Milano | Ambiente – Gli alberi ribelli in città cresciuti dove non si potrebbe

A Milano, e immaginiamo in ogni città del mondo, l’urbanistica ha pensato a creare un ambiente possibilmente ordinato (ci riferiamo in generale), dove ci sono strade, marciapiedi, aiuole, parchi e palazzi. Naturalmente ci sono vie e viali alberati (e noi spereremmo ce ne siano molti di più nel futuro) dove i progettisti hanno studiato un ordinato filare di alberi piantati ad una certa distanza tra loro e con i palazzi che affacciano sulla via (ora per norma dovrebbero esserci non meno di 2,5 o 3 metri tra il palazzo e l’albero).

Ora, si sa che la natura non segue mai il volere dell’uomo e perciò, se non viene disturbata, si adatta e cerca di vivere la propria vita come più gli aggrada.

Girovagando in ogni angolo della città, come facciamo spesso, ci siamo imbattuti almeno cinque volte in alberi (anche di notevoli dimensioni) che si sono aperti la strada, letteralmente, infischiandosene del luogo in cui son cresciuti e delle “disposizioni” dettate dal Comune.

Ad ogni modo ci siamo chiesti se per caso ci siano altre piante come queste sparse in città. Intanto vi mostriamo quelle che ci hanno colpito.

Iniziamo dal grande platano di via Masolino da Panicale alla Cagnola, dove svetta alto, possente e solitario questo bell’esemplare di albero cresciuto proprio di fronte al civico 13 della via. L’albero deve avere anche parecchi anni, tanto è grosso e alto. Nella sua piccola aiuola creata al posto di un parcheggio per automobili, sono stati piantati cespugli e palme da rendere quel piccolo angolino affollato di verde.

A questo punto ci domandiamo: perché il Comune non programma l’alberatura dell’intera via? Così magari, il povero platano non sarà più solo.

Altra storica pianta nata in condizioni di fortuna e che si è aperta un varco tra le pietre della strada è quella che possiamo trovare in via Franchino Gaffurio nel distretto di Loreto a due passi da piazza Caiazzo, dove un altro platano, Platanus x acerifolia, domina la strada in solitudine. Anche qui, il Comune pare infischiarsene e lo lascia da solo.

A Porta Romana, in via Altaguardia, si trova un altro albero, in questo caso una paulonia, che è cresciuta in mezzo al marciapiede ed è rimasta lì anche quando sul finire degli anni Novanta venne edificato il nuovo complesso residenziale di via Altaguardia 3.

Infatti, l’edificio si sviluppa in linea lungo via Altaguardia, con un fronte continuo leggermente curvato che s’interrompe per consentire la salvaguardia dell’antico albero di paulonia, che è stato trasformato in protagonista dello spazio destinato alla corte d’ingresso.

Altro albero che si è aperto uno spazio per crescere è la famosa pianta di robinia di via Enrico Panzacchi nel distretto Magenta. In questo caso l’albero è cresciuto in un piccolo spazio tra i due palazzi del civico 4 e 6 e il marciapiede. Cresciuto sino a raggiungere il secondo piano.

Ultimo degli alberi che conosciamo e che si sono aperti un varco nell’asfalto è un’altra robinia che ha trovato casa tra un cordolo di marciapiede e l’asfalto davanti al civico 8 di via Ruggero Bonghi a Chiesa Rossa. Qui l’albero è cresciuto più recentemente, infatti è comparso nel 2016 e oggi possiamo considerarlo un vero e proprio albero con una chioma non indifferente.

Di seguito segnaliamo alcuni alberi solitari che meritano una mezione.

Non lontano da Corso Magenta possiamo ammirare anche il bel faggio rosso di via Caradosso, dietro l’abside di Santa Maria delle Grazie. Anche se questo bell’esemplare di albero non crediamo sia nato ribellandosi e nascendo spontaneamente dove si trova. Certo è senza alcun dubbio una bella presenza solitaria.

Tra gli alberi solitari e giganteschi dobbiamo inserire almeno il famoso platano di Affori, vecchio di quasi 200 anni e che si trova all’incrocio tra via Astesani e via Affori. Nato nel piccolo comune di Affori e che oggi “costringe” i passanti a deviare il percorso sul marciapiede, perché il suo grande tronco invade il la strada.

Ma anche il grande platano di via Mascagni a Porta Monforte, un tempo in compagnia del fratellino e ora unico e incontrastato signore della via.

L’esemplare di Platanus x acerifolia, ormai centenario anche lui, è radicato in un’ area che è stata interessata, all’inizio degli anni ’90, da un imponente scavo per la costruzione di uno dei primi grandi garage sotterranei della città.

Questo Platano, simbolo vivente di una natura che riesce a resistere e a coesistere con infrastrutture urbane sempre più aggressive, è stato al centro, nel corso dell’ultimo ventennio, di numerosi studi ed interventi finalizzati alla sua salvaguardia, è stato dichiarato “Monumento della natura” durante la campagna Salvalarte 2006 di Legambiente; rimasto orfano del suo gemello minore posto sull’altro lato della via e sostituito successivamente con una nuova pianta. Come si può vedere, quest’esemplare arboreo, porta i segni del tempo e delle “mutilazioni” causate dall’uomo che nel corso del tempo ha proseguito la sua operosità cercando di mantenerlo.

