Milano | Ghisolfa – Una bella cascina sparita e una chiesetta nascosta

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Il Ponte della Ghisolfa è forse l’unico elemento che ci ricorda cosa c’era qui un tempo: uno dei molti nuclei che formavano quelle cascine che circondavano Milano e che purtroppo, essendo troppo vicine alla metropoli, sono state inglobate e talvolta cancellate. Ci troviamo tra piazzale Lugano, la ferrovia con lo scalo Farini e via Mac Mahon e qui si esistevano alcune cascine e una piccola chiesetta che formavano la Ghisolfa.

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Una mappa della zona che mostra le cascine della Ghisolfa e la piccola chiesetta. incastrati tra le ferrovie nel 1930-40

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Prima che Milano inghiottisse tutto qui si trovava la cascina Ghisolfa, nome che probabilmente ha origini longobarde, Ghisulf. Vicino vi era anche la cascina Ghisolfetta e una graziosa chiesetta risalente al 1505, Santo Spirito alla Ghisolfa.

La cascina Ghisolfa si presentava come un castelletto, realizzata sotto queste forme probabilmente a metà dell’Ottocento, quando andava di moda la riscoperta del Medioevo e del Rinascimento. Ingresso monumentale aggiunto ad un edificio ben più antico e formato da un insieme di altri edifici rurali. Al lato settentrionale della cascina c’era il Fontanile Peschiera che portava l’acqua alla vicina Villa Simonetta e giungeva al borgo degli Ortolani (Chinatown). La bella cascina venne demolita nel dopoguerra senza alcuna remora e oggi al suo posto si trova il parcheggio del supermercato del quartiere.

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La cascina, più o meno, sarebbe stata qui se fosse sopravvissuta.

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Il Ponte della Ghisolfa, come dicevamo, il cui nome effettivo è Cavalcavia Adriano Bacula (ma che in pochi anche oggi chiamano col suo nome vero) è in pratica l’unica vera evidenza della presenza del piccolissimo borgo fatto di cascine e oggi scomparso. Il ponte, già esistente ma in versione ridotta, venne ampliato tra il 1939 e il 1941 e riportò in connessione il quartiere della Bovisa con la Ghisolfa, il Sempione e viale Certosa attraverso il viale Monte Ceneri.

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L’ampliamento del ponte della Ghisolfa 1940-41

Strada principale del quartiere è via Melchiorre Delfico, che segue ancora l’andamento dell’antica strada della Simonetta. Lungo il percorso vi erano le altre cascine, come la Cascina Cavaiona I e II, Villa Nuova e più oltre la cascina Brusada e Librera, e naturalmente le Cascine Ghisolfa e Ghisolfetta. Le architetture più vecchie sono del primo Novecento senza grandi e particolari esempi di  spicco.

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Nascosta e purtroppo affiancata e soffocata da brutti casermoni costruiti a partire dagli anni Cinquanta si trova l’antica chiesetta del borgo, Santo Spirito alla Ghisolfa.

La cappella risale al 1505, come risulta da una data scritta all’interno del campanile e probabilmente nella zona vi era già una cappella più antica della quale però non si hanno notizie. Oggi si presenta per l’appunto circondata da grandi complessi residenziali che la sovrastano nascondendone la visuale. La chiesetta è una dipendente della parrocchia di San Gaetano in via Mac Mahon.

La proprietà della chiesa fu sempre del popolo della Ghisolfa, rappresentato dai Priori della Confraternita del Santissimo Sacramento che si occupavano dell’oratorio. Tra coloro che pregarono in questo oratorio vi fu anche San Luigi Gongaza, che quando era allievo dei Padri Gesuiti in Milano si recava spesso a pregare in questo luogo.

Oggi l’oratorio è dedicato proprio a S. Luigi, il santo patrono della gioventù, ed in occasione della sua festa vi si celebra una messa solenne con il concorso della corale parrocchiale e della popolazione.

L’interno della chiesetta è semplice e vi si trovano due graziose tele antiche. Peccato che il contesto si sia così inquinato con architetture poco rispettose per la storia e il luogo.

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Arrivando dal ponte Bacula la vista è questa, la chiesetta, nascosta, si trova dietro la casa rosa carminio al centro:

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La discesa dal ponte è, per fortuna, un riuscito intervento di sistemazione urbana con spazi verdi anche ben curati e ai lati un campo di basket e calcetto. All’incrocio con via Pecetta, antica strada che si collegava un tempo con la Bovisa, si trova una bella rotonda con aiuola. La via Pecetta porta il nome di un antica cascina presente lungo il suo percorso (a dire il vero la cascina si trovava dove oggi c’è la caserma di via Caracciolo, più a ovest) e che ne ricorda il nome.

