Milano | Cinque Vie – Chiese scomparse: Santa Maria Beltrade

Santa Maria Beltrade era tra le più antiche chiese del capoluogo lombardo, anche uno dei primi luoghi di culto consacrati a Maria. La chiesa fu edificata nel 836 per opera, pare, di un certo Conte Beltrado o più verosimilmente da una contessa longobarda di nome Bertrade, ritenuta parente di Carlo Magno. Nell’epoca carolingia, i nomi Berta, Bertrude o Bertrade erano abbastanza comuni. A pochi passi, nell’odierna piazza del Duomo stava sorgendo la Basilica Vetus, ovvero Santa Maria Maggiore, alle spalle di Santa Tecla, detta Basilica Major o cattedrale estiva, post costantiniana.

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La nostra immagine è solo evocativa, visto che, purtroppo, della vecchia chiesa non si hanno immagini

Secondo il Fiamma (XIV secolo), sappiamo che la chiesa era di forma rotonda in origine, perciò denominata anche Santa Maria Rotonda Bertrade. L’edificio sorgeva tra una piazzetta laterale al vicolo delle Asole e l’odierna via Torino. Era circondato da un piccolo cimitero, come succedeva spesso nei primi edifici religiosi in città. Il luogo dove sorse era anche chiamato “Malcantone” appellativo che i vecchi cronisti attribuiscono a una delle solite favole sulle sconfitte degli ariani al tempo di Sant’Ambrogio. In realtà l’appellativo deriva dalla posizione angusta di via Torino (allora molto più stretta di oggi) che risultava a ridosso di via dell’Unione piuttosto stretta.

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L’odierna via Torino e la chiesa nell’anno 1000 ricostruzione evocativa

 

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Stesso luogo oggi

Probabilmente l’edificio, troppo piccolo e vetusto, venne ingrandito in forme romaniche perdendo per sempre le tracce della sua originaria forma rotonda, unica testimonianza della chiesa antica è il ritrovamento dopo la demolizione, di due blocchi in pietra privi di ornamento, probabilmente basi di muri o colonne. Sulla chiesa antica si hanno scarse notizie e non ci sono pervenuti documenti inerenti ad incarichi di progettazione o ricostruzioni varie, ma l’importanza della zona di via Torino è sottolineata dalla presenza di molte chiese come Santa Maria Beltrade, San Satiro, San Sebastiano, Sant’Ambrogio in Solariolo e San Giorgio al Palazzo; o persino documentata dalla pianta di Milano eseguita da Leonardo intorno al 1497, che rappresenta la forma Urbis della città intorno al centro gravitante su piazza San Sepolcro e nell’indicazione del tracciato centrale di via Nerino, compresa tra via Santa Marta e l’attuale via Torino.

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Il luogo della chiesa nei secoli

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Da documenti del XVI Secolo sappiamo che Santa Maria Beltrade era a pianta longitudinale, con una navata sola che misurava 34 braccia di lunghezza e 24 in larghezza, e due cappelle laterali, con abside rivolta a oriente, verso l’attuale via Torino. Durante il periodo medievale la chiesa era dotata anche di un campanile, poi eliminato. Se ne ha traccia nelle scritture fatte nelle visite pastorali ancora nel 1500 e definito “vetus”, doveva fiancheggiarla sul lato sinistro ed era oramai malconcio.

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Del 1100 circa, sono le due lapidi marmoree oggi conservate al Castello Sforzesco. Una illustra il Corteo della Madonna dell’IDEA, l’alta raffigura i simboli dei Quattro Evangelisti. Entrambi posti in facciata (forse l’archivolto del portale centrale o come altari all’interno) nei restauri ottocenteschi vennero spostati sulla parete laterale e poi portati al Museo del Castello, la datazione si colloca entro il 1130.

