Milano | Le interviste di Urbanfile: Antonella Ranaldi, Soprintendente Milano

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Ogni articolo che racconta Milano e i suoi mutamenti suscita dibattito e spesso i nostri lettori ci chiedono quale sia il ruolo della Soprintendenza nei progetti che riguardano la città.

Ci è parso dunque interessante intervistare l’Arch. Antonella Ranaldi, Soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Milano per farci spiegare nel dettaglio in cosa consista il suo lavoro e quali siano gli ambiti di intervento.

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Quali sono i criteri secondo cui un bene è sottoposto a tutela e un altro, magari secondo l’opinione pubblica più interessante, invece non lo è?

Il criterio di base è il riconoscimento di valori. La valutazione è di carattere tecnico e ricognitivo. Le soprintendenze e gli altri uffici sono organi tecnici al cui interno lavorano archeologi, storici dell’arte, architetti e l’analisi accerta se un edificio, un giardino, una piazza, ma può trattarsi anche di altro genere di opere (come quadri, sculture, etc.),  esaminati nella consistenza fisica e materiale costituiscano una testimonianza dal punto di vista culturale rappresentativa di un filone artistico o legata a  personalità o eventi di rilievo.

La dichiarazione dell’interesse (in gergo il vincolo) è l’atto che sottopone il bene culturale a specifiche disposizioni di tutela che limitano gli usi e gli interventi possibili.

Gli edifici pubblici in quanto tali se hanno più di settanta anni sono sottoposti per legge a tutela, fino a quando non venga verificato l’interesse. L’ente a cui l’edificio afferisce presenta la richiesta di verifica che viene esaminata da una commissione composta dai soprintendenti, dal direttore del Polo, dal Segretariato, ovvero dagli uffici dei beni culturali presenti nella regione. La valutazione collegiale e attraverso l’esame da parte di più uffici dell’interesse culturale è stata introdotta dalla recente riforma per ridurre il rischio di arbitrarietà di giudizio.

Tutto parte dall’accertamento dell’interesse culturale: valutarlo significa capire se un determinato manufatto abbia valori che debbano essere salvaguardati, ossia trasmessi nel tempo.

Un piano urbanistico, ad esempio,  può essere variato nel tempo, mentre un edificio quando viene tutelato lo è per sempre.

La soprintendenza negli ultimi anni è stata impegnata principalmente nelle verifiche di interesse, ovvero si è occupata di quegli edifici pubblici che sarebbero tutelati per legge e per i quali si rende necessario accertare la sussistenza o meno dell’interesse culturale; esistono spesso situazioni limite in cui l’interesse non è così conclamato.

Per gli edifici privati è necessario invece avviare un procedimento apposito per iniziativa della Soprintendenza che ne valuta o meglio ne riconosce il “particolare interesse culturale”per passare poi all’esame della commissione che decreta il vincolo.

Molti edifici a Milano hanno i requisiti per essere tutelati e non lo sono ancora; penso all’importante capitolo dell’architettura moderna. Si è partiti da un’operazione di schedatura (che è anche on line) che ha selezionato circa 500 edifici significativi. Anche molti edifici realizzati prima della Seconda Guerra Mondiale, come quelli di Giovanni Muzio, meriterebbero maggiore attenzione.

Milano presenta casi particolari. Alcune tutele risalgono a prima della guerra, anche su edifici che non esistono più perché bombardati. Con il venir meno del bene viene meno anche la tutela, ma in realtà serve un apposito decreto per eliminarla. Molte tutele riguardano i giardini privati, grazie all’iniziativa del Soprintendente Gino Chierici negli anni Trenta che vincolò a tappeto gran parte dei giardini milanesi .

L’esame di partenza dovrebbe riguardare la consistenza del patrimonio sulla città.

E’ un capitolo aperto sul quale bisognerà certamente impegnarsi.

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La valutazione può essere partecipativa?

Molti si pongono questa domanda. Sono le persone che abitano un luogo a dover determinare quali siano gli edifici da tutelare o questo giudizio deve essere esclusivamente della Soprintendenza? In realtà nella valutazione del giudizio anche la cognizione e la percezione della collettività viene presa in considerazione.

Non è facile definire dei parametri fissi e oggettivi.

Recentemente c’è un sentimento di partecipazione nelle scelte sulla città e questo è molto positivo. Se un edificio viene considerato importante da chi vive la città anche questo è un fattore che rientra negli elementi di giudizio ma non può essere il solo altrimenti si creerebbero delle situazioni molto diverse tra edifici tra loro simili che però non suscitano il medesimo interesse tra gli abitanti,  pertanto più a rischio degli altri.

