Milano | Porta Nuova – Il Villino Braga perso per sempre, un monito?

A dire il vero ne avevamo già parlato tempo fa in un articolo del gennaio 2021, ma visto cosa sta avvenendo in città in questi giorni, e cosa è più volte successo, abbiamo pensato di proporre anche questo bellissimo articolo del nostro amico Rustego e il suo blog di cronache edilizie milanesi, e relative ricerche riguardanti l’edilizia storica di Milano.

Cos’è successo in questi giorni? Se qualcuno non ha letto o saputo, è stata demolita una graziosa palazzina in piazza Trento, la quale lascerà posto ad un nuovo condominio residenziale più alto e capiente. Stessa sorte che rischia anche un’altra deliziosa villetta eclettica anch’essa destinata alla demolizione per venire sostituita da un nuovo condominio di sei piani. Insomma, pare che la storia non insegni nulla e che gli enti competenti fingano che certe problematiche non esistano, forse nascoste dai fogli burocratici che fan figurare certi interventi legittimi. Insomma, con questo articolo vogliamo sottolineare che troppo spesso si fanno scelte scellerate e che cancellano opere degne di essere mantenute anche come memoria storica di questa città (che non vorrei assomigliasse più a Singapore o New York che alla Milano di Manzoni, di Porta o Umberto Eco).

Iniziamo dalla fine di questo delizioso edificio:

“Il caratteristico gruppo di villette costruito su un reliquato (un terreno ricavato dove si trovavano le mura dei bastioni) tra il viale Monte Grappa e i Bastioni di Porta Nuova si sta demolendo in questi giorni. Niente da rimpiangere, neanche dal punto di vista dell’estetica; è da augurare però che gli uffici comunali abbiano fatto giustizia dei progetti di grattacieli che si pensava di costruire sull’area resa libera. In quella posizione una casa molto alta costituirebbe certo una bruttura”.

(Corriere della Sera, 23 ottobre 1937).

Nessun rimpianto. Nell’autunno del 1937 i due villini vennero demoliti per lasciare il posto ad un edificio moderno di 7 piani realizzato nello stile razionalista ormai in voga. Cancellando per sempre o quasi (visto che alcune foto ancora si possono vedere) due villini di graziosa fattura e stile.

Per fortuna non la pensavano così i redattori de “L’Edilizia Moderna” del numero di settembre del 1908 – così poco, già, durò il Villino Braga! – che oltre ad evidenziare la qualità architettonica delle due opere così vicine tra loro – genero e suocero – ricordavano anche le difficoltà di realizzarle proprio sopra il Cavo Redefossi. 

Il piccolo lotto, dalla forma di un trapezio irregolare, ospitava in uno spazio ristretto sia il Villino Bonsignore – il più grande del gruppo – sia il Villino Braga, con, in mezzo alle due proprietà, un fabbricato adibito a “rustici”, ovvero scuderie, magazzini e locali per la servitù. Se in pianta la distribuzione non risulta particolarmente interessante, altro discorso è per gli alzati: l’architetto cav. Ernesto Quadri, il progettista delle due costruzioni, riuscì a realizzare una costruzione notevole, piacevole alla vista, equilibrata sia pure nelle ricche decorazioni: se l’ing. Roberto Gandini si occupò delle problematiche strutturali al di sopra del Redefossi, l’arch. Quadri collaborò con altri artisti del tempo per realizzare quella che voleva essere la massima espressione di ricchezza possibile per un medio borghese, agiato e ansioso di condividere il proprio status con la città intera.

Le vicende del villino Braga si intrecciano profondamente con quello del suo più grande – ma non di molto – vicino, il villino Bonsignore. Infatti per entrambi i villini fu richiesta istanza di licenza edilizia lo stesso giorno, il 12 dicembre 1905: progettista il medesimo architetto Ernesto Quadri e direttore delle opere ing. Riccardo Gandini. Così furono descritte le opere:

“Villino a due piani con solai sottotetto destinati ad abitazione. Il piano terreno si trova rialzato di m. 1.60 sul piano del marciapiede stradale. Murature costruire con mattoni mori forti [sic]. Impalcature con orditura di poutrelles e gettate di cemento. Tetto alla piemontese con tegole piane nere. Decorazione esterna eseguita in pietra artificiale di cemento. Pavimenti parte in piastrelle di cemento e parte a parquets. L’annessa piccola scuderia verrà costruita secondo le norme di un retro riguardo [illeggibile]. Pavimento delle scuderie in [illeggibile] metallico”.