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La chiesa era anche conosciuta col nome di Sancta Maria Cerealis (candele) per un rito che si è tenuto per lungo tempo (forse dall’epoca del Concilio di Efeso – 431) e che aveva un’importanza molto forte in città. Si trattava della processione detta della “Candelora“, una delle più antiche feste mariane presenti a Milano. Celebrata il 2 febbraio, in occasione dell’anniversario della Purificazione della Vergine. Consisteva in una processione solenne, che riecheggiava la tradizione bizantina (e pagana), e si svolgeva dal Duomo a Santa Maria Beltrade portando in spalla un’immagine della Madonna con bambino chiamata “IDEA” (forse ricordo di una festa pagana dedicata alla dea Cibele, Mater Ideae), questa veniva benedetta nella nostra chiesa e riportata in cattedrale. Questa cerimonia è immortalata anche in un bassorilievo un tempo murato prima all’interno della chiesa, poi sulla parete esterna, oggi conservato nelle raccolte del Castello Sforzesco. Ancora oggi la processione si svolge con l’icona dei Besozzo ogni 2 febbraio all’interno del Duomo e anche in S. Ambrogio con una icona diversa. Viene portata a spalla l’immagine della Madonna dell’Idea, realizzata da Michelino e Leonardo da Besozzo nel 1317 circa. Si tratta di una tavola a cuspide che raffigura su un lato la presentazione di Gesù al tempio, con Maria e gli anziani Simeone ed Anna (protagonisti appunto del Vangelo proclamato nella festa del 2 febbraio), e dall’altro la Vergine in trono con il Bambino.

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La chiesa di Santa Maria Beltrade era la parrocchia della famiglia dei Missaglia, famiglia di armaioli che aveva la casa in via Spadari. Domenico Missaglia forniva le armature a Filippo Maria Visconti, Tommaso a Francesco Sforza, e Antonio il più importante, divenne armaiolo ducale nel 1476 e fu nominato fornitore ufficiale dei signori legati agli Sforza. Pertanto all’interno della chiesa si trovava una cappella con un altare dedicato a San Tommaso, fatto erigere da Francesco Missaglia nel XV secolo, dove venne sepolto il padre Tommaso. Anche l’intera comunità di Spadari  qui faceva celebrare la festa della conversione di San Paolo, loro protettore. Nella chiesa dovevano esserci numerose lapidi, a ricordo delle sepolture di uomini illustri menzionati anche dal Forcella (storico italiano).

Sul finire del ‘500 Santa Maria Beltrade subì una ricostruzione che avvenne su progetto di Giuseppe Meda, compresa la deliberata per la costruzione di tre cappelle. Nel 1592 il visitatore Monsignor Mazenta scriveva: status ecclesiae sive forma esprimi non potest cum de presenti construatur adeo sit imperfetta (lo stato della chiesa al momento attuale non può essere interpretato in alcun modo, la forma è ancora imperfetta). Nel 1597, da una descrizione dettagliatissima si deduce che l’edificio era prossimo alla conclusione:era a nave unica con due cappelle a destra e due cappelle a sinistra, con sette altari compreso il maggiore. A destra dell’altare maggiore, c’era una cappella dedicata alla Beata Vergine dei Sette Dolori, a cui è legata l’istituzione di una confraternita fondata nel 1587 da Gaspare Visconti, arcivescovo. Sempre da un documento del 1597 si ha notizia che la chiesa era quasi terminata, e si confermava a nave unica con due cappelle a destra e due a sinistra. Sempre nel 1597 risulta rifatto anche l’altare maggiore, con la mensa in pietra e il resto della struttura in laterizio; sopra vi era posto un tabernacolo in legno dorato e, sotto la mensa, si conservavano le numerose reliquie. Questo altare era denominato della Purificazione della Beata Vergine, a cui era dedicata la chiesa stessa. A destra delle cappelle erano posti la sacrestia e il battistero, mentre sinistra esisteva un altro ambiente non ben specificato. Sulla destra della Cappella Maggiore dovevano esserci due altari, entrambi dedicati a San Giovanni Battista, uno alla sua nascita e l’altro alla sua decollazione. In seguito al rifacimento della chiesa nel 1601, i due altari furono unificati. Sono più certe le cappelle dedicate a San Giorgio Giacomo e Sant’Antonio abate, originariamente collocate a sinistra dell’altare maggiore, entro lo stesso recinto, ricordate da una lapide posta in un primo tempo in corrispondenza della cappella e poi trasferita sul muro esterno della chiesa, menzionata dal Forcella e ora al museo del Casello.

