuole lasciata di queste dimensioni per far posto ad una strada interquartiere mai realizzata, la famosa Gronda Nord. Sul lato dispari possiamo notare quel che rimane della Manifattura dei Tabacchi, fabbrica che era stata spostata in viale Fulvio Testi da via della Moscova negli anni Trenta, e oggi al centro di una ristrutturazione che prosegue molto a rilento.

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Concludiamo il giro segnalandovi il Centro Girola-Don Gnocchi, in Via Carlo Girola, posto al confine con Niguarda, un complesso sanitario che fu realizzato dalla Fondazione Girola nel 1959 come orfanotrofio per accogliere e formare ragazzi di famiglie disastrate dalla guerra.
La struttura è stata acquistata dalla Fondazione Don Gnocchi nel 1990 e, dopo un radicale intervento di recupero e riassetto, nel 1998 è stata destinata all’assistenza di anziani non autosufficienti. Negli anni ha ampliato e diversificato  la propria attività ampliandola alla riabilitazione del paziente, soprattutto anziano, in regime di degenza, ambulatoriale e domiciliare.

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Mentre sul lato opposto di via Pianell (più vero Segnano a dire il vero) si trova la bellissima scuola dell’Istituto Comprensivo Statale Arbe Zara.

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

7 commenti su “Milano | Pratocentenaro – Il quartiere antico e poco conosciuto”

    • Buongiorno. Ci tengo a farle i miei complimenti per la bella ricostruzione storica (sul none Prato Centenaro a me risultavano origini romane ma sappiamo tutti che è un rebus) ma anche per i sensati consigli sulla attualità. Ormai il nostro paese è stato cancellato dalla follia edificatoria e dalla ignoranza degli anni ’50, ma almeno restituiteci il nome e un po’ di verde… aspetto un suo lavoro analogo su Segnano e Segnanino!

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  1. buongiorno
    ho delle scansioni di altre foto di via pianell in bianco e nero, se interessano. non mi chieda pero’ da dove arrivano perche non lo sappiamo (per problemi di copyright non so se si possono pubblicare).
    saluti

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  2. I caseggiati nella foto dopo il paragrafo “Altro edificio “d’epoca” è il lungo caseggiato a graffiti che corre lungoVia Val Maria, nuovo nome della più ” sono le coorti degli Oggioni e Rusmini da cui derivano molte delle attuali famiglie della zona.

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  3. Gran bel lavoro, grazie! Per le foto e la storia antica. Sarei interessato ad ulteriori dettagli sul vechio cimitero e sulla via del riposo – dove abito 🙂
    Sapete indicarmi qualche fonte accessibile?

    ps la fermata M5 si chiama Ca’ Granda, ma all’interno della stazione il nome è accompagnato da “Pratocentenaro”, piccola soddisfazione per i residenti. E il piazzale della chiesa ha la sua targa stradale “Pratocentenaro”, fortemente voluta, se ben ricordo, dall’allora parroco Mons. Palumbo (mica parente dell’architetto?)

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