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Perché nel caso di sostituzione edilizia non si applica quasi mai a Milano la regola del “com’era/dov’era” che invece viene spesso applicata all’estero (vedi il caso di Dresda)

Dopo le distruzioni belliche, il criterio della ricostruzione “com’era/dov’era” è stata la strada intrapresa per molti  edifici e soprattutto in quelli di maggiore rilievo. Pensate alla Galleria Vittorio Emanuele II che, profondamente danneggiata dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, venne restaurata e ripristinata nelle parti  crollate. Grazie al veto della soprintendenza, la sua copertura di vetro venne ricostruita; diversamente, la proposta iniziale prevedeva la sua sostituzione in vetrocemento.

Per l’edilizia minore, nei vuoti del tessuto edilizio, dovuti ai bombardamenti o a deliberate nuove costruzioni, le scelte sono state diverse,  come dimostra il caso della Torre Velasca, simbolo della ricostruzione post bellica,  realizzata secondo un linguaggio moderno pur essendo stata tacciata di eccessivo tradizionalismo. Milano ha visto nel tempo molte sostituzioni che hanno generato anche molte architetture d’autore e architetture minori d’autore.

Quando si decide di ricostruire è doveroso porsi molti interrogativi sull’esito che avrà un progetto; a mio parere, non deve essere valutato negativamente la ricomposizione del tessuto edilizio con linguaggio contemporaneo. Meglio è palesare il linguaggio del proprio tempo piuttosto che replicare qualcosa che in effetti non è completamente riproducibile. L’autenticità è un valore da considerare e le copie di edifici non sono la stessa cosa degli originali.

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Parliamo di Porta Genova: in questi ultimi mesi il Ponte di Ferro è oggetto di lavori di ristrutturazione e la necessità di creare un passaggio alternativo ha evidenziato la presenza di un vincolo sul muro della stazione. Perché il muro è tutelato?

Per alcuni edifici è determinante la loro funzione, che ne detta la forma e la consistenza. Nel caso di Porta Genova la rilevanza è anche legata alla funzione che svolgeva tutto il plesso della Stazione.

Ci si domanda: una volta persa la funzione, avrà comunque senso conservare la stazione? Nel caso di Porta Genova l’esito della valutazione è stato positivo. Ha significato perché rappresenta un episodio generatore e un fondale del tessuto urbano circostante. Al momento sono sottoposti a tutela la stazione, gli edifici, il ponte e l’area compresa nel muro di recinzione.

Il tema è molto delicato perché Porta Genova si inserisce in un progetto più ampio di riqualificazione degli scali ferroviari. La valutazione è in itinere perché sappiamo che quell’area svolge una funzione strategica ed è necessario conservare gli edifici storici come la Stazione o il Ponte e anche lo stesso muro di recinzione diventa un segno significativo di confine dell’area.

Quel complesso sta a ricordare un momento storico particolare in cui intorno agli scali ferroviari nascevano le prime industrie e attività manifatturiere, ben rappresentato nei quadri di Sironi o Boccioni.

Il valore testimoniale in questo caso ha una sua importanza; il criterio di valutazione non può essere unicamente estetico ma deve considerare necessariamente la rilevanza storica

Ovviamente alcuni temi possono essere dibattuti all’interno della Commissione, ma ciò che esce dalla Commissione garantisce proprio per questo l’imparzialità del giudizio tecnico

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Abbiamo parlato di edifici, cosa può dirci dei luoghi aperti come le piazze? Noi abbiamo sollevato tempo fa la questione di Piazza San Sepolcro sulla quale recentemente è stata posta l’attenzione con l’intervento del Ministro Franceschini

Le piazze sono un elemento fondamentale nel tessuto urbano di una città. Esprimono anche un modo di vivere della gente, un’italianità. Sono il luogo dell’incontro, della cultura, della partecipazione.

Le strade e le piazze storiche sono tutelate e gli interventi sulle piazze storiche sono soggetti ad autorizzazione

Nel caso di San Sepolcro non si tratta di un intervento ma dell’utilizzo dello spazio come parcheggio.