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La statua ora nella chiesa di via Oxilia

Di particolare importanza, come abbiamo già visto, era la cappella della Beata Vergine dei Sette Dolori. In origine vi era un dipinto medievale, molto rovinato, sostituito dal doppio dipinto della tavola dei Besozzo. Per la grande devozione dei milanesi per la Madonna Addolorata, nel 1600 la cappella venne dotata di una statua della Madonna realizzata da Virgilio del Conte su disegno del pittore Giovanni Ambrogio Figini, che la portò a termine all’incirca nel 1602 per essere portata in processione nella sera del giovedì Santo. Nel 1644 la cappella venne arricchita di stucchi e dorature, oltre che da tele che furono fatte dipingere appositamente per questo sito. Nelle due pareti laterali sopra due piccole porte rifinite in marmo, e nella volta, Stefano Maria Legnani detto il Legnanino 1661-1713 dipinse il padre eterno con gli angeli recanti gli strumenti della passione di Cristo. Sotto l’altare dove venne posta la statua della Madonna Addolorata, fu pure collocato una scultura intagliata nel legno rappresentante Cristo morto (entrambe le sculture si trovano nella nuova chiesa di S.M.B. in via Oxilia). Sulla balaustra in marmo erano collocate due statue marmoree che rappresentavano San Giovanni Evangelista, di Stefano Sampietro, e Maria Maddalena di Giovanni Battista Dominione.

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Santa Maria Beltrade fu interamente restaurata nuovamente anche nel 1717. Nel 1814 e nel 1854 da parte del Muraglia la chiesa subì una radicale trasformazione, fu privata dei suoi numerosi ornamenti, imbiancata e arricchita di nuovi arredi sacri. Fu sostituito l’altare maggiore che era di legno intagliato (opera di Carlo Garavaglia 1613-1663), con un nuovo altare di marmo, su disegno dell’architetto Leopold Pollack, si costruirono il nuovo pulpito e la nuova cantoria, inoltre fu dato un assetto diverso alla disposizione delle cappelle. Così anche la facciata subì una radicale trasformazione che la trasformò come si può vedere attraverso le immagini fotografiche dell’epoca. Una facciata a capanna, con tre pinnacoli, su quello centrale poggiava una croce, su i due laterali due statue non ben chiare, decorata lungo gli spioventi da una cornice con archetti trilobata, e una serie di riquadri sulla lesena del lato destro. Nonostante gli edifici circostanti avessero coperto il lato sinistro della facciata, si intravedeva ancora il rosone centrale secondo gli stilemi neo-romanici. Dei portali di accesso in facciata ne rimanevano solo due, entrambi arcuati.

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Nel 1914 venne sconsacrata, ma la soprintendenza ai monumenti della Lombardia poneva il vincolo sulla chiesa di Santa Maria Beltrade, non tanto per l’importanza del monumento oramai compromesso nei rifacimenti ottocenteschi, ma per salvaguardare i bassorilievi appena citati ancora visibili sulle pareti esterne. Durante il primo conflitto mondiale, la chiesa divenne un deposito militare, pertanto le opere di valore vennero portate nella vicina chiesa del Santo Sepolcro e all’arcivescovado.

Nel 1924 la curia arcivescovile chiese alla sovrintendenza il permesso di alienare la chiesa e l’ottenne con la clausola di trasportare i bassorilievi sopra descritti al museo civico del Castello Sforzesco di Milano, dove si trovano tutt’ora.

