Milano | Cinque Vie – Via Spadari: tra storia, arte, cibo e un po’ di disordine

Come poteva apparire via Spadari nel 1400

Quanti avranno notato che nel centro città, tra il Cordusio, le Cinque Vie e il Duomo c’è un dedalo di vie che portano nomi di mestieri? Parliamo di Via Orefici, via Armorari, via Cappellari, via Speronari e via Spadari. Anche se a stento facciamo fatica a immaginarci questo insieme di vie in versione medievale, siamo nell’antico nucleo di quello che era il cuore commerciale di Milano, dove le vie erano state assegnate dagli statuti comunali alle varie corporazioni artigiane.

Nel XIII secolo Milano era una delle poche città europee ad avere più di 100.000 abitanti, l’artigianato era in pieno sviluppo, soprattutto per la lavorazione dei metalli.

Venutasi a delineare su un tracciato viario romano, la strada è menzionata per la prima volta a partire dall’anno 1066 in una pergamena dell’archivio di Sant’Ambrogio. Il nome le deriva dalla forte concentrazione nella contrada di botteghe di armaioli e specialmente di Spadari, testimoniata ancora alla fine dell’ottocento dal rinvenimento in questa via della casa dei Missaglia, ricca e potente famiglia che praticava quest’arte.

L’industria della fabbricazione delle armi si estendeva anche alle vie che costituivano il proseguimento della medesima, Armorari e Speronari, conferendo alla zona una fisionomia caratteristica accentuatasi a partire dalla seconda metà del XV secolo, quando la signoria sforzesca diede nuovo impulso a tale industria.

All’epoca, e per lungo tempo, la via veniva chiamata anche “la Porta dell’Inferno” per via dei fuochi, del calore prodotto per forgiare e modellare le armi e le corazze lungo tutta la strada.

In occasione delle nozze del Moro con Beatrice d’Este e di Alfonso d’Este con Anna Sforza gli armaioli milanesi prepararono uno spettacolo esponendo le loro armi davanti alle botteghe, tutte raccolte nella medesima via Spadari. Dall’esame delle antiche piante di Milano la contrada, che partendo dall’attuale via Torino si conclude all’incrocio con via Cantù (un tempo divisa nella contrada dei Ratti e della Rosa), si presenta con un andamento rettilineo e piuttosto stretto.

La via Spadari mantenne la stessa fisionomia fino alla fine del secolo scorso, quando in occasione della sistemazione di tutto il quartiere degli affari, con la realizzazione di via Dante e del Cordusio, si provvide anche all’allargamento delle vie Armorari, Spadari e della contrada della Rosa. Il piano era firmato dal Beruto e, presentato nel 1884, divenne legalmente operante solo a partire dal 1888.

I nuovi caseggiati sorsero tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Particolarmente interessanti sono i tre edifici liberty, sul lato sinistro della via.

Attualmente la via Spadari nulla conserva della sua originaria fisionomia, totalmente stravolta dai nuovi edifici e dalla fitta concentrazione di vetrine e dall’intensa presenza di veicoli parcheggiati ovunque.

Altri articoli che riguardano via Spadari e vie confinanti.  Qui invece un articolo sulla Madonna del Ratt (madonna del topo, oggi conservata al Museo Bagatti Valsecchi)

Qualche particolare sulle architetture presenti nella via:

Via Spadari 1.


L’edificio sorge all’angolo fra via Torino via Spadari. Nel 1887 il Comune di Milano e il proprietario del lotto concordarono i punti fissi da rispettare nella realizzazione della nuova casa.

Così sorse l’edificio in stile eclettico, tutt’oggi fedele al progetto iniziale, costituito di sei piani fuori terra e di prospetti che si protraggono identici per una lunghezza di 16 m su ambedue le vie, conferendo alla costruzione un senso di grande unitarietà ed esprimendo nel contempo la volontà di non privilegiare la facciata prospiciente la più importante via Torino.