La via Mascagni venne aperta a partire dalla fine degli anni Trenta con la costruzione del palazzo dell’ex Casa dell’Opera Nazionale Balilla aperta nel 1937, ma completata solo negli anni Sessanta. L’albero in questione, assieme al suo “gemello” ormai sostituito, faceva parte del grande giardino e orto che si trovava all’interno dell’isolato formato delle vie Conservatorio, Bellini, Donizzetti e Corso Monforte. Qui si trovava una grande costruzione realizzata nel primo decennio del 900 e che durante la Priam Guerra Mondiale venne adibita come “Ospedale dei Francesi”, nostri alleati durante la guerra che qui ospitavano i feriti delle loro truppe occupati a combattere in Italia.

Oggi il “sopravvissuto” si erge solenne in mezzo a palazzi moderni, superandoli anche in altezza (ad eccezione della vicina torre di via Mascagni).

Referenze immagini: Roberto Arsuffi, Google, Zero.eu

Ringraziamo per gli aiuti: Alessandro Fortuna e gli amici di Milano Sparita

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

26 commenti su “Milano | Ambiente – Gli alberi ribelli in città cresciuti dove non si potrebbe”

  1. E vivaddio che crescono da soli!

    Se stiamo ad aspettare i milanesi divrebbero crescere solo alberi di cemento…!!!

    Meno male che ci sono alberi ribelli!

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  2. Non occorre assolutamente avere per forza un filare; se non è possibile è sufficiente piantare alcuni alberi, sfalsati o a 2-3. Sarebbero già sufficienti per dare del verde alla via e renderla più gradevole.

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  3. Dalle foto si vede fin troppo bene quanto spazio pubblico delle nostre strade è dato alle sole automobili.

    Marciapiedi stretti, parcheggi ovunque ci sia uno spazio libero, piste ciclabili rare come gli alberi di cui sopra.

    Sarebbe ora di togliere un bel po’ di spazio alle macchine e restituirlo al verde e ai cittadini, avremmo una città più fresca e vivibile, con molto meno traffico.

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    • In realtà per alberare quelle strade non ne dovresti nemmeno togliere tante di auto… quando chiedi la scusa sono i sottoservizi, non le auto.

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      • Si ma le auto occupano inutilmente e gratuitamente un sacco di spazio che sarebbe più democratico e più logico dare a tutte le persone, non solo ai proprietari di macchine.

        Tutto lo spazio in città occupato dalle auto è semplicemente spazio buttato via, mentre si sa quanto vale un m2. Un vero peccato insomma che Milano sia ridotta a un parcheggio a cielo aperto e non a una città verde. Potrebbe essere una città molto più ricca e avere molte più opportunità economiche con molte meno automobili ovunque.

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  4. Concordo con tutti coloro che vorrebbero preservare questi alberi, sia perché l’uomo può progettare tutto quel che vuole ma non potrà mai cambiare il corso della natura, sia perché stranamente lo slogan di Sala è sbandierare 3 milioni di alberi ma l’unica cosa che si vede e molto bene è abbattere con ogni scusa molti alberi ad alto fusto e, spesso, senza validi motivi. Cosa che io farei ad esecutori e mandanti di questo scempio ingiustificato ed inutile. Grazie UF per questo articolo e a chi ha commentato

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    • Ne segnalo un altro, che presto diventerà famoso: il bel Platano, alto circa 20metri, che se ne sta tranquillo e solitario ora in un posto diventato, per lui, sbagliato. Solo il secondo classificato nel concorso della Biblioteca Beic, ovvero team De. Lucchi, ne ha tenuto conto, disegnandolo nelle tavole di progetto e arretrando l’ intero edificio in progetto dal filo strada, ove si trova, appunto, il Platano…..

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  5. I milanesi hanno una grande sensibilità per gli alberi e per il verde. E allora non mi spiego perché ogni volta che scrivo rammaricato perché l’area del Policlinico non è stata trasformata in un parco, ricevo solo commenti contrari o addirittura il silenzio. Come accadrà, credo, anche stavolta.

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    • A Milano, gli alberi (così come le bici) sono visti solo come espedienti anti-auto… basta sentire le dichiarazioni dei timidi e sparuti “verdi” per capirlo.

      Che vuoi che gliene freghi di discutere se il Policlinico era giusto tenerlo li o (ad esempio) di che senso abbia il Carcere di San Vittore li dov’è o se non sarebbe meglio ristrutturarlo e trasformare il resto dell’area a verde?

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  6. Solo una precisazione, dalle foto pubblicate sia l’albero di via Panzacchi sia quello di via Bonghi sembrano ailanti e non robinie. Qualche esperto di botanica può fare chiarezza?

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  7. Ogni tanto UrbanFile (e qualche commentatore) cade dal pero e non capisco se mi fa più tenerezza o imbarazzo.

    Lo si sa benissimo perché il comune non crea “compagnia” per questi alberi solitari: perché poi ci sarebbero le proteste di quelli a cui togli il posto auto sotto casa, categorie tra le più rumorose e potenti (letteralmente, visto che membri ACI letteralmente siedono nella Giunta) di Milano.

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