L’importante arteria commerciale, fondamentale anche per raggiungere l’aeroporto di Linate, la Tangenziale Est e l’intera area metropolitana verso l’Adda, la Bassa Bergamasca e il Cremasco, e completamente rettilinea, nacque in realtà come una semplice strada che costeggiava il più antico Naviglio di Milano, andato completamente perduto e oggi quasi del tutto dimenticato anche nella memoria storica della stessa città.
Si chiamava Naviglio di Porta Tosa o Cavo Bergognone, ma era chiamato da tutti il Naviglietto e venne scavato in una data imprecisata sul finire del XII secolo.
Dopo l’anno Mille il fiume Lambro era ancora navigabile, come testimoniato da Landolfo Seniore (scrittore e presbitero) e per sfruttare meglio il nuovo Fosso Interno (Cerchia dei Navigli) costruito da pochi decenni dal Guintellino, si decise di costruire un canale che li unisse.
All’epoca, non essendo ancora state inventate le conche, l’unico modo per non avere un dislivello eccessivo era costruire un canale che con una lieve pendenza andasse da ovest ad est verso il Lambro. Il punto più a est della Fossa Interna era nei pressi di Porta Tonsa, o Tosa, da cui partì lo scavo. Si trattava, all’incirca, dell’area oggi occupata dall’incrocio tra largo Augusto, corso di Porta Vittoria e via Francesco Sforza.
Il canale venne scavato perfettamente in linea retta, con una debole pendenza che portava le acque della Fossa Interna, cioè quelle del Seveso, verso il Lambro. Il Naviglietto fu sicuramente navigabile nei primi decenni dalla sua apertura poi una serie di bocche aperte lungo le sue sponde, nel tratto fuori dalle mura, per attingere acqua e irrigare i campi, fece sì che diventasse inutilizzabile per la navigazione; nel frattempo, nel 1254, era arrivato a Milano il Ticinello (l’antico nome del Naviglio Grande), che una trentina di anni dopo fu reso navigabile. Il Naviglietto venne così ridotto a canale irriguo, per portare l’acqua ai tanti campi tra Porta Tosa e il Lambro.
Lungo le due sponde del Naviglietto furono costruite ovviamente due strade per permettere di trainare contro corrente barche e zattere. Intorno al 1340 fu completato il nuovo canale detto Redefossi, che aveva scopo difensivo e irriguo e, dato che non esistevano ancora i Bastioni, proteggeva i borghi che si erano andati creando fuori dalle mura medievali sui lati nord ed est. Altro scopo del canale era di funzionare come scaricatore per le piene del Seveso e dell’Adda, che arrivavano tramite il Martesana. In caso di piena il Redefossi scaricava a sua volta nel Naviglietto, che incontrava appena fuori da Porta Tosa, oggi in piazza delle Cinque Giornate.
Intorno al 1570, per impedire che le ondate di piena superassero il Naviglietto e continuassero il loro percorso nel Redefossi, col rischio che esondassero nel tratto inferiore che era stretto e con scarsa altezza, fu costruita una diga nell’attuale piazza delle Cinque Giornate. Nel 1681 una gigantesca ondata di piena distrusse la diga, che fu ricostruita in pietra e palizzate l’anno successivo. In questo modo il Naviglietto aveva un costante afflusso d’acqua che a sua volta scaricava nel Lambro. Superata la piazza con la diga, il canale continuava la sua corsa nei campi sino a raggiungere la Senavra, inaugurata nel 1781 ma antico casale di campagna del 1500. Proprio a quell’altezza si staccava il primo di quattro canali che irrigavano i campi a sud, detta roggia della Senavra; le successive rogge erano il Fugone, la Besozza e la Camminella.
Il canale continuava poi la sua corsa verso il Lambro, compiendo un repentino cambio di direzione, verso sud, all’altezza dell’odierno svincolo della Tangenziale Est di Linate. Da lì si dirigeva verso Monluè in uno stretto canale che arrivava ad alimentare alcuni mulini e una fornace. Giunto sul lato nord del piccolo e antico borgo, si gettava nel Lambro, terminando il suo tragitto.