Il genero faceva costruire un villino con scuderie accanto a quello del suocero in un lotto di forma irregolare e difficile da gestire in assenza di buoni rapporti di vicinato, date le distanze limitate e le scuderie di fatto in comune tra loro. La prima versione del progetto, non allegata al fascicolo, fu respinta il 27 dicembre 1905 dalla Commissione Igienico-edilizia: “La decorazione esterna dovrà venire ristudiata con intento di maggiore sobrietà”. Ed è un peccato non poter eseguire un confronto tra questa e la seconda versione, i cui disegni allegati, bellissimi per qualità ed estremamente interessanti, mostrano un corpo di fabbrica quadrangolare nel quale si innesta su un lato la consueta torretta panoramica e sull’altro la scala scenografica dal quale avveniva l’ingresso principale. L’alzato è dominato da un tema principale collocato su tutte le finestre del piano nobile: due figure femminili – vestite, forse memori delle recenti storie intorno a quelle seminude di Palazzo Castiglioni in corso Venezia – che tendono le braccia l’una verso l’altra al di sopra dell’architrave, in un ricco sfondo floreale. Tema forte, carico di impatto, forse riferito proprio alla moglie di Luigi Braga, di cognome Bacigaluppo, che fu poi realizzato in “tono minore” ma sempre carico di simbolismo: altre finestre infatti sono sormontate da figure maschili a torso nudo. La “coppia” insomma viene celebrata in un tripudio amoroso…

In ogni caso, questi disegni piacquero alla Commissione che il 28 febbraio 1906 diede finalmente parere favorevole al progetto. I lavori tuttavia con ogni probabilità dovettero iniziare da subito, se già il 27 marzo successivo fu fatta richiesta per la Prima visita relativa alle opere al rustico; è vero che il villino era di dimensioni contenute, ma dal punto di vista strutturale avrebbe dovuto affrontare una difficoltà non usuale, ovvero costruire le fondazioni al di sopra della copertura del Redefossi, mediante un arco in muratura. Comunque la Relazione di Prima visita porta la data dell’11 maggio 1906 ma con esito incompleto, in quanto le scuderie non erano ancora state terminate; la Relazione definitiva fu eseguita il 18 luglio successivo. 

Fu probabilmente in questa fase che si decise di ampliare il piano primo del villino, in modo da armonizzare obiettivamente la copertura ed il corpo scala. Tale variante richiese tuttavia una nuova istanza, datata 28 novembre e nuovo parere favorevole, del 5 dicembre 1906, da parte della Commissione igienico-edilizia. La Seconda visita fu eseguita anch’essa due volte, come da cronologia che riporto successivamente. I lavori terminarono pertanto nella primavera del 1907.

Le fotografie esistenti testimoniano un villino grazioso e pieno di carattere, portatore di una ventata Art Nouveau poco diffusa in realtà a Milano, dove si prediligeva uno Stile Floreale più piano e disteso. Gli elementi decorativi del villino sono invece abbondanti, carichi ed enfatici, come le alberature collocate sugli spigoli della torretta, elemento visivamente e concretamente centrale del fabbricato.

Il villino fece bella mostra di sé, insieme al suo compagno villino Bonsignore, per una trentina d’anni presso Porta Nuova, dialogando efficacemente con essa e costituendo un terminus visivo caratteristico. Se fosse stato conservato costituirebbe oggi una testimonianze eccellente del periodo floreale italiano, oggetto di interesse e studio per esperti, appassionati e semplici turisti: il destino ha voluto invece che fosse sostituito nel 1938 da uno scatolone moderno privo di qualsiasi qualità che non fosse quella economica.

