Per chi volesse godersi alcune opere sparse per la città e custodite in chiese o palazzi, accessibili gratuitamente, abbiamo deciso di realizzare una serie di articoli con cui segnalare, e magari illustrare alcune opere interessanti, magari non così famose ma di sicuro interesse. Speriamo di farvi un regalo gradito.
Inizieremmo con un bel dipinto di cm 185 x 265 che raffigura San Giorgio e il Drago che possiamo ammirare nella chiesa del Santo Sepolcro.
Nella navata sinistra della Chiesa, collocato da qualche tempo, in una posizione poco rispettosa e abbastanza defilata secondo noi (anche perché davanti hanno installato da poco tempo un gruppo scultoreo in terracotta ancora in fase di allestimento e realizzato da Agostino de Fondulis nel XV Secolo), si trova un inaspettato ma piacevole capolavoro realizzato dall’artista parmense Camillo Procaccini (Parma, 3 marzo 1561 – Milano, 21 agosto 1629): San Giorgio e il Drago.
L’opera, dipinta con ogni probabilità nei primi anni del ‘600, rappresenta una scena chiave della leggenda biblica di “San Giorgio e il Drago”; è un quadro impregnato dei nuovi valori manieristi, realizzato con colori più naturali e vivaci rispetto alla pittura tipica del tardo Cinquecento.
La leggenda narra che in una città chiamata Silena, in Libia, vi fosse un grande stagno che nascondeva sotto le sue acque limacciose un drago che, avvicinandosi alla città, uccideva con il fiato tutte le persone che incontrava. Gli abitanti del luogo, per placarlo, ogni giorno gli offrivano due pecore ma, quando queste vennero a mancare, furono costretti a offrirgli una pecora e un giovane tirato a sorte.
Un giorno fu estratta la giovane figlia del re. Il re, terrorizzato dalla sola idea, offrì il suo patrimonio e metà del regno per salvarle la vita, ma la popolazione si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli.
Dopo otto giorni di tentativi, il re alla fine dovette cedere e la giovane si avviò verso il lago per essere offerta al drago.
In quel momento passò di lì il giovane cavaliere Giorgio il quale, saputo dell’imminente sacrificio, tranquillizzò la principessa, promettendole il suo intervento per evitarle la brutale morte. Poi disse alla principessa di non aver timore, che l’avrebbe aiutata nel nome di Cristo.
Quando il drago si avvicinò, Giorgio salì a cavallo e protettosi con la croce e raccomandandosi al Signore, con grande audacia affrontò il drago che gli veniva incontro, ferendolo gravemente con la lancia e lo gettò a terra; disse quindi alla ragazza di avvolgere la sua cintura al collo del drago, il quale prese a seguirla docilmente verso la città.
Gli abitanti erano atterriti nel vedere il drago avvicinarsi, ma Giorgio li tranquillizzò, dicendo loro di non aver timore poiché «Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: se abbraccerete la fede in Cristo, riceverete il battesimo e io ucciderò il mostro». Allora il re e la popolazione si convertirono e il cavaliere uccise il drago e lo fece portare fuori dalla città, trascinato da quattro paia di buoi.
Questa leggenda era sorta al tempo delle Crociate e, probabilmente, fu influenzata da una falsa interpretazione di un’immagine dell’imperatore Costantino, trovata a Costantinopoli, in cui il sovrano schiacciava col piede un enorme drago, simbolo del «nemico del genere umano».
La fantasia popolare ricamò sopra ciò e il racconto, passando per l’Egitto, dove san Giorgio ebbe dedicate molte chiese e monasteri, divenne una leggenda affascinante, spesso ripresa nell’iconografia. San Giorgio tuttavia non è l’unico personaggio che uccide un drago: anche ad altri santi le leggende riconoscono simili imprese; è facile confondere san Giorgio con San Demetrio o San Teodoro.
Sulla tela, in una composizione molto dinamica, il Procaccini ha rappresentato il santo mentre si appresta a fendere con l’arma un colpo che ferirà il drago. Sullo sfondo si scorge la fanciulla impaurita e in atto di preghiera. La figura del drago è un mix di animali. Un corpo da mammifero, con collo serpentiforme, con testa di cane, ali a membrana, una coda da serpe e grandi mammelle.
La grande tela, con ogni probabilità, proveniva dalla Chiesa di Santa Maria della Rosa.
La chiesa, che occupava il lato sinistro dell’odierno palazzo dell’Ambrosiana e parte della piazza, venne demolita per le condizioni pessime in cui versava dopo le soppressioni Giuseppine di fine Settecento, nel 1829, e per consentire l’ampliamento della Biblioteca e della Pinacoteca Ambrosiana.
Molte opere vennero disperse e altre trovarono posto nelle collezioni della grande pinacoteca. Quest’opera è stata collocata all’interno della chiesa.
Info: Lombardia Beni Culturali, Wikipedia
Interessante articolo.
Tra l’altro se uno vuole vedere quello che forse è il capolavoro di Camillo Procaccini, non ha che uscire da quella Chiesa ed andare in un’altra poco lontano (che forse sarà oggetto di uno dei prossimi articoli, quindi lasciamola nel vago….).
Certo che sarebbe bello se le mostre di Palazzo Reale tornassero a fare ricerca e studio su pittori come Camillo Procaccini, non notissimi ma molto interessanti.
Se non altro per spezzare la monotonia delle mostre “blockbuster” (nome famoso, corrente alla moda, blocco di opere in prestito ecc ecc) che attirano pubblico senza obbligo di grosse fatiche scientifiche alle spalle, ma che in fondo lasciano molto meno traccia.
In fondo fu una grande mostra a Milano negli anni 50 che fece scoprire al mondo Caravaggio (cosa che adesso sembra incredibile)
sottoscrivo in pieno!
anch’io sono stufo delle mostre blockbuster e anche delle pessime illuminazioni delle mostre. sembra sempre che si debbamo vedere con attorno il buio assoluto e lo spot sulla tela, così almeno la luce impalla.
questa tela del Procaccini almeno non è mal illuminata (o peggio al buio).
Concordiamo in pieno. Possono esserci le mostre cattura visitatori, ma anche mostre di grandi nomi ma minori…
bel contributo, bravi!
Stupendo, non l’avevo mai notato a dire il vero. Compliment per l’articolo e l’iniziativa. Attenderemo altri capolavori nascosti.
Meraviglioso e Inaspettato, per un turista ma anche appassionato di arte,,,
Rimanere a bocca aperta d’avanti a tanta forza così ben sprigionata dalle pennellate del Procaccini,,,
Ci suggestiona nella speranza di un ritorno del San Giorgio.
Da sempre sono interessato alla pittura italiana del 600. Oggi per caso mi sono imbattuto in questo quadro che non conoscevo e la mia sorpresa è stata enorme nel vedere come San Giorgio assomigli al soggetto di un quadro attribuito al Cerano.