L’uniformità del volume appare ulteriormente accentuata dalla presenza di un balcone che corre ininterrotto lungo i due lati del piano nobile, creando fra essi un rapporto fisico e grazie alla soluzione d’angolo che sostituisce lo spiego con la curva, anche una maggiore continuità visiva.

Via Spadari 2, Casa dell’Unione Cooperativa, Corrado Rossi 1926.

 

L’area su cui sorge l’edificio, compreso tra via Spadari e via Torino, era occupata fino al 1926 da costruzioni a 4 e 5 piani che racchiudevano ben quattro cortili, tra cui uno considerato tra i più significativi esempi milanesi di architettura quattrocentesca.

La demolizione dei preesistenti edifici veniva decisa nel dicembre del 1923 con una convenzione stipulata tra il Comune di Milano e la società immobiliare Quartiere Torino, proprietaria degli immobili.

Affidato all’ingegnere Corrado Rossi, il progetto di ricostruzione veniva approvato nel luglio del 1925. Esso prevedeva un imponente edificio ad angolo con i prospetti simili e caratterizzati dalle parte centrale sensibilmente ribassata rispetto a quelle laterali. Il palazzo destinato ad ospitare gli uffici, i depositi e negozi dell’Unione Cooperativa, è un esempio di architettura ibrida eclettico-floreale. Si erge su cinque piani fuori terra e due ordini di sotterranei. Con una struttura portante in cemento armato, è uno dei classici esempi di palazzi per uffici che iniziavano ad essere realizzati in città. L’edificio rivela una spiccata ricerca di monumentalità e di fasto, suggerita dall’esigenza di assicurare alla nuova sede dell’Unione Cooperativa un prestigio anche estetico confacente con l’importanza della società, oltre che alla posizione centrale in cui sorgeva.

Dicevamo che al suo posto vi erano delle case di epoca rinascimentale. Come si vede anche dalle foto riportate qui di seguito, uno dei cortili aveva ancora dei frammenti di un bellissimo cortile quattrocentesco in cotto e colonnine in granito. Oggi raccolti nel cortile del Castello Sforzesco.

 

 

Via Spadari 3-5. Casa Ferrario, Ernesto Pirovano 1902-1903.

Nel 1902, l’anno dell’esposizione torinese d’Arte Decorativa Moderna, che segna l’affermarsi dello stile liberty in Italia, Ernesto Pirovano costruisce la Casa Ferrario in via Spadari, forse uno dei più bei esempi del liberty in città. L’edificio a tre piani con attico è un tipico esempio di residenza borghese e presenta una semplice facciata di cemento con aperture regolari, impreziosita da pregevoli decorazioni attorno alle finestre. Essa è armoniosamente movimentata degli aggetti delle balconate dei tre piani, di cui quella al primo e estesa per tutta la larghezza della facciata. Le balaustre dei balconi, ad eccezione delle estremità di quelle al primo piano realizzati in cemento, sono costituite da splendidi ferri battuti, floreali e zoomorfi, opera di Alessandro Mazzucotelli.

Via Spadari 7, casa Vanoni, Achille Manfredini, 1907.

La facciata è un vigoroso esempio di stile liberty, in cui l’uso di elementi portanti in ferro evidenza la logica linearità della composizione. Un ordine gigante di pilastri divide il prospetto in tre parti.


Via Spadari 9, casa Giovini, Achille Manfredini 1908-1909.

L’edificio, inserito tra casa Vanoni e l’albergo Lord, è una costruzione a tre piani con attico, è improntata sullo stile tardo liberty. Infatti è evidente che, nonostante sia stata realizzata soltanto un anno dopo casa Vanoni, essa tenda ad allontanarsi sempre più dal decorativismo floreale per uno stile più Art-nouveau.

Via Spadari e Albergo Bretagna 1910-13, demolito negli anni Sessanta.

