Milano | Porta Nuova – Il Centro Svizzero: un simbolo del “boom” economico

La Milano del Boom economico è stato uno dei periodi storici della città di sicuro impatto, sia socialmente, artisticamente che architettonicamente. La rinascita dopo le devastazioni belliche della Seconda guerra mondiale; Milano si rimboccava le maniche, così come l’Italia.

La nuova autostrada del Sole univa il paese, percorsa dalle prime auto per tutti, le Fiat 600 (in produzione dal 1955 al 1969) mentre la televisione fa il suo ingresso nelle case dei cittadini insieme ai frigoriferi e alle lavatrici. L’arrivo in città di nuovi lavoratori attratti dall’economia galoppante delle città del Nord. Per le strade di Milano si diffondono le persone in giacca e cravatta che iniziano a popolare gli uffici, sempre più necessari.

Questo è il quadro della nuova Italia, una Repubblica democratica dal 1948 proiettata verso il cosiddetto miracolo economico, che gradualmente investe la penisola dal 1951 e accelera dal 1955 al 1970.

In questo contesto anche controverso, Milano diventa simbolo e capitale del benessere, attirando l’interesse internazionale e diventando meta per chi cerca lavoro e alloggio. Un boom economico seguito da un’intensa edilizia, originata dalla necessità di ricostruzione dopo la guerra. Piccoli e grandi gruppi immobiliari speculano su vasti terreni agricoli alla periferia della città, trasformandoli in terreni edificabili per costruire massicciamente immobili residenziali. Se i trasporti su superficie sono ben sviluppati, il sogno della metropolitana rimane irrealizzato ancora per qualche anno (1964).

Una bellissima foto di metà anni Cinquanta di via Fatebenefratelli, verso piazza Cavour; nell’immagine, che sembra scattata a Manhattan o a Chicago, si staglia in secondo piano la possente mole del Centro Svizzero, sicuramente uno dei simboli di quel periodo storico.

Il grattacielo venne costruito in sostituzione della Società Svizzera, il cui palazzo, in via dei Disciplini (Vetra), venne totalmente distrutto dai bombardamenti del 1943/44.

La scelta di costruire il primo vero grattacielo di Milano fu dettata da mere ragioni economiche. La neonata Repubblica Italiana aveva contratto una serie di debiti con la Confederazione Elvetica. Nel 1946 gli Alleati imposero un divieto di commercio dell’Italia e della Germania con la Confederazione Elvetica; i politici di Berna, però, volevano cercare di tornare in buoni rapporti, soprattutto economici e finanziari, con tutti i paesi europei, vincitori e vinti e ancor di più con l’Italia, con la quale divide un lungo confine. Ciò valeva maggiormente con la città di Milano, che da secoli era lo sbocco finanziario e di investimento per i capitali elvetici della parte sud della Confederazione e dove vivevano migliaia di famiglie svizzere da oltre due secoli.

Il blocco del commercio e il tentativo di aggirarlo sfociarono nella costruzione del Centro Svizzero. Non potendo riportare i capitali svizzeri congelati nelle banche italiane, fu deciso di investirli direttamente a Milano, facendo costruire un nuovo edificio per la comunità elvetica.

In questo modo gli svizzeri avrebbero avuto una nuova, enorme sede nel cuore della città, mentre l’Italia avrebbe investito il denaro svizzero affidando i lavori a imprese lombarde, con buone ricadute sull’occupazione in quei difficili anni dell’inizio del Dopoguerra. Il Comune di Milano offrì gratuitamente i terreni fuori dagli Archi di Porta Nuova, dove un tempo si trovava lo storico Hotel Cavour.

