Noi di Urbanfile, ogni tanto, amiamo suggerire un buon libro a chi, come noi, è appassionato di storia urbana e architettura. Nei giorni scorsi è stato presentato un volume straordinario, che finalmente colma una grave lacuna nella storia architettonica di Milano: una corposa monografia dedicata a Giuseppe Martinenghi (1894-1970), uno degli architetti più prolifici della città. Martinenghi ha progettato oltre 150 edifici tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Sessanta, lasciando un’impronta significativa sul paesaggio urbano milanese. I suoi edifici, disseminati ovunque, definiscono in modo sottile ma incisivo l’identità della città, in particolare nelle aree sviluppatesi dopo l’annessione dei comuni limitrofi nel 1923. È proprio qui, tra le vecchie mura spagnole e i grandi viali di circonvallazione, che troviamo le testimonianze più eloquenti del suo lavoro.
Nel 1899 Bernard Berenson pubblicava sulla Gazette des Beaux-Arts un articolo intitolato “Amico di Sandro“, attribuendo questo nome immaginario a un pittore sconosciuto dell’ambito di Sandro Botticelli e Filippino Lippi. Berenson era riuscito a riconoscere un gruppo di opere dalla stessa mano, individuando così una nuova personalità artistica. Analogamente, indizi sparsi nell’architettura milanese del periodo tra le due guerre hanno portato a identificare, ben prima del suo pieno riconoscimento, la figura progettuale di Giuseppe Martinenghi.
Negli anni Trenta, Martinenghi raggiunge la sua maturità espressiva, contraddistinta da una classicità essenziale e da una sensibilità novecentista, con la tipica tripartizione dell’edificio – basamento, corpo centrale e coronamento. Le sue opere richiamano influenze di Adolf Loos, Gio Ponti, talvolta di Ernesto Basile, persino di Frank Lloyd Wright. Tuttavia, è importante chiarire un punto cruciale: studiare Martinenghi – e pubblicare un libro su di lui – non significa trasformarlo in un fenomeno passeggero o in un protagonista “instagrammabile” pronto per essere banalizzato o dimenticato. Martinenghi non è un talento sconosciuto da scoprire, ma un professionista che, pur lavorando spesso ai margini del dibattito architettonico dell’epoca, ha lasciato un’impronta duratura sulla città.
Appartenente a quella generazione di architetti che hanno realizzato un’architettura di qualità in grande quantità, Martinenghi ha costruito oltre 100 edifici a Milano solo tra il 1930 e il 1940. Questo volume, frutto di ricerche approfondite in archivi pubblici e privati, arricchito da immagini d’epoca, disegni originali e una campagna fotografica realizzata ad hoc, non si limita a celebrare il lavoro di un virtuoso professionista. Piuttosto, riflette sul processo di costruzione della città e sul ruolo di architetti, ingegneri e tecnici nel plasmare il panorama urbano. Un panorama il cui DNA è profondamente legato alla committenza borghese e piccolo-borghese, che in questi edifici ha trovato un simbolo della propria identità.
A completare questa opera troviamo le splendide fotografie di Sosthen Hennekam. “Architetto mancato” come si definisce lui stesso, ma fotografo straordinario, Hennekam trasmette con i suoi scatti in bianco e nero una profonda devozione per l’architettura e per la città. Il suo obiettivo cattura l’essenza di ogni edificio, trasformando anche le strutture più comuni in opere da ammirare, esaltando il dialogo tra il costruito e il contesto urbano.
Qui di seguito una mappa degli edifici di Martinenghi rilevati con la app Pure Milano Foto. La maggior parte concentrata nella parte Est della città, tra ittà Studi e Lambrate, ma anche in zona Fiera e Sempione.
Giuseppe Martinenghi. La costruzione di Milano nel Novecento
Un libro di Roberto Dulio (Autore), Davide Colombo (Autore), Andrea Coccoli (Autore) e fotografie di Sosthen Hennekam. Editore: Corte Gherardi snc di M. Cirillo & S. Hennekam, 2024
- Referenze immagini: Roberto Arsuffi; Sosthen Hennekam
- Milano, Architettura, Giuseppe Martinenghi, Novecento, Libro,
Esattamente perché dopo la guerra abbiamo abbandonato questo modo di costruire e decorare i nostri palazzi ?
Per la mania di case dal concetto moderno immagino.. finestre grandi tanta luce …
Ma visto le brutture che si vedono in giro la mia vera domanda è possibile mai che gli architetti non riescono a trovare uno stile nuovo e più decoroso rispetto alle palazzine costruite in fretta nel dopoguerra ?
Posso capirle allora ma adesso quel concerto non ha senso!