Milano | Cimiano – L’antico borgo, la chiesetta antica e villa Morosini

Cimiano la graziosa via Pusiano ai giorni d’oggi con il campanile della Villa Morosini e della chiesetta dell’Assunta

 

Cimiano via Pusiano 1958-60

Cimiano e Villa Morosini nel 1930-35
Cimiano – Crescenzago la frazione di Cimiano 1905-10
Il bel campanile di villa Morosini

 

Cimiano dall’alto. Al centro Villa Morosini, mentre gli esagoni sono gli edifici della Cittadella di Dio progettati da Carlo de Carli

Cimiano era fino al 1923 una frazione di Crescenzago, comune che venne inglobato nella grande Milano in quell’anno.

Citato per la prima volta in un documento longobardo del X secolo ed inserito nella pieve di Bruzzano, costituì un comune autonomo fino al 1757, quando divenne appunto, frazione di Crescenzago per ordinanza di Sua maestà imperiale Maria Teresa d’Asburgo. L’origine del nome, per alcuni, deriverebbe dalla contrazione del nome cimiliano, “prossimo a Milano”.

Cimiano, come Crescenzago, sorge sull’antica strada per Bergamo e l’Adda, grande arteria di comunicazione.

Era una zona prettamente agricola dove si coltivavano frumento e gelsi, dove scorreva molta acqua e prossima al fiume Lambro. Qui, vista anche la presenza del terreno argilloso, da secoli si realizzavano mattoni per l’edilizia locale.

Lungo l’attuale via Pusiano si trovavano le varie cascine, definite ville. Villa Pini, Cascina Crivella e Villa Morosini. Oggi l’aspetto è rimasto quasi immutato, solo ammodernato, grazie anche ad un bel restauro e a una riqualificazione effettuata una quindicina d’anni fa.

Naturalmente nella zona vi erano anche parecchi mulini, sparsi soprattutto lungo il corso del fiume Lambro.

Anzitutto Cimiano è dal 26 maggio 1969 una stazione della linea verde della metropolitana. Fatto che ha garantito al “paese” di sopravvivere nella memoria collettiva (non come per altri luoghi meneghini che si stanno perdendo per sempre, come Le Rottole, Il Casoretto o la Corte Regina, citandone alcuni per rimanere in zona).

Dobbiamo dire che l’area attorno alla fermata è indiscutibilmente mal realizzata, e molto brutta. Poteva essere un luogo di aggregazione, ma il dislivello tra la vecchia strada e lo spiazzo per le entrate della metro è sicuramente un handicap per la fruibilità del luogo. L’unico negozio del palazzo al civico 6 di via Pusiano appare quasi affogare nel terreno; peccato perché denota come, all’epoca, l’intenzione di demolire prevaleva su quella dell’integrare l’esistente col nuovo.

L’edilizia residenziale prevalente della zona attorno al primo tratto di via Pusiano quando incrocia Via Don Giovanni Calabria è tipica degli anni Cinquanta e Sessanta.

Imboccando via Pusiano notiamo un bell’arredo urbano, realizzato una quindicina d’anni fa; qui ci troviamo dove si trovava il nucleo originario del piccolo borgo di Cimiano. La casa verde al civico 24 era chiamata in modo misterioso, il “Mosca”.

Sul lato destro, ora rimpiazzato da un edificio che ha mantenuto le proporzioni della vecchia cascina ma realizzato recentemente (forse 1975/1985), vi era un vecchio cascinale nel cui cortile interno vi era un’alta torre/ciminiera dove venivano realizzati i piombini per le cartucce da caccia chiamato “i balin de s’ciopp”.

A sinistra (proseguendo il nostro cammino verso il campanile) di via Pusiano si trova oggi un grazioso complesso residenziale un tempo una cascina chiamata villa Pino e che la gente chiamava la Curt di Buracch.