Cronologia

  • 12 dicembre 1905: Istanza di Licenza per  la costruzione di un villino e stabile per scuderia.
  • 27 dicembre 1905: Parere con note della Commissione igienico-edilizia.
  • 28 febbraio 1906: Parere favorevole della Commissione igienico-edilizia.
  • 27 marzo 1906: richiesta di Prima visita per le opere al rustico.
  • 11 maggio 1906: Relazione di Prima visita per le opere al rustico, suppletiva I°.
  • 18 luglio 1906: Relazione di Prima visita per le opere al rustico, suppletiva ultimo.
  • 28  novembre 1906: Istanza di licenza per la costruzione di un villino e stabile per scuderia.
  • 5 dicembre 1906: Parere favorevole della Commissione igienico-edilizia.
  • 14 dicembre 1906: richiesta di Seconda visita per le opere al civile.
  • 5 gennaio 1907: Relazione di Seconda visita per le opere al civile, definitiva 1°.
  • 9 marzo 1907: Relazione di Seconda visita per le opere al civile, suppletiva ultima.
  • 9 marzo 1907: richiesta di Terza visita di abitabilità.
  • 1907: termine dei lavori e consegna della villa
  • 1937: demolizione

Referenze immagini: Roberto Arsuffi, Rustego, Milano Sparita

Fonti: cronache edilizie milanesi, Rustego

Ernesto Quadri, liberty, piazzale Principessa Clotilde, porta nuova, Villino Bonsignore, Villino Braga,

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

7 commenti su “Milano | Porta Nuova – Il Villino Braga perso per sempre, un monito?”

  1. Quando leggo articoli come questo, mi domando perchè il Corriere non venga a intervistare voi, anzichè i soliti noti della scena Milanese quando si parla di patrimonio storico Milanese.

    Siete un’isola di freschezza in mezzo ad un lago di trombonismo (da una parte e dall’altra). Grazie!

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  2. Dentro la circonvallazione 90/91 si dovrebbe porre massima attenzione a modificare volumi e cortine edilizie. Gli scempi dei famosi sopralzi. Credo invece che Milano si debba regalare qualche demolizione eccellente. Tipo due edifici di 10 piani a sx e dx di Via Dante. Che hanno rovinato e deturpano lo skyline storico su asse Castello, Cordusio, Duomo.

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  3. “Il destino invece ha voluto che fosse sostituito nel 1938 da uno scatolone moderno privo di qualsiasi qualità che non fosse quella economica”.
    In questa frase si racchiude il senso di tutto. Negli ultimi decenni si è progressivamente perso il senso del bello fine a sé stesso in nome del valore economico e della rendita fondiaria, giustificando il cambiamento con artificiose e incomprensibili argomentazioni teoriche (cd pippe) sul piano della funzionalità, del dialogo con le preesistenze, della trama green, dell’impatto energetico ecc.
    I recenti fatti (gravi) avvenuti a Milano e la brutta aria che tira da questo punto di vista dimostrano che si persevera nello stesso errore cancellando lentamente pezzi di storia della nostra città per imbastardirla con architetture omologate all’international style, spesso del tutto prive di originalità.
    Tutto con il silenzio-assenso delle istituzioni che a vario titolo dovrebbero tutelare la storia e l’identità del territorio che rappresentano.
    Ti chiedi dunque: sono solo incapaci o anche corrotti? Tutte e due le cose purtroppo.

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    • Grazie, questo articolo ci fa riflettere. Gli amministratori di Milano perseverano anche oggi nel distruggere edifici se non di valore storico comunque graziosi sostituendoli con brutti e mastodontici grattacieli e complessi che tolgono spazio al verde alla luce in nome di una sostenibilità che non esiste. Anche la Palazzina Liberty abbandonata e in triste declino farà la stessa fine?

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  4. Articoli del genere ti fanno diventare un dittatore,
    Il problema reale e che a Milano non è raro distruggere l’antico.

    È praticamente diventata una Regola.
    Il bello ripaga sempre, guarda Parigi è la città più turistica e bella del mondo.

    È talmente bella che ci trattano malissimo e noi ritorniamo comunque,
    Penso non sarebbe possibile in nessuna parte del mondo.

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