A fianco di questi piccoli gioielli del primo Novecento si staglia in completo contrasto il palazzo dell’Hotel Spadari, un tempo hotel Lord. L’edificio venne progettato dall’Architetto Melchiorre Bega nel 1964 per sostituire il vetusto e irrecuperabile (così venne giustificato all’epoca) palazzo di fine Ottocento che si trovava al suo posto e che possiamo vedere in una foto d’epoca qui di seguito.

All’hotel progettato da Bega, venne aggiunto negli anni Novanta un piano mansarda di enormi proporzioni e un piano tecnico , che fanno risultare quest’edificio terribilmente fuori contesto e goffo.

Una ricostruzione del cortile della Casa Missaglia realizzata nel 1905-10

Via Spadari 10-12 casa Missaglia.

Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento nessuno supponeva che esistesse tra l’anonimo gruppo di case situato tra la via Spadari, Ratti (oggi Cantù) ed Orefici una delle più preziose testimonianze dell’arte quattrocentesca lombarda totalmente occultata da successive sovrapposizioni.

Le tracce dell’antica casa dei Missaglia vennero alla luce alla fine del 1901 proprio durante i lavori di smantellamento. I Negroni da Lello, detti Missaglia (nome della plebe cui apparteneva il loro paese d’origine: bello vicino a Lecco), erano un illustre famiglia di armaioli milanese, attivissimi soprattutto nel XV e XVI secolo vivo non solo presso i duchi di Milano, ma anche presso altre signorie italiane e una che straniere. Documentati a Milano fin dal 1430 e residenti già nella contrada di via Spadari, essi ottennero dei duchi protezione e privilegi.

Furono proprio le iniziali di Antonio Missaglia sui dadi di imposta delle colonne del cortile a venire alla luce durante la fase di demolizione. L’opera di smantellamento bene costantemente sorvegliato dall’ufficio regionale per la conservazione dei monumenti Lombardia, il quale potere di volta in volta fai importanti costatazione su questo edificio, oltre evidentemente a darsi da fare per fermare i lavori di demolizione.

Non appena vennero alla luce alcuni resti dell’antica casa dei Missaglia, l’opinione pubblica i giornali e gli esperti si mossero per impedirne la demolizione. Vennero pure proposte delle modifiche al piano regolatore da parte dell’ufficio regionale, ma con esito assolutamente negativo. La dimora fu demolita nel 1902; unico provvedimento fu quello di trasportare qualche resto della casa al castello Sforzesco, perché venisse ricomposto.

Tomaso Missaglia era armaiolo ducale ed aveva la fucina al piano strada del suo grande palazzo. Sulla sua casa quattrocentesca, col tempo erano state fatte molte aggiunte e all’inizio del ‘900 era destinata alla demolizione, anche perché il piano regolatore prevedeva l’apertura di una nuova via per far girare il grande carosello di tram che col tempo si era sviluppato. Luca Beltrami e il suo allievo Gaetano Moretti si diedero da fare per rallentarne la demolizione e per poterla studiare meglio. Beltrami (come faceva di solito quando la sorte di un edificio era segnata), ne prelevò le parti in migliore stato e le utilizzò per la riedificazione nel Castello. Così alcune finestre vennero ricomposte, soprattutto la scala gotica con le colonne e i capitelli in pietra.

Di seguito alcune immagini raccolte di Casa Missaglia


Via Cesare Cantù 1-3, via Victor Hugo 2-4: edificio per abitazioni; Guido Casarini e Guido Barbieri, 1933 1936

Nella seriamente ininterrotte di edifici eclettici che si allineano lungo via orefici e via Spadari questo è l’unico in stile 900. Esso nacque come sistemazione esterna di un precedente edificio, le cui forme decorative neo manieristi furono eliminate perché ritenuti in deplorevoli condizioni. Ma non si tratta soltanto di una trasformazione delle facciate vino in quanto bene anche attuato un sopralzo di tutto l’edificio. L’aspetto esterno riflette una sorta di compromesso fra razionalismo e neo classicismo: pertanto nella purezza del contesto geometrico delle facciate veniste vanno inseriti elementi di richiamo classicheggiante e quali le lesene che scandiscono i piani superiori, la cornice che sottolinea le finestre del primo piano su via orefici e la gronda sporgente sostenute da modiglioni. Per fortuna le bellissime colonne in ghisa che si trovano all’interno e si possono facilmente ammirare nei negozi del palazzo. Recentemente è, finalmente, in corso il restauro delle facciate.

