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Ecco che fine hanno fatto gli angoli “pittoreschi” di Milano. Parliamo di una delle porte minori delle antiche mura medioevali, la Pusterla dei Fabbri, oggi al suo posto si trova il busto con aiuola selvaggia del povero Cesare Correnti in Piazza Resistenza Partigiana. Il varco gotico si trovava al termine di Via Cesare Correnti in direzione di via San Calocero e le campagne verso ovest. Anche qui, come per altri luoghi milanesi, possiamo dire: avrebbero dovuto salvarla e mantenerla al suo posto.
La Pusterla dei Fabbri venne eretta nel corso del Trecento, in concomitanza con la realizzazione delle mura medievali da parte di Azzone Visconti. L’edificio si sviluppava su una sola arcata a sesto acuto, sovrastata da una torre quadrangolare. L’arcata di ingresso aveva dimensioni differenti rispetto a quella d’uscita, di modo da apparire come un imbuto, lungo peraltro più di dieci metri. Con la demolizione del tratto di mura medievali adiacente, la Pusterla dei Fabbri rimasta intatta venne affiancata da diverse nuove abitazioni ricavate da edifici sorti a ridosso del Naviglio. Le nuove costruzioni arrivarono nel corso del Settecento a sovrastare la pusterla, quasi nascondedndola, anche perché non più usata come dazio o porta difensiva. Adirittura sopra l’arcione venne creata una “ringhiera”, una fra le prime ringhiere tipiche delle abitazioni popolari milanesi.
La Pusterla dei Fabbri nel corso della sua storia ha assunto diverse denominazioni, a partire da quella di Fabia, ereditata da una precedente pusterla di epoca romana. Questa pusterla, dedicata in onore di Quinto Fabio Massimo detto il cunctator era da molti considerata già al tempo un’intitolazione ai sacerdoti Fabi, depositari del culto di Giove, che avevano il proprio tempio fuori le mura dove ora sorge la chiesa di San Vincenzo in Prato. Le trasformazioni linguistiche nel corso dei secoli hanno portato la Pusterla dei Fabi, poi Fabbrica e quindi Fabbri a cambiare nome spesso. Quest’ultima si riferiva soprattutto a un tessuto sociale ben consolidato nel corso dei secoli nella zona, che si era via via popolata delle botteghe di molto fabbri ferrai, confinati lontano dall’abitato ai margini della città per la loro particolare attività (rumorosa e senza orari), che necessitava inoltre dell’acqua (quella del Naviglio li vicino).
Nel 1877, nominate due apposite commissioni e analizzati diversi rapporti e pareri, il Comune di Milano avanzò la proposta di un’eventuale demolizione della Pusterla dei Fabbri. La sostanziale parità tuttavia fra i pareri negativi e favorevoli alla demolizione, portò a una sostanziale immobilità della questione, che si protrasse per decenni. Nel 1884 la Società Storica Lombarda spingeva energicamente per la conservazione della vecchia pusterla, ritenendolo l’ultimo esempio delle nove o dieci pusterle che, nelle mura della Città, si interponevano alle sei porte maggiori.
Tuttavia a nulla valsero queste prese di posizione, anche autorevoli. Il 6 marzo 1900 la discussione giunse a una svolta negativa: la porta fu definita addirittura “un cumulo di macerie”,”dalle linee semplici”. La pusterla venne pertanto demolita nei mesi subito successivi, e il salvabile venne preservato e donato ai Musei del Castello Sforzesco, all’interno del quale venne ricostruita nel cortile sotto la torre del Carmine. Negli anni 50 venne ricomposta all’interno del museo, secondo il progetto di riordino realizzato dallo studio BBPR, l’arco che dava sulla campagna, ora costituisce virtualmente l’accesso stesso al museo all’interno del salone d’ingresso.
Durante la demolizione all’inizio del 1900
Di seguito Piazza Resistenza Partigiana come appare oggi, a voi il giudizio, io non aggiungo altro, semmai vi rimando all’articolo che feci il 26 ottobre 2012