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Peccato che a lato della rotonda abbiano lasciato un brutto marciapiede asfaltato e inutilizzato dai pedoni: poteva essere un’aiuola verde.

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Su tutto oramai predomina la presenza di un supermercato e delle due torri delle Residenze Borgo Alto in via Principe Eugenio. Le residenze non sono particolarmente belle ma, grazie agli oneri di urbanizzazione, hanno reso possibile una riqualificazione del contesto con la realizzazione del Giardino Carmelo Bene (anche se viene ancora chiamato da molti Giardino Conad per via del supermercato dietro l’angolo) o Giardino Principe Eugenio. Il giardino è delimitato da Via Francesco Caracciolo che in questo tratto si allarga dando spazio a dei parcheggi e spesso, come si vede dalle foto, a soste prolungate di camper.


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In anni recenti il quartiere è stato citato a causa dell’accampamento di clandestini situato sotto il Ponte tra i binari delle Ferrovie Nord, nei pressi del CAM di via Pecetta creando una situazione di disagio, sia per i clandestini costretti a vivere in condizioni disumane sia per i residenti.

 

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Ecco via Caracciolo con i camper parcheggiati spesso per mesi.

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La Ghisolfa era anche sinonimo un tempo, di disagio sociale specie nella zona di piazza Prealpi, più a nord, oltre a Via Mac Mahon. La zona, con i suoi palazzi Aler, è un emblema della Milano popolare, tristemente famosa per le vicende criminali che ne hanno caratterizzato la storia negli anni Novanta, con l’egemonia della cosca ‘ndranghetista dei Di Giovine.

Qui sorse il Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa (il Ponte) è uno dei più longevi e attivi circoli anarchici d’Italia. Fondato il 1º maggio 1968, ebbe come animatore ed attivista più conosciuto il ferroviere Giuseppe Pinelli.

Gli anarchici milanesi non ebbero nel secondo dopoguerra, se non per brevi periodi, una sede propria tanto che, generalmente, le loro riunioni erano ospitate da varie organizzazioni, come ad esempio il PSI. Sin dai suoi primi mesi di vita, il circolo fu inserito nelle lotte operaie e studentesche. In particolare, i primi Comitati unitari di base (CUB) dell’Azienda Trasporti Municipali, organismi di lavoratori che non si riconoscevano nei sindacati perché troppo moderati, si ritrovarono proprio nella sede del Ponte.

Dopo la strage di Piazza Fontana, il circolo fu protagonista nella campagna a favore della liberazione di Pietro Valpreda, così come in quella volta a dimostrare che la morte di Giuseppe Pinelli, caduto da una finestra della questura di Milano, era un omicidio.

Il Ponte della Ghisolfa è attivo ed impegnato in campo antimilitarista, antiautoritario e per la diffusione di una cultura libertaria, oggi trasferitosi a Precotto, in viale Monza 255. (fonte Wikipedia)

Concludiamo il giro della Ghisolfa con questa graziosa casa sicuramente fine anni Quaranta o primi anni Cinquanta su via Caracciolo e con un nuovo e imminente cantiere per un nuovo complesso residenziale.

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

10 commenti su “Milano | Ghisolfa – Una bella cascina sparita e una chiesetta nascosta”

  1. La prima cosa che mi provoca queste ricostruzioni è la rabbia.
    sapere ad esempio che la cascina Ghisolfa era sopravvissuta ai bombardamenti ma non alla speculazione successiva della ricostruzione.
    Gli speculatori non aspettavano altro che la guerra per avere le mani libere. Un pretesto per poter agire senza nessuna opposizione. Con la scusa dell’emergenza letto.
    Guardate la chiesetta… avrebbero potuto costruire tenendo conto della sua presenza in armonia con essa, invece l’hanno usata quasi come appoggio per l’enorme palazzone. Umiliata da l profitto a tutti i costi. Tanti e subito… Perché attuare un progetto armonioso ma con meno guadagni quando si possono fare i soldi ammassando le persone senza ritegno? La brutta architettura è figlia della speculazione… sempre stato così… e lo sarà anche in futuro.