Nel 1947 la Società Svizzera bandì un concorso a inviti, ai quali parteciparono vari architetti, tra cui venne scelto l’elvetico Armin Meili. Sin da subito l’incarico fu per la costruzione di un vero e proprio grattacielo; Meili viaggiò a New York per prendere l’ispirazione, visitando i cantieri del Palazzo dell’Onu e della Lever House. Questi due grattacieli furono tra i primi a presentare un’unica facciata e non più la classica struttura a torta da matrimonio, con più arretramenti dal fronte strada.

Il Comune di Milano si dimostrò immediatamente favorevole alla costruzione del grattacielo, tanto che nel Piano Regolatore che si stava preparando proprio in quel periodo, sotto la guida dell’architetto Piero Bottoni, venne appositamente previsto un Centro Direzionale dove si potevano costruire alte torri sul modello statunitense.

A unire il progetto svizzero con la realtà locale, fu l’architetto razionalista milanese Giovanni Romano, che predispose un progetto alternativo a quello di Meili. Quest’ultimo, dopo aver abbandonato i suoi primi schizzi, troppo legati all’architettura zurighese, sognò di poter riproporre le facciate in acciaio e vetro che aveva visto a New York. Il sogno si infranse immediatamente, quando a Milano gli fecero notare che non c’erano fondi a sufficienza per reperire l’acciaio necessario per un grattacielo.

Alla fine Meili e Romano riuscirono a presentare un progetto molto legato al contesto, trasformando il grattacielo in un alto condominio, come già ce ne erano a Milano, solo alto tre volte tanto. I materiali scelti furono molto “italiani”, travertino, marmo e granito, come anche la disposizione delle finestre, degli spazi commerciali e della parte terminale del grattacielo.

Il Centro Svizzero aveva 22 piani su 80 metri di altezza, diviso su due corpi, uno alto e uno, la Casa Bassa, di soli 5 piani fuori terra. I lavori iniziarono il 6 novembre 1949, dopo varie modifiche richieste dal Comune e venne inaugurato in due tranche. Prima la Casa Bassa, nel novembre del 1951 e poi il grattacielo il 16 maggio 1952.

Meili e Romano studiarono innovativi impianti interni, come il riscaldamento a pannelli, la distribuzione tramite posta pneumatica e un sistema di raccolta delle acque piovane e del loro riutilizzo dopo un riciclo in un purificatore.

Si insediarono immediatamente nel grattacielo la Società Svizzera, il Consolato Generale della Confederazione Elvetica e tutte le sedi locali delle principali società ed enti pubblici svizzeri.

Lo stesso giorno dell’inaugurazione venne aperto anche il Ristorante La Torre, posto sulla terrazza al 22° piano e con una stupenda vista su Milano.

Il Centro Svizzero fu il grattacielo più alto d’Italia sino al termine del Grattacielo di Milano, noto meglio come Torre Breda in piazza della Repubblica.

Il Centro Svizzero è stato restaurato dal 2019 al 2020, riportando le candide facciate al loro splendore. Sul finire degli anni Novanta era stato sottoposto ad una serie di interventi necessari e adeguamenti normativi, come ad esempio per la scala di sicurezza esistente, affacciata sulla piazza interna, non soddisfaceva le attuali norme e doveva essere sostituita. La nuova scala, con i parapetti portanti, rispetta tutte le nuove normative. La sporgenza che va aumentando salendo lungo la facciata è dovuta alla lunghezza delle rampe e all’inclinazione prescritte. La suddivisione delle vetrate corrisponde ai precetti di Meili.

Referenze immagini: Roberto Arsuffi, Milano Sparita, Das Centro Svizzero in Mailand: Projekt und Pläne: Architekt Dr.Armin Meili, Zürich

Fonti: Testo Francesco Liuzzi – Pagina Milano Scomparsa,

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

19 commenti su “Milano | Porta Nuova – Il Centro Svizzero: un simbolo del “boom” economico”

  1. Ok tutto chiaro, quando abbattiamo questo mostro ?

    Perdonate l’ironia, ma ho sempre trovato orribile questa torre, non ha veramente nulla di bello, oltre l’altezza.

