Testo Francesco Liuzzi per Milano Scomparsa.
Alcune foto e dipinti che mostrano i “Bastioni Spagnoli”, possente linea difensiva della città, volute nel Rinascimento da un mantovano, progettate e costruite da un milanese e pagate da tutti gli abitanti della città e che di spagnolo non hanno praticamente nulla.
Quando Milano giunse nelle mani dei Francesi nei primi anni del Cinquecento, questi si posero il problema di dover costruire una nuova cinta muraria a difesa della città, capitale del ricco e strategico ducato ai piedi delle Alpi. Nel 1516 Odetto di Foix, signore di Lautrech, Governatore del Ducato di Milano in nome di Francesco I di Francia, incaricò degli ingegneri per iniziare uno studio sulla fortificazione e lo scavo di canali difensivi. Il piano del Governatore venne approvato dal re di Francia e gli ingegneri progettarono una linea difensiva lunga 18.701 braccia milanesi, cioè 11.146 metri.
Il Ducato di Milano era però troppo importante per gli spagnoli per lasciarlo in mano dei francesi, e infatti, nel 1525, dopo asprissime battaglie che devastarono il nord Italia, le armate dell’Imperatore Carlo V presero possesso in modo definitivo di Milano. Pressato dalle altre potenze e dal papa, Carlo V rimise sul trono di Milano il duca Francesco II Sforza, ma quando questi morì nel 1535, l’Imperatore non volle sentire ragione e decise di tenere il nord Italia sotto il suo diretto controllo. D’altra parte fu lui stesso a chiamare Milano “la clave de Italia”, cioè la chiave per conquistare e controllare tutta l’Italia. A riprova il fatto che l’esercito spagnolo in Lombardia era, numericamente, il secondo di tutto l’Impero e il meglio equipaggiato; da Milano si potevano facilmente invadere l’Austria, la Germania e la Francia, e volendo pure controllare il papa e il sud Italia.
Questo enorme esercito costava un patrimonio a Carlo V, che gravò così di tasse i sudditi del Ducato di Milano, che sostanzialmente lavoravano per mantenere le sue truppe di soldati e mercenari.
Carlo V decise di mandare un italiano a governare il Ducato, scegliendo uno dei suoi uomini più fidati, Don Ferrante Gonzaga. Mantovano, nato nel 1507, conte di Guastalla e principe di Molfetta, figlio del Marchese di Mantova, a 16 anni era già stato mandato a Madrid per essere addestrato alle armi. Divenne ben presto uno dei più validi capitani imperiali e già a 20 anni guidava le armate spagnole su e giù per l’Italia, portando guerra e distruzione.
Nel 1531 venne insignito dell’Ordine del Toson d’Oro, l’onorificenza più esclusiva e prestigiosa al mondo; l’anno seguente divenne duca e poi Vicerè di Sicilia e nel 1546 venne posto nella carica più importante dell’Impero fuori dalla Spagna, Governatore di Milano.
Dopo nemmeno due anni dal suo arrivo, don Ferrante si rese conto che le gravosissime tasse che affliggevano i lombardi, avrebbero presto o tardi fatto scoppiare dei moti o una rivolta contro gli spagnoli. Decise così di tirare fuori dal cassetto quel progetto di una nuova cinta muraria che gli ingegneri del re di Francia avevano approntato trent’anni prima.
Don Ferrante, per convincere Carlo V ad approvare il progetto, scrisse una lunga lettera all’Imperatore, sostenendo chiaramente che a essere in pericolo non era Milano, ma gli spagnoli che lì risiedevano.
Sottolineò che i milanesi “si siano mostrati insolenti contro di Lei per dar loro severo castigamento, havendo errato, et per toglier la forza à così fatto veleno, avanti che egli giunga ne’ cuori de sudditi suoi”. In pratica chiedeva a Carlo V di punire duramente i milanesi che protestavano contro la corona di Spagna, prima che la rivolta si diffondesse tra tutti i cittadini.
Aggiunse anche che i lombardi si odiavano talmente tanto tra di loro, che se anche i milanesi si fossero sollevati contro la Spagna, le altre città si sarebbero immediatamente dissociate da tale rivolta, o anzi avrebbero aiutato le truppe iberiche a punire i milanesi!
Per proteggere gli spagnoli, don Ferrante suggerì di costruire la cinta muraria e un nuovo castello posto a sud, nei presso di Porta Romana, esattamente come avevano fatto i romani milleseicento anni prima.
Don Ferrante passò poi a elencare i costi di tali opere. Il nuovo castello, trovandosi fuori dai confini milanesi, sarebbe stato a carico di tutto il Ducato; le mura, al contrario, trovandosi sul confine della città, sarebbero state tutte in carico alla sola Milano.
Spiegò dettagliatamente all’Imperatore come i costi a carico di Madrid sarebbero stati nulli, anzi, ci avrebbe guadagnato! Infatti, con la costruzione delle nuove mura, la linea del dazio sarebbe stata spostata di diversi chilometri, inglobando al suo interno centinaia di migliaia di abitanti che appositamente vivevano fuori la città, nell’area che già allora era nota come Corpi Santi e dove i dazi erano enormemente più bassi di quelli della capitale.