Proseguendo, sul lato opposto troviamo il palazzo realizzato negli anni Venti del Novecento e rivestito in travertino di piazza Pio XI 1 che svolta anche in via Cantù e via Spadari.

La via, non più una fucina di ferraglia da secoli, è oggi una piacevole passeggiata dedicata al cibo. Locali per acquistare come Peck, Ladurée o la Pescheria Spadari, ma anche locali dove degustare il cibo, sedersi per un caffè o un dolce.

La via, molto elegante, soffre un po’ per la presenza ingombrante del capolinea dei tram. Il 3 gira da via Torino per fermarsi in via Cantù e attendere il turno, per poi svoltare in via Orefici e proseguire il suo circuito. A volte i turbo tram che sono utilizzati per questa linea ingombrano la strada e  l’attesa di qualche minuto provoca anche qualche intoppo viabilistico. Sarebbe una gran cosa se venissero tolti i tram da queste vie, ma sappiamo bene che la cosa non è fattibile, anche perché funge da eventuale soluzione a inversioni di rotta o soste forzate per qualsiasi evenienza.

Il problema del tram per questa via non è l’unico, infatti ci sono anche i motorini parcheggiati ovunque e il solito disordine urbano che caratterizza questa città. Sarebbe bello che la via venisse riqualificata con marciapiedi in pietra, magari più larghi dove possibile e senza il parcheggio, sia dei motorini che delle auto, Una via dove passeggiare, fermarsi a sorseggiare un aperitivo o un caffè, magari ammirando i tram passare e sostare, perché no?

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

6 commenti su “Milano | Cinque Vie – Via Spadari: tra storia, arte, cibo e un po’ di disordine”

  1. Proprio bello questo articolo!
    Interessantissimo e ben fatto!
    Fa comunque sempre male pensare a quanta memoria storica sia andata persa a causa di scelte politiche superficiali!

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  2. Ennesimo grande articolo di UF!

    Anche questa via potrebbe essere un angolo incantevole della città, se liberata dai percheggi abusivi e con marciapiedi decenti.

    Ammirevole lo sforzo (credo di Pek) nell’aggraziare la via mettendo i vasi lungo il marciapiede, non sono bellissimi ma almeno evitano l’invasione di auto parcheggiate abusivamente.

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  3. Ancora non mi capacito sul perché l’intera zona non venga rivalorizzata. Nel quartiere delle 5 vie c’è tantissima storia e fascino.

    Se solo si rendesse la zona più congeniale ai pedoni, allargando i marciapiedi e valorizzando le attività commerciali il suo potenziale di vivibilità e turistico scoppierebbe.

    Concordo in pieno con il bisogno di intervenire in maniera forte nel riqualificare le periferie ma anche il cuore della città ha bisogno di numerosi interventi i quali la renderebbero ancora più attrattiva dandole così ulteriore slancio economico. Speriamo che i nostri governanti si ricordino di questa bellissima zona.

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  4. Torno a dire che il piano Beruto ha permesso tanti scempi. Non per nobili scopi ma per pura speculazione.
    Incredibile pensare che la città medievale era ancora intatta o quasi all’inizio del novecento. Imperdonabile l’abbattimento di quello che restava di casa Missaglia con la scalinata ancora intatta come risulta dalla bellissima foto e e la distruzione anni 60 dell’albergo Bretagna… va beh! Tirem innanz.

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