Milano | Centro Storico – Sant’Alessandro in Zebedia il primo barocco

In una delle più belle piazze milanesi sorge la grandiosa basilica di Sant’Alessandro in Zebedia, a due passi dal Duomo. Come spesso accade, uno dei luoghi meno conosciuti di Milano.

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Sant’Alessandro in Zebedia è uno dei monumenti principali del barocco in città e di sicuro in Italia.

L’edificio è situato nel luogo dove la tradizione narra che fu tenuto prigioniero Sant’Alessandro, in un carcere costruito in epoca romana e mantenuto da un certo “Zebedeo” (le cui origini non sono però note). Durante il periodo delle persecuzioni cristiane furono rinchiusi i soldati romani Cassio, Licinio, Bruto, Severino e Alessandro, tutti poi santificati.

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Piantina di Milano, la zona di Sant’Alessandro nel 1500

In origine venne costruita una chiesa primitiva, incastrata tra altre costruzioni e preceduta da una piccola cappella dedicata a San Pancrazio.

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Sul finire del 1500 l’antica chiesa era mal ridotta, così come la cappella di San Pancrazio, così venne decisa la sua totale trasformazione. Sarebbe sorta una più grande chiesa che occupasse il terreno e la piazzetta di entrambe le chiese.

Inizialmente la scelta ricadde su un architetto barnabita Lorenzo Binago che progettò una chiesa a pianta centrale, la quale la si può considerare una delle ultime sperimentazioni su questo tipo di planimetria, i cui modelli vengono dal progetto di Bramante per San Pietro, recuperato tra i vari autori, tra i quali in questo caso si fa riferimento probabilmente all’Alessi. L’Alessi infatti risulta attivo a Milano, dopo il suo lungo lavoro a Genova dove aveva progettato la basilica di Santa Maria Assunta in Carignano.

La costruzione ebbe inizio nel 1601, cui si affiancò, come perito per i dissesti statici, e per la costruzione della cupola il più noto Francesco Maria Richino. La prima pietra della chiesa venne posata il 30 marzo 1602 dal cardinale Federico Borromeo, andando ad aggiungersi ai numerosi cantieri religiosi attivi nella Milano di quell’epoca, quali San Giuseppe, Sant’Angelo, Sant’Antonio abate, e naturalmente il Duomo. Con esse rappresenta uno degli esempi più precoci del Barocco milanese. La costruzione fu molto celere, tanto che la cupola era già terminata nel 1626. Fu terminata dal Richino nel 1658, mentre proseguivano i lavori di decorazione interna.

Come si può vedere, questa chiesa ha una forma a croce greca (transetto di dimensioni uguali alla navata) e una pianta centrale, con una profonda abside. Il transetto, le quattro cappelle laterali e la navata sono inscritte in un quadrato perfetto. All’incrocio del transetto e la navata si trova un enorme, alta cupola. Mentre due campanili gemelli