Don Ferrante stimò il guadagno per la Corona di Spagna di 300.000 ducati all’anno grazie alla nuova linea daziaria. Non mancò di sottolineare come le tasse riscosse tramite i dazi fossero a Milano, come nel resto d’Europa, le più sicure di tutte e quelle che davano maggior gettito. Concluse infine che stimava l’aumento annuo del pagamento del dazio in 30.000 ducati, grazie al fatto che sempre più lombardi e immigrati si sarebbero trasferiti a vivere dentro le mura, dove la vita costava molto di più, ma era più sicura.
Sia gli ingegneri sotto i francesi che quelli sotto gli spagnoli, progettarono la nuova linea di mura dove già se ne trovava una, poco nota e di cui non resta alcuna traccia, se non un grande canale oggi ridotto a fognatura, o quasi. Si tratta, ovviamente del Refossum, oggi noto come Redefossi, un canale che circondava quasi tutta Milano e probabilmente scavato già in parte nel Medioevo. Azzone Visconti, nel Trecento, lo fece allargare, completare e poi fortificare da un “terraggio”, cioè da un muro in terra e palizzate e da numerose torri di guardia, sempre in legno.
Con l’aumentare della popolazione, l’area compresa tra il Redefossi e le Mura Medievali, divenne nota come Corpi Santi e vi si stabilirono una moltitudine di immigrati dal resto del Ducato, dal Veneto, dalla Svizzera, dall’Austria e dal centro Italia. Il motivo, come già scritto, era il minor dazio che gravava sulle merci e sugli alimenti, rispetto a quello di Milano.
Ottenuta l’approvazione, il 22 marzo 1549 venne svolta la cerimonia della posa della prima pietra e subito dopo iniziarono gli scavi per le fondamenta delle imponenti nuove mura, che seguivano l’andamento dell’antico Redefossi.
A seguire i lavori era l’ingegnere milanese Giovanni Maria Olgiati, che alcuni anni prima aveva seguito la ristrutturazione delle Mura Medievali e di alcune Porte; se inizialmente era prevista anche la costruzione del secondo castello, questo venne presto stralciato, dato che gli spagnoli capirono che gravare di tasse gli altri lombardi non sarebbe giocato a loro favore e scelsero di tenerseli buoni e, in caso, alleati contro gli odiati milanesi.
Il Castello Sforzesco, uno dei più begli edifici d’Europa, che per quasi due secoli aveva accolto nella sua corte sfarzosa alcuni dei maggiori ingegneri, pittori, architetti e scultori d’Europa, venne ridotto a una mera e lugubre caserma. La corte fu spostata nel Broletto Vecchio a fianco al Duomo, trasformandolo in Palazzo Ducale.
I lavori iniziarono proprio al Castello, attorno al quale venne costruita una terza linea di difesa, oltre a quella oggi ancora esistente e alla scomparsa Ghirlanda, costruita nell’Alto Medioevo. Il primo tratto di mura che venne eretto fu quello a nord-ovest, tra il Castello e quella che venne poi chiamata Porta Comacina/Garibaldi e non fu una scelta casuale.
L’antica Rocca Viscontea, sorta probabilmente su un più antico Castrum romano, era stata eretta quando Milano era chiusa entro le mura del 1171, poi ricostruite da Azzone Visconti nel Trecento.
Il Castello, nel Cinquecento, si trovava ormai chiuso su tre lati dalla città, con le case che quasi arrivavano nei pressi delle mura, limitate solo da una sorta di grande piazza e da alcuni filari di alberi. Solo il lato nord-ovest era libero da costruzioni, grazie alla presenza dell’immenso Parco Ducale.
Gli ingegneri milanesi studiarono così il modo di collegare le fortificazioni del Castello con la nuova cinta muraria, che si sarebbe trovata di molto esterna ad esso.
Si decise quindi di sfruttare un’opera difensiva costruita intorno al 1523 dal governatore Carlo da Barbiano di Belgiojoso e cioè la Tenaglia. Si trattava di un lungo braccio di mura, con strada coperta, che correva dallo spigolo nord-est del Castello verso la medesima direzione, andando così a proteggere i tre borghi che si erano andati a sviluppare lungo l’antica strada Comacina, oggi corso Garibaldi.
Le nuove mura furono così portate a incontrarsi con la Tenaglia, che fu riadattata alle nuova struttura difensiva. I lavori continuarono partendo da quella che oggi è Porta Romana, sia correndo verso ovest che verso nord-est.
Dalla parte opposta del Castello, nel 1552, si andò ad utilizzare l’analoga Tenaglia di Porta Vercellina, molto più antica dell’altra e voluta nel 1451 dal governo della città. Anche questa venne rinforzata, alzata e probabilmente fu chiusa la strada coperta.