Noi interveniamo nel disegno urbano, nell’arredo, nelle pavimentazioni. Più difficile è dire non fate parcheggiare le auto su quella piazza; questo può essere il frutto di un’azione congiunta con le amministrazioni

Con il Comune di Milano si lavora molto bene, si è stabilita la prassi di valutare congiuntamente le tematiche nel momento in cui maturano le scelte.

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Esistono casi in cui l’intervento della Soprintendenza abbia modificato interventi in atto?

Avviene spesso, ma nell’iter di definizione del progetto; l’autorizzazione  finale è soltanto l’atto amministrativo che conclude un procedimento ma prima esiste una fase interlocutoria di esame preventivo dei progetti nel mentre vengono definiti.

Lo stesso progetto su piazza Liberty ha avuto una sua evoluzione. L’intento è stato di cercare di limitare l’invaso dello scavo della gradonata che porta all’ingresso in modo che la piazza fosse comunque fruibile in quota.

Stiamo esaminando ora il progetto per il Garage Traversi e per il Palazzo del Seminario. Come soprintendenza siamo poi direttamente coinvolti nel restauro in corso di Palazzo Citterio, un edificio che ha subito nel tempo diverse trasformazioni e che sarà restituito alla città nel 2018 per ospitare le collezioni dell’Ottocento e Novecento del Museo di Brera.

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Sopralzi: è un dibattito continuo. Esiste un criterio estetico o è un giudizio di merito?

Su un edificio tutelato, in linea generale, un sopralzo non può essere realizzato.

Esistono eccezioni come per il palazzo della Triennale dove è stata creata durante il periodo di Expo una struttura in vetro del tutto temporanea.

Poi, valutato l’impatto, la qualità della soluzione e la possibilità di godere da lì della vista panoramica sulla città si è autorizzata la permanenza della struttura. Ma la sopraelevazione è molto rara.

Anche sul Palazzo delle Gallerie d’Italia è stata realizzata una struttura in ferro e vetro, ma temporanea.

Milano si presta a questo colloquio tra espressione contemporanea e preesistenza storica.

Diverso è il caso di interventi di abbaini che cambiano dimensione e stravolgono le proporzioni dell’edificio diventando dannosi e fastidiosi.

Noi non possiamo intervenire su tutti i sopralzi a meno che non esista una tutela. Possiamo intervenire dove insiste una tutela paesaggistica fornendo un nostro parere. L’autorizzazione però spetta al Comune.

Certo l’attenzione in questo caso deve essere massima perché stravolgere lo skyline, oppure attuare microinterventi che non rispettano il disegno di un edificio per fini unicamente utilitaristici incide molto sul decoro dell’intera città.

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Parlando di cose: gli arredi di Palazzo Reale non sono a Palazzo Reale….Anche in questo caso da chi deve partire l’iniziativa di tutelare l’arredamento d’epoca di un luogo?

Le vicende di Palazzo Reale sono abbastanza particolari essendo un bene in origine statale passato al Comune attraverso una permuta con l’edificio dell’Università. I beni mobili che appartenevano alla collezione di Palazzo Reale sono in consegna alla Soprintendenza poiché si trattava di una proprietà dello Stato.

Oggi i beni di palazzo Reale si trovano in molti edifici pubblici: in Prefettura, in Questura, nella cappella di San Gottardo. Alcuni arredi sono stati riportati nella Villa Reale di Monza in modo da ricostruire l’unità dell’ambiente

Nulla vieta che se ci fosse un programma alcuni arredi possano tornare in Palazzo Reale.

Ci sono casi in cui si è deciso di vincolare l’edificio insieme agli arredi, ma si tratta di situazioni più rare.

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Cosa pensa del cantiere accanto al Duomo? Pensa ci possano essere soluzioni nel breve periodo per sistemare definitivamente la questione che si protrae ormai da decenni?

La fabbrica del Duomo richiede continui lavori di restauro e manutenzione, nonché di spazi per il cantiere. Se si visitano gli ambienti sotterranei si vedranno uomini lavorare e le attrezzature necessarie. L’area recintata accanto al Duomo serve a questi lavori. Si sta pensando ad una sua sistemazione che serva anche da ingresso agli ambienti sotterranei da musealizzare e creare un percorso di visita che conduca all’area archeologica dell’antico battistero e della chiesa di Santa Tecla.

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Quali progetti esistono in merito agli scavi di San Dionigi?

Secondo la tradizione, le basiliche fondate da Sant’Ambrogio erano quattro. Oggi ne rimangono tre: Sant’Ambrogio, San Simpliciano e San Nazaro. La quarta chiesa mancante era San Dionigi.