La villa venne realizzata all’inizio dell’Ottocento dal generale napoleonico Domenico Pino quando, alla caduta dell’imperatore, il militare – che fu anche Primo Ministro del Regno d’Italia – decise di ritirarsi a vita privata. Sull’arco del portone d’ingresso vi è ancora lo scudo marmoreo con lo stemma di un pino silvestre.

Qui, volendo si può imboccare la via Monteggia, dove si trova anche la graziosa Villa Carmen Emilia, al civico 11. La graziosa villa di gusto ottocentesco, presenta un cortile porticato con una serie di medaglioni riproducenti personaggi famosi come: Leonardo, Tasso, Raffaello, Manzoni e altri.

Gli abitanti di Cimiano in antichità si recavano alle messe nella piccola chiesetta di Corte Regina (oggi oltre la barriera di viale Palmanova) o alla chiesa di Santa Maria Rossa in Crescenzago.

Così giungiamo al gioiello architettonico e storico di Cimiano, Villa Morosini Peroni.

Il bel campanile ne indica la presenza su tutto il circondario. La villa ha conservato lungo i secoli il suo originario impianto architettonico, con due ingressi principali, uno verso la via Pusiano e l’altro verso la campagna (oggi verso il Parco Lambro).

Le origini della villa andrebbero attribuite alle monache della Vettabbia, monastero che qui aveva dei terreni agricoli a partire dal XIII Secolo. La villa nel 1600 pare (secondo alcuni studiosi) fosse stata trasformata in un convento dei Gesuiti con chiesetta interna. Gesuiti che però la lasciarono alla fine del Seicento per trasferirsi alla Senavra. Tesi però non confermata dalla Facoltà di Architettura che invece ritiene che la villa sia sempre appartenuta a famiglie private e non a ordini religiosi.

Unica cosa certa è che la proprietà viene venduta nel 1691 a Giuseppe Peroni.

Il passaggio di proprietà segna un momento importante per l’aspetto della villa. Peroni, secondo la documentazione storica, fu l’unico ad apportare modifiche sostanziali alla costruzione. Oltre alla manutenzione straordinaria, a lui si deve l’edificazione della chiesetta annessa all’edificio avvenuta nel 1694. La piccola cappella venne dedicata alla Beata Vergine Assunta e successivamente a Sant’Antonio da Padova.

 

Una doppia entrata, dalla strada e dal cortile, consente l’accesso all’interno della chiesa. La luce vi si diffonde attraverso tre grandi finestre, di cui due hanno la vetrata lavorata in rame. A lato della porta che si affaccia sulla strada vi sono due acquasantiere in marmo lucido; di fronte, il coro in legno lavorato, preceduto da una balaustra in marmo con due cantine in ferro battuto e decorato con disegni. Sulla parete si può notare un’icona raffigurante Maria Vergine, ai cui lati sono visibili due busti, uno rappresentante San Filippo Neri, l’altro San Carlo. Sui muri sono collocati quattro angeli di stucco

Così veniva descritta con dovizia la chiesetta in un documento del 1703.

Con la chiesetta viene costruito anche il grazioso campanile belvedere.

 

Salendo sulla sommità del campanile si può godere di una bella vista sul comprensorio di Cimiano.

Alla morte del Peroni, nel 1723, la proprietà viene ereditata dai nipoti della moglie, i fratelli Giuseppe, Filippo e Francesco Morosini.

Quest’ultimo nel 1726, entra nell’ordine religioso dei Padri Agostiniani, lasciando la sua parte ai fratelli. Alla fine del Settecento la zona diviene anche sede di villeggiatura e agreste luogo di riposo, tanto che personaggi illustri iniziarono a frequentare le cascine e le ville della zona.

Sempre in quell’epoca la villa passa di proprietà alla famiglia Orsini di Roma. Nel 1819 la villa viene ereditata da Beatrice Orsini, vedova del principe Pio di Savoia, che quasi subito la vende al dottor Giuseppe Biumi.