Nello stesso anno il Gonzaga fece poi abbassare i campanili di San Francesco Grande e di San Simpliciano perché troppo alti e troppo vicini alle due antiche Tenaglie. Questo a rimarcare come anche il governatore, sotto sotto, temesse i milanesi e una loro possibile rivolta contro i dominatori spagnoli.
I lavori terminarono nel 1562 e gli 11 chilometri di possenti e alte mura erano la più grande e potente cinta muraria mai vista in Europa dai tempi dell’Impero Romano.
Discorso a parte per le porte; i milanesi erano stremati dalle tasse, gli spagnoli non volevano aprire i cordoni della borsa e le sei porte non furono altro che dei varchi nelle mura, con delle misere tettoie e delle casematte a proteggerle. Eccezione fu fatta per Porta Romana, che venne costruita in modo monumentale nel 1598, in occasione dell’ingresso a Milano di
Margherita d’Austria-Stiria arciduchessa d’Austria e nipote dell’imperatore Ferdinando, che si fermava in città lungo il viaggio verso la Spagna per sposare il futuro imperatore Filippo III.
Questa è la cronologia della demolizione dei Bastioni:
- Fine Settecento – Demolizione della Tenaglia di Porta Vercellina e della Tenaglia di Porta Comacina.
- 1888/1890 – Demolizione del Bastione di Porta Sempione, che correva lungo l’odierna via Boccaccio.
- 1904 agosto – Convenzione del Comune per abbattere i Bastioni di Porta Ticinese verso Porta Lodovica entro due anni dalla firma.
- 1905 novembre – Demolizione tratto di 100 metri dei Bastioni di Porta Venezia tra Porta Nuova e Barriera Principe Umberto, oggi viale Monte Santo.
- 1907 novembre – Delibera per l’abbattimento dei Bastioni di Porta Lodovica e Porta Vigentina.
- 1909 marzo – Ristrutturazione e abbellimento dei Bastioni di Porta Venezia, realizzazione di una nuova rampa su via Lazzaretto.
- 1911 maggio – Proposta del Comune per abbattere il Bastione di Porta Genova parallelo alla Darsena.
- 1913 luglio – Demolizione dei Bastioni di Porta Vittoria, tra le odierne piazze Tricolore e Cinque Giornate.
- 1914 novembre – Gara d’appalto del Comune per la demolizione del Bastione di Porta Monforte.
- 1919 marzo – Demolizione Bastioni di Porta Genova nel tratto tra piazza Cantore e Porta Ticinese, lungo la Darsena.
- 1930 dicembre – Demolizione della Barriera Principe Umberto e della parte rimanente dei Bastioni di Porta Venezia verso Porta Nuova, oggi via Monte Santo.
- 1933 novembre – Demolizione dei Bastioni di Porta Magenta, tra piazza Cantore e piazzale Baracca.
- 1946 settembre – 1949 gennaio – Demolizione dei Bastioni di Porta Volta.
- 1952 maggio/1953 giugno – Demolizione dei Bastioni di Porta Romana.
Referenze immagini: Roberto Arsuffi; Google; Milano Sparita; Milano Scomparsa
Storia, Bastioni, Ferrante Gonzaga, Mura Spagnole, 1500,
Grazie Francesco Liuzzi per questa interessante lezione di storia meneghina.
Notare come le mura formavano la forma di un cuore. Non per niente si diceva che il vero Milanese aveva il coeur in man.
Stupendo, grazie!
Bravi!!! Bravissimi. !!!! Fatene ancora !!! Sono molto interessanti !!!! Per un vecchio milanese come me !!!! Grazie !!!
Chissà se c’erano già gli spacciatori sui bastioni di porta Venezia…
Ironia a parte complimenti per l’articolo
Molto interessante. Complimenti.
Spero di poter leggere altre notizie così dettagliate sulla storia di Milano .
Molto interessante grazie,piccolo errore di grammatica:no asprissima battaglia ma asperità battaglia
Ho letto con molto interesse tutto ciò. Avevo studiato a scuola la storia, ma non così dettagliata. Grazie di nuovo, ho acquisito nuove conoscenze Aurora
Che le mura abbiano una influenza fondamentale sulla struttura della città attuale é dimostrato dal fatto che per via del Dazio le principali vie commerciali (centro storico a parte) sono esterne alle mura e iniziano dalle porte (corso Buenos Aires, corso Vercelli, corso XXII Marzo, corso san Gottardo e la stessa via Paolo Sarpi). Oltre a ciò nella cerchia di viali all’interno delle mura, sempre per via del Dazio, credo, ci sono molti meno negozi rispetto ai viali della cerchia appena all’esterno. Basta confrontare viale Maino con viale Piave, viale Bianca Maria con viale Premuda, viale Filippetti con viale Sabotino e viale Bligny, viale di porta Vercellina con via san Michele del Carso. E così via. La struttura economica e commerciale della città é condizionata principalmente da quelle vecchie mura. Chi l’avrebbe detto!
Si capisce, spero, che la cerchia daziaria di una volta, che una volta coincideva con le mura spagnole, e che adesso non esiste più, ha condizionato e condiziona ancora la dislocazione delle attività commerciali.