Milano | Navigli – Il Vicolo dei Lavandai in pericolo di crollo

Povera Milano, più passa il tempo è più i suoi vecchi gioielli pare finiscano la loro esistenza, quasi ignorati da chi invece, dovrebbe averne cura. Così abbiamo uno stadio (il Meazza) che cade a pezzi ed è diventato obsoleto, sopratutto per le squadre di calcio che vorrebbero abbatterlo per sostituirlo con qualcosa di nuovo. Ma la stessa cosa succede anche per i piccoli gioielli sparsi ovunque in città, che soccombono alle ruspe perché non più utili agli scopi moderni, come i vecchi cinema, che spariscono o diventano altro, oppure gli storici garage, anch’essi ormai inutili e non redditizi cedono il posto a nuovi condomini residenziali.

A Milano non si scherza neanche con il liberty, tanto osannato come stile simbolo della città, ma che alla fine lo si può demolire come si fa con uno stupido cabino degli attrezzi. Ne avevamo parlato qualche tempo fa. Al link l’articolo sul demolire o preservare?

Negligenza, noncuranza o mera speculazione, fa si che a Milano ci si accorga, spesso, che i suoi simbolici edifici o manufatti, finiscano transennati perché pericolanti e magari, si attende che crollino per poi sbarazzarcene per portare avanti altri intenti, come sta succedendo a Macconago dove la seicentesca chiesetta sta crollando a pezzi senza che per ora sia stato mosso un dito. Stessa cosa per un’altra piccola chiesetta, questa a Castagnedo, in grave pericolo di crollo (anche se qui, grazie ad un gruppo di appassionati cittadini, la questione pare verso una soluzione positiva).

Sarà il caso del Vicolo dei Lavandai in zona Navigli? Struttura ormai utile solo per far le foto?

Sicuramente no, per fortuna, visto che qui i turisti ci vanno a visitare quest’angolo intatto di una Milano antica dall’atmosfera quasi contadina. Ma anche qui, come sempre, si deve giungere a dover transennare il manufatto perché pericolante e pericoloso? Non si poteva intervenire prima?

Pensare che quando il Vicolo dei Lavandai con il suo antico lavatoio non veniva considerato dai turisti (inesistenti) veniva usato, curato e riparato, perché serviva. Il bello è che questo accadeva ancora negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, quando le “sciure” venivano ancora a lavare e fregare i panni sulle beole, anche quando faceva freddo e magari nevicava (una volta molto di più di adesso). In questo vicolo il lavatoio pare esistesse già nel 1700 e a lavare i panni dei ricchi, erano gli uomini, ecco perché “«”lavandai”»” al maschile, tanto che il luogo era anche conosciuto come Vicol de Bugandee (da “bugada”, bucato). 

Il vicolo è una stradina sterrata e privata, che dall’Alzaia Naviglio Grande si addentra per una ventina di metri seguendo un’antica roggia (“el fossett”) oggi alimentata dalle acque del Naviglio Grande, per poi svoltare a gomito e tornare verso l’Alzaia.

L’ambiente è rimasto praticamente intatto sino ai giorni nostri con le case d’epoca vecchie di secoli ormai, e il lavatoio pubblico, rimasto miracolosamente in parte, intatto.

Qui vi operava, sino agli anni Quaranta, la Confraternita dei Lavandai, che si occupava soprattutto di lavare la biancheria delle famiglie abbienti, che la raccoglievano in gerle che venivano poi ritirate e trasportate a spalla nel vicolo. I lavandai si inginocchiavano ognuno su uno dei “brellin” di legno posti in fila sotto la tettoia e, dopo aver sciacquato i panni nel ruscelletto li strofinavano sugli stalli di pietra tuttora presenti. Già durante la seconda guerra mondiale i lavoratori della confraternita vennero sostituiti dalle donne, che portavano lì i propri panni da lavare, uanza portata avanti sino agli anni Sessanta, per poi perdersi per sempre.

Che dire, oggi come dicevamo, la struttura rimasta (un tempo era lunga quasi come il vicolo), un pergolato in legno che sorregge un tetto in tegole di cotto, rischia di crollare. Qualche tegola è caduta e da settembre il manufatto è puntellato e transennato. Già sette anni fa la proprietà era intervenuta con una sostituzione di alcune tegole e travi.

Vicolo e lavatoio coperto appartengono alla proprietà privata che possiede anche gli edifici circostanti e come fanno sapere da una loro nota: La tettoia e gli spazi antistanti sono sotto la piena gestione della proprietà che farà eseguire i lavori più utili a garantire sicurezza e integrità.

Per ora non si sa quando verrà fatto l’intervento, anche perché il luogo è sorvegliato speciale dalla Sovrintendenza con un “vincolo paesaggistico”. Un simbolo da conservare e tutelare e che non deve diventare (come succede spesso, ahinoi) un dehor o una veranda dell’attiguo, ad esempio, ristorante.

Speriamo a questo punto, che si intervenga quanto prima.