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  2. Sarebbe stupendo un progetto firmato Boeri.
    Quella torre di cemento che sbuca passeggiando per parco di porta Venezia è a dir poco imbarazzante e obsoleta …

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  3. È interessante la genesi per cui si arrivò a pensare ad un edificio di questo genere Però da Milanese devo dire che non ho mai amato nessuno dei due elementi né il corpo basso né il corpo alto per ragioni differenti
    Il corpo basso non si armonizza con l’intorno e con i belli edifici storici

    Il corpo alto ha la presunzione di farsi protagonista in una zona storica di Milano e questo mi ha sempre molto dato fastidio forse anche perché legato ad una altra nazione come a volerne sottolineare la diversità e prominenza rispetto all’intorno

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  4. Davvero bellissima la foto degli fine anni cinquanta, ricorda molto nello stile il grande Hernst Haas e le sue fotografie delle metropoli americane.
    Circa il resto, disse Buddha un giorno che la verità è semplicemente ciò che funziona, la Svizzera… funziona; bello il grattacielo, austero, lineare, maestoso senza essere invadente, mica la roba tragicomica che fanno adesso, tra banane e vivaistica da balcone.

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  5. Bella l’idea di coprirlo con gli alberi e se proprio quest’ultimi rappresentano la Svizzera con piante da Alpi ?
    Sarebbe come o ortare la Svizzera a Milano!

    Abbiamo bisogno di più verde in questa città densa urbanisticamente.

    Concordo con i commenti sopra, è veramente fuori contesto.

    Poi credo che gli edifici alti debbano essere più belli poiché si possono vedere da lontano e con questa moda delle terrazze, i palazzi alti sono il biglietto di visita della città!

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  6. Sarebbe molto bello, ricoperto da alberi come il bosco verticale.

    L’idea di portare il verde della Svizzera nel centro di Milano è interessantissimo.

    Oltre aiuterebbe a pulire l’aria della nostra città.

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  7. Trovo congrua la costruzione, sia in rapporto al periodo storico che all’attuale. Ben inserita nel contesto ed assolutamente non disturbante

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  8. Ahahahah ..
    Gabriella, qui le cose sono due:
    O sei la figlia dell’architetto
    O ieri ti sei fatta un bicchiere di troppo

    Quale preferisci ?
    Noi non ti giudichiamo.

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  9. Io non mi capacito di come a Milano tuteliamo e salvaguardiamo gli edifici brutti e orrendi del Novecento come questo mentre invece non facciamo nulla per salvare gli edifici storici. Come ad esempio la villa neorinascimentale di via Crema o antiche cascine. Anzi li distruggiamo deliberatamente. Ho il timore che qui a Milano preferiamo il culto della bruttezza piuttosto che quello della bellezza.

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    • E’ una domanda che mi sono posto spesso anche io… e l’unica motivazione (senza voler pensare male a tutti i costi) e che i soggetti che partecipano a vario titolo nelle istituzioni che dovrebbero tutelare la storia e la bellezza di Milano vivono nel culto della del razionalismo post bellico dei vari BBPR, Figini, Moretti, Pollini, Albini etc che considerano intoccabili mentre snobbano la storia “anonima” (senza firme prestigiose) dell’edilizia del passato.

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  10. Marco, mi hai le parole di bocca
    Infatti se leggi i commenti qui sopra le persone sono talmente abituate a vedere architettura brutta, che addirittura la percepisce dopo tanti anni, da tutelare!

    Poi come dici tu, le palazzine ottocentesche vengono giù senza essere tutelate.

    Assurdo!

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  11. Basterebbe poco per cambiare questa città. Non siamo in grado di mantenere la nostra Milano bella.

    Stranamente città più moderne come quelle americane hanno edifici più “antichi” e raffinati esteriormente dei nostri.
    Perbacco noi sia l’Italia!!!!!!!

    …. e questo edificio fa schifo!

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