E’ in questo periodo che la villa cade in degrado. Alla morte del Biumi nel 1838, l’edificio viene donato all’Ospedale Maggiore di Milano. Per tutto l’Ottocento la villa viene occupata da diversi affittuari che vi apportano diverse modifiche. La cappella viene invece utilizzata saltuariamente dal parroco di Crescenzago. Sul finire dell’Ottocento una parte della villa andò distrutta da un incendio.

Nel 1933-34, la villa venne acquistata dal Comune di Milano nella previsione di farne la sede della direzione amministrativa del nuovo Parco Lambro (FonteTWbiblio). Ma da subito fu utilizzata come sede della Scuola Agraria Femminile che altro non era se non una riproposizione, secondo l’ideologia fascista, della scuola fondata nel 1902 da Aurelia Josz, con sede nell’orfanatrofio delle Stelline, in corso Magenta, a Milano.

Il regime ritenne che villa Morosini fosse la sede idonea per la scuola, collegata com’era alla realtà agricola circostante, capace di formare nuove generazioni di lavoratrici agricole. Sotto la direzione di Maria Nicolini la scuola, che era dotata anche di un convitto per le allieve, iniziò e continuò la sua attività sino al 1945 allorquando i partigiani la occuparono e la chiusero.

Villa Morosini dopo la Seconda Guerra Mondiale venne occupata da famiglie di sfollati che vi rimasero sino alla fine del gennaio 1950 quando si concluse la trattativa tra la Chiesa e il comune di Milano nella quale fu stabilito che il Comune cedeva prima in affitto e poi vendeva la villa con l’annessa chiesetta della B. V. Assunta, ormai chiusa al culto, e il terreno adiacente.

Per vocazione il cardinale Schuster ritenne che l’opera di apostolato più idonea, in quel lembo di periferia uscito dalla guerra, potesse essere svolta dalla congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza di Don Calabria e, perfezionato il contratto di affitto con il Comune, i primi religiosi arrivarono a Cimiano.

Sia nella trattativa con il Comune sia dopo la stipula del contratto se l’idea in generale era quella di creare un luogo di preghiera, lavoro e accoglienza nel concreto l’Opera don Calabria non aveva ancora deciso cosa avrebbe fatto: don Luigi Maria Verzè propose di farne un ospedale, don Calabria una casa di riposo. Infine Don Calabria decise che le attività svolte nel nuovo centro di Cimiano dovessero configurarsi come un luogo di accoglienza e formazione per i giovani.

Il 12 ottobre 1950 Don Calabria inviò a Cimiano un suo sacerdote per dirigere la nascente Casa Buoni Fanciulli: Don Verzé, vi rimarrà sino al 1957. Sotto la sua direzione sono state avviate le scuole elementari, medie e i corsi professionali; lui ha commissionato all’arch. De Carli il progetto della Cittadella di Dio: le tre palazzine dei laboratori e l’edificio scolastico dell’Opera Don Calabria (inaugurati nel 1956), quello delle suore Orsoline (inaugurato l’anno successivo), la chiesa di San Gerolamo Emiliani che sarà inaugurata nel 1965.
Ad un anno dalla morte di Don Calabria, avvenuta il 4 dicembre 1954, nel cortile della cittadella di Dio fu posta la statua della Madonna, di Lucio Fontana, donata dall’architetto Carlo De Carli.

Nel 1957 Don Verzé venne allontanato; il cardinale Montini andò a Roma e divenne papa Paolo VI. Mentre la statua della Madonna prese il volo anch’essa e oggi si trova in Vaticano, peccato.

La statua della Madonna di Lucio Fontana nel cortile della Scuola
La statua della Madonna di Lucio Fontana oggi al Vaticano

Per concludere due considerazioni “ambientali”: come al solito bello e ben tenuto tutto, ma vedere le auto parcheggiate davanti alla storica villa e le scritte vandaliche proprio sul muro antico non ci piace per niente.

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