Sappiamo dell’esistenza di questa chiesa di cui abbiamo testimonianze iconografiche fino al Settecento.

La chiesa subì delle trasformazioni nel tempo fino al totale rifacimento nel Cinquecento. Poi nel Settecento fu abbattuta per realizzare i giardini dei bastioni di Porta Venezia.

Alcuni limitati scavi vennero eseguiti dal Mirabella negli anni Settanta e portarono al rinvenimento di porzioni di murature datate al IV secolo. Si trattava di scavi fatti in modo puntuale ma poco documentati; il mio proposito è di approfondire le conoscenze anche con la possibilità di indagare attraverso gli strumenti dell’archeologia preventiva per capire quanto resti nel sottosuolo della chiesa di San Dionigi.

Lo scopo è anche comunicativo con la volontà di richiamare l’attenzione su quel periodo e sulle chiese ambrosiane per capire meglio come sant’Ambrogio volle imprimere il suo segno protettivo sulla città. Queste chiese si collocavano fuori dall’abitato, agli estremi di assi che formano un quadrato o una croce sulla città.

Il significato simbolico sul disegno della città potrebbe essere oggi comunicato con un allestimento  e una piattaforma digitale  in modo che i milanesi possano scoprire le testimonianze del proprio passato.

Penso alle chiese ambrosiane ma anche alla Chiesa di San Lorenzo che veniva descritta come “la Chiesa più bella che ci sia” e pochi invece riescono oggi ad apprezzare e a conoscere nonostante sia uno dei caposaldi nella storia dell’architettura.

Di recente abbiamo scoperto e messo in sicurezza importanti affreschi del Trecento nel sottotetto dell’Arcivescovado, che non possono essere visitati dal pubblico. Si è ricorso agli strumenti digitali e di comunicazione on line per farli conoscere.

Forse le grandi distruzioni che ha subito Milano durante la guerra hanno impresso una spinta verso il futuro facendo talvolta dimenticare il suo importante passato.

Oggi abbiamo gli strumenti per recuperare quelle testimonianze che sono visibili e sono importanti per capire come la città si sia formata ed evoluta e quale sia la sua storia

Non dimentichiamo che a Milano fu firmato l’Editto di Costantino che è l’atto che sancisce la tolleranza, la convivenza tra diverse religioni: tutti questi sono aspetti fondamentali per la conoscenza e la valorizzazione dell’identità della città.

Milano è ricchissima di arte di opere che sono nascoste e vanno scoperte.

La città sta riscoprendo sé stessa e i propri valori, costituisce un modello e anche dal punto di vista artistico e storico sta investendo molto in nuova cultura a cui si deve abbinare la riscoperta e una valorizzazione del passato.

 

Intervista di Marco Montella e Letizia Paratore 

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

7 commenti su “Milano | Le interviste di Urbanfile: Antonella Ranaldi, Soprintendente Milano”

  1. Bell’intervista.
    Sul punto relativo a porta Genova mi sarebbe piaciuto leggere la risposta della soprintendente relativa al degrado del muro tutelato. Mi vien da pensare: perché non “obbligano alla sua pulizia e manutenzione visto che è sottoposto a vincolo?”.

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  2. “Fama di loro il mondo esser non lassa;
    misericordia e giustizia li sdegna:
    non ragioniam di lor, ma guarda e passa.”

    In ogni caso – al di la del mio personale parere – intervista estremamente interessante e grande disponibilità a trattare tutti i temi, grazie!

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  3. grazie mille per l’intervista.
    Tuttavia nutro seri dubbi in merito ai risultati ottenuti, non tanto per l’eccellente efficacia operativa con cui si interviene, ma proprio in relazione al tema dei criteri e dei princìpi, che difendono a priori l’esistente, compresi i numerosi errori fatti negli ultimi 50anni.
    Riprendo una recente frase di sgarbi: “(…) bisogna investire sulla bellezza (…) In Italia ci sono 25 milioni di edifici, di questi: 12 milioni sono stati eretti dal sesto secolo avanti Cristo fino al 1960; tutti gli altri, 13 milioni, da quel momento in poi. Il caos estetico è evidente.”

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    • Francamente si.
      Speriamo che la Sorte ci mandi in dono un Sovrintendente più bravo quando l’attuale va in pensione.
      (ad esempio, la risposta sul mancato vincolo su gran parte dell’Architettura moderna grida vendetta)

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