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    • bisogna però considerare il momento storico. tutta la ghisolfa era già fuori piano regolatore prima della guerra, e il successivo piano del 1953 sostanzialmente confermò le previsioni prebelliche. rettifiche, allargamenti, costruzione di palazzi moderni erano visti al tempo in ottica diversa da quella che possiamo avere noi oggi, ed in generale in modo favorevole in quanto offrivano sistemazioni “dignitose” al forte numero di persone che immigravano in città o vivevano in precedenza in case magari più belle ma assai meno igieniche. possiamo anzi dirci fortunati che almeno la chiesa sia sopravvissuta (peraltro in un interessante dialogo con quanto le sta intorno, specie dopo gli ultimi miglioramenti del quartiere) e non abbia seguito il triste destino che ad esempio toccò alla SS Trinità.

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  2. Splendido come sempre l’articolo. Mi permetto però di far rilevare che Cavalcavia Bacula, il cosiddetto nome ufficiale, rappresenta una autentica forzatura della volontà popolare, chiamiamola così, visto che il nome con cui è da tutti conosciuto, Ponte della Ghisolfa, ha una qualità storica e culturale decisamente superiore a quella affibbiatagli dagli uffici comunali. Perchè non rispettare anche nei nomi la nostra storia?
    Naturalmente per onorare la memoria di Bacula si sarebbe potuto optare per l’intitolazione di una normale via della città magari ancora priva un nome tradizionale.

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  3. Articolo interessante ma lacunoso. Perchè associare la Ghisolfa a piazza Prealpi e alla ndrangheta che con il borgo originario della Ghisolfa ha poco a che fare e non parlare di cosa c’è stato dopo la cascina Ghisolfa e prima del supermercato Conad? Degli edifici della dogana, degli orti che si inerpicavano su fino al cavalcavia dove ora si trova quella rampa che vi piace tanto? E mi va di precisare che l’attuale ponte nominato popolarmente e per colpa di Testori “ponte della Ghisolfa” si chiama “cavalcavia Bacula” perchè non è un ampliamento del vecchio ponte, che fu demolito e di cui fino a trent’anni fa si vedevano i resti in una posizione decisamente diversa, ma unna sostituzione. Il ponte della Ghisolfa non esiste più al pari delle cascine.
    Il parco poi intitolato a Carmelo Bene inoltre è preesistente alle due torri che hanno costruito nell’area che occupava, praticamente dimezzandolo, e dove prima si poteva uscire al mattino presto con scarpette da ginnastica a fare il giro della bella pista in tartan che lo circondava, ora si va a finire dopo pochi metri in un’orrenda area cani.
    Da ultimo manca qualsiasi accenno alla caratteristica più saliente dal punto di vista urbanistico di questa zona adiacente sia alle ferrovie dello stato che alle ferrovie nord, che è appunto l’edilizia ferroviaria, case destinate originariamente ai ferrovieri alcune delle quali molto interessanti dal punto di vista architettonico e ancora visibili specialmente lungo via Govone.

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  4. Sono l’Amministratore e semiproprietario dei due Condomìni di Via Caracciolo 95 e di via Dolfin 10. Si vedono entrambi nella penultima foto – giusto l’aver puntualizzato la ricercatezza architettonica del n. 93 di via Caracciolo, quasi fosse uno stile post- bellico del novecento del Terragni – ai due estremi sinistro e destro, dello stesso colore marrone rossiccio. Sono nato praticamente qui e ho visto molti mutamenti, in primis il muro abbattuto che chiudeva la via Caracciolo, una quindicina di anni fa che era della Mecozzi e dei suoi depositi ferroviari.
    Che dire della fu Cascina Ghisolfa? Dico che è un vero peccato averla abbattuta perchè una cascina lombarda con quella torretta a mo’ di castello ottocentesco è un pezzo unico che difficilmente si trova anche nella profonda campagna milanese e lodigiana – sono dottore agronomo – e averlo all’interno della circonvallazione esterna, in zona semicentrale, sarebbe stato una ricercatezza di architettura rurale davvero importante. Per non parlare del fontanile Peschiera, che alimentava anche i giardini della Villa Simonetta, ormai forse occluso e prosciugato, sicuramente neppure tombinato vista la quantità di binari che passano nella zona.
    Peccato non aver visto dal vivo queste tracce del passato nella mia zona. Ma però io e mio fratello Massimo abbiamo almeno intenzione di produrre entro qualche tempo due poster giganti plastici all’interno del Condominio di Via Caracciolo 95 che raffigurino la Villa Simonetta e la Cascina Ghisolfa, l’una perfettamente ristrutturata e nobilmente utilizzata e l’altra come retaggio passato di un mondo agricolo spazzato via dallo sviluppo urbano.

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  5. La cascina Ghisolfa negli anni ’60 divenne anche un locale chiamato.’ Le Antille’., ed all’ingresso avevano posto delle finte palme

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