Referenze immaigni: Milano Sparita, Roberto Arsuffi, Paolo Monti, Getty Images

Navigli, Vicolo dei Lavandai, Alzaia Naviglio Grande, Monumento, Restauro

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

11 commenti su “Milano | Navigli – Il Vicolo dei Lavandai in pericolo di crollo”

  1. ennesimo pezzo infarcito dalla solita retorica da “era meglio prima”, “si stava meglio quando si stava peggio” e luoghi comuni vari.
    Crescete, amici di UrbanFile, aprite le fila a nuovi redattori, nuova aria ci vuole, solo così eviterete le pernacchie di ancora vi legge!

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  2. Tutto un pippone sui bei tempi andati rimpianti (da chi poi veramente?), per poi arrivare alla fine che la proprietà privata ha già predisposto i lavori per sistemare il tutto. Anni fa’ questo blog guardava al futuro con speranza, sembra che al pari passo con l’aumento anagrafico degli autori, anche questo blog stia perdendo la sua capacità di guardare al futuro, ma si sta rivolgendo sempre più al passato, proprio come un boomer. Provate a prendere nuovi collaboratori che guardino un po’ più al futuro con speranza e meno attaccati ai “bei” tempi andati guardati con nostalgia.

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    • C’è una differenza tra guardare il passato e preservare un po’ di storia della città. In ogni caso, se leggi Urbanfile ogni giorno, vedrai da te quanto verde, boschi, parchi e alberi singoli, angoli di città, varie chiede e palazzine antiche sono sparite, x fare spazio al tuo futuro composto da parallelepipedi e cubi “copia e incolla” senza un minimo di fantasia architettonica. Te saludi..

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    • E allora il tuo è uno sproloquio, pieno di frasi fatte e luoghi comuni; ma hai letto bene? Hai guardato le figure? La struttura è già compromessa, tant’ è che è stata transennata, quindi tutto questo interesse della proprietà dove sarebbe? E’ una denuncia l’ articolo, di come a Milano sia ormai l’ andazzo…che sembra però una strategia ben precisa…e poi se a te piace la nuova Milano di vetro-acciaio e di alberelli stitici che sbucano fuori da pietrame stile lunakod/piazza San Babila (“bellissima”, vero?) tienitela questa tua nuova Milano, ma solo per te.

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    • Senza voler offendere nessuno, e con tutto il rispetto per chi gestisce il blog. Sono molto affezionato al Vicolo dei Lavandai, ai Brellin e alla tettoia in questione, e sicuramente va preservata. Ma sono anche d’accordo con Tony sul tono dell’articolo, spesso presente su molti articoli. La realtà a volte è più complessa del ‘non voler preservare’, visto che in questo caso si tratta di proprietà privata. E poi c’è la contraddizione del Meazza, che molti voglio preservare, anche se non più consono all’utilizzo. Quindi con che criterio preservare? Se non è politica allora sono soldi. Sgarbi a scelto di preservare la memoria, va bene, ma a costo dei contribuenti. Il Brellin è privato, e deciderà il proprietario, ahimè. Così come Casa degli Atellani.

      Però l’idea che tutto quello che cambia è perso per sempre è anche sbagliata. La memoria rimane. Come può una città evolvere e rimanere funzionale se nulla cambia? A Tokyo e in Giappone il rinnovo costante è parte della cultura quotidiana, i giapponesi preservano solo l’essenziale. Il resto cambia, continuamente. Un esempio per tutti, la Nagakin Capsule Tower, iconico gioiello metabolista ormai demolito. Ma il suo architetto sarebbe probabilmente stato d’accordo. https://it.wikipedia.org/wiki/Nakagin_Capsule_Tower

      Sono assolutamente d’accordo sul preservare e tutelare, ma anche sull’idea di avere punti di vista alternativi, nuove generazioni o persone con un’opinione diversa, anche per creare una conversazione, piuttosto che un punto di vista unico. Lo spirito di Milano è sempre stato uno di innovazione, e ovviamente anche di una lunga e prestigiosa storia. La città è unica anche grazie ai suoi contrasti, al cambiamento, a quello che resta ma anche a quello che lascia spazio ad altro.

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      • Eh ma togli oggi e togli domani non rimane nulla. Milano non è roma o firenze, proprio perxhè come dice lei dal dopoguerra si è rigenerata. Peró scusi ma ha fatto proprio esempi sbagliati. Chi lo dice che san siro non è più “consono”?? Le società che hanno interessi economici enormi! Ci sono varii progetti per la ristrutturazione. E poi ho letto la storia al link che ha lasciato ma mi pare che centri poco: se legge bene quella struttura era impossibile salvarla. E poi dice pure che l’architetto era contrario alla demolizione, di cui si parlava da anni per una marea di motivi, tutti riportati da wikipedia. L’Italia è quella che è, cioè un museo a cielo aperto, proprio perchè ha sempre conservato le sue meraviglie. Milano ha sempre fatto un po’ eccezione, va bene, ma stiamo attenti a non esagerare.

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    • Non è facile né necessario essere sempre puntuale nei così frequenti articoli pubblicati. Parlare del passato può essere utile e uno stimolo ricordare che a Milano da tempo manca una visione d’insieme. È indispensabile “far tornare i Lari e i Penati nella città”.

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