L’antichissimo canale fu uno dei primi a venire coperto; nel 1838 fu tombinato tutto il tratto tra la Cerchia dei Navigli e piazza Cinque Giornate, lungo corso di Porta Vittoria. Nel 1887/88 fu coperto il tratto tra la piazza e l’Osteria del Pellegrino, l’odierna piazza Santa Maria del Suffragio, mentre sul finire del secolo venne deviato il corso del Naviglietto facendolo defluire totalmente nella roggia Senavra. La parte sino a Monluè venne così riempita di terra e dimenticata. Nello stesso periodo venne completata la tombinatura comprendo anche i tratti lungo l’attuale viale Corsica.
Coperto il Naviglietto le due strade che lo costeggiavano si trovarono così unite in un unico, ampio vialone, che continuò a chiamarsi Strada o Stradone per Monluè e, dopo il 1781, Strada per la Senavra. Fu solo nel 1878 che venne deciso di cambiarne nome, celebrando così la più gloriosa tra le Cinque Giornate di Milano, il 22 Marzo del 1848. Non tutti ne furono però contenti e l’8 giugno dello stesso anno, il consigliere Pompeo Castelli si oppose al cambio di nome, sottolineando come la presenza del Manicomio della Senavra risultasse oltraggioso per una dedica così “patriottica”!
Il Manicomio della Senavra ai primi del Novecento. L’edificio dopo l’apertura del nuovo manicomio al Mombello venne abbandonato per decenni, costantemente occupato da disperati, senza casa e da immigrati dal sud e infine trasformato negli anni Sessanta nella chiesa e oratorio del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo.
In ogni caso il lunghissimo rettifilo cambiò nome in Corso 22 Marzo. Sotto di esso il Naviglietto continuava però a scorrere, chiuso dentro due canali paralleli di circa 2 metri di diametro, prendendo l’acqua dal Redefossi in Piazza Cinque Giornate.
Nessuno o quasi aveva più memoria di quell’antichissimo canale quando, nel 2013, il manto stradale lungo il corso iniziò a cedere, rischiando di far sprofondare auto, tram e taxi dentro il Naviglietto! Per alcune settimane le corsie preferenziali del corso vennero chiuse e iniziarono i lavori di consolidamento della volta del Naviglietto, che per alcuni mesi rivide la luce del sole. I lavori terminarono nel novembre del 2013 e il Naviglietto tornò nel buio assoluto.
Fonte: Milano Scomparsa, “Le Città nella Storia d’Italia” – Milano, Edizini la Terza 1982
Tag: Storia, Naviglietto, Canale, Porta Tosa, Porta Vittoria, Corso di Porta Vittoria, Cavo Bergognone, Senavra, Monluè,
Si dimentica una cosa che prima si ricordava. Quanti milanesi (veri o presunti, reali o acquisiti) sono mai stati a conoscenza dell’esistenza di questo canale?
Vero ma dalla descrizione (un canale di 2 metri) mi sembra che fosse la fogna di zona. Poi grazie al cielo coperta per decenza.
Piange il cuore a vedere queste immagini: ahimè la riapertura dei canali resterà per sempre sulla carta. Che errore enorme asfaltarli…
Milano ha un tesoro sepolto !
E UF lo disvela poco a poco
Grazie
Fantastico, questa non la sapevo proprio.
Ma di foto del 2013 ce ne sono?
Riaprire in parte i navigli aiuterebbe Milano a diventare una città più vivibile e verde. Catrame & auto hanno distrutto questa città. Il futuro può andare d’accordo con il passato.
Che vengano riaperti ! subito! e che Sala, se rieletto, mantenga le promesse elettorali, non come ha fatto nel primo mandato!
Oggi Milano con i navigli lasciati aperti sarebbe stata come Amsterdam oppure una delle tante città europee vivibili e affascinanti.
Non imbruttita.
Ma si può sempre cambiare.
E recuperare gli sbagli fatti in passato.
Renderla più bella vivibile e affascinante.
Umanizzarla.
Siamo nel 2021 possiamo farlo.
Più che riaprire i navigli interni, a Milano, per renderla più umana, sarebbe molto opportuno limitare il traffico automobilistico privato. È l’unica soluzione, il resto sono palliativi. Il trasporto pubblico deve essere potenziato ripristinando itinerari tranviari centrali stoltamente soppressi a partire dagli anni Sessanta.