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Sempre nel 1924 inizia l’attività il cinema Regina: la sala si installa tra le mura dell’antichissima chiesa di Santa Maria Beltrade, sconsacrata proprio in quell’anno. Si tratta di una sala di prima visione che viene inaugurata con la proiezione del film La donna di Parigi (Chaplin, 1923 con Adophe Menjou) e arredata con eleganza: all’ingresso una maschera in guanti bianchi strappa i biglietti e per l’accesso in sala si passa tra morbide tende di velluto color granato; poi, una lunga passatoia attutisce il rumore dei passi nei corridoi laterali.
La gestione della sala è a cura dell’Italo American Consortium che segue anche il cinema Diana.
In cartellone ci sono le ultime novità cinematografiche, tra le quali non mancano mai i nuovi film di Rodolfo Valentino, programmati in contemporanea con il cinema Diana. (www.giusepperausa.it)

Soppressa la vecchia chiesa di Santa Maria Beltrade, nel 1927 il nome fu adottato dalla nuova chiesa con sede in via Oxilia 8, dove si conserva la statua cinquecentesca rappresentante e la Beata Vergine col cuore trafitto dalle sette spade ovvero la Madonna dei Sette Dolori, mentre in una teca sottostante si trova ancora la scultura lignea raffigurante il Cristo morto, della fine del XVII secolo. Nel 1934, in seguito all’attuazione del piano regolatore che prevedeva la trasformazione della contrada di Santa Maria Beltrade in piazza, la chiesa venne demolita lasciando solo il nome alla piazza. Ed ecco come a Milano si fanno sparire i monumenti.

Santa Maria Beltrade e piazzetta 1905-1915 particolare

Santa Maria Beltrade e piazzetta 1905-1915

Piazzetta della Chiesa di Santa Maria Beltrade
Piazzetta della Chiesa di Santa Maria Beltrade
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La facciata ottocentesca e il vicolo. Sullo sfondo il palazzo di via Torino con cupola in fase di costruzione
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Il vicolo Santa Maria Beltrade oggi scomparso. Sullo sfondo i palazzi di via Torino
Via Torino, Abside della Chiesa di Santa Maria Beltrade
Via Torino, Abside della Chiesa di Santa Maria Beltrade in versione cinema
S. Maria Beltrade Autore Ferrari Arturo 1890
S. Maria Beltrade Autore Ferrari Arturo 1890
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L’ingresso del cinema Regina

 

Fonti: “Antica e nuova Santa Maria Beltrade: due chiese, un’unica devozione” (edizione parrocchiale) – “Milano:le chiese scomparse volume III ” (Civica Biblioteca d’Arte) – “Cinema Milano di Giuseppe Rausa”

Ecco invece com’è stata trasformata Piazza Santa Maria Beltrade oggi. Per fortuna, oggi è una delle poche piazze alberate del centro storico. Unico avanzo e testimone di un tempo è il grazioso portone seicentesco incastrato tra i palazzi moderni al civico 6.

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

2 commenti su “Milano | Cinque Vie – Chiese scomparse: Santa Maria Beltrade”

  1. Insomma gli anni 30 sono stati l’inizio ufficiale dell’imbruttimento di questa città. Nel giro di 20 anni siamo passati da una città piena di piazzette e vicoli acciottolati, di chiese e palazzi antichissimi, di canali navigabili, angoli silenziosi e romantici, arredo urbano elegante e curato a quello che conosciamo oggi. Ed io che fino a pochi anni fa avevo sempre pensato che fosse stata solo colpa della guerra.

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    • E’ proprio così Davide. Fino agli anni 20 Milano era una città bellissima, che aveva fatto innamorare personaggi come Stendhal e Hemingway. Il principio della fine è stata l’ansia modernista (ti ricordi i futuristi che volevano asfaltare i canali di Venezia??).

      Poi la guerra che ha fatto il disastro.

      Ma il vero colpo di grazia secondo me l’ha dato la speculazione edilizia del dopoguerra. Varsavia e Dresda, che erano rase al suolo, sono state ricostruite tali e quali. Ai palazzinari nostrani invece non sembrava vero di poter rubare preziosi metri cubi in pieno centro.

      Noi milanesi ce l’abbiamo proprio messa tutta per distruggere l’eredità che ci avevano lasciato i nostri antenati.

      Se vuoi farti un’idea di come più o meno doveva apparire la Milano di fine 800-primo 900, fatti un giro nel centro di Mantova o di Treviso.

      E poi ti verrà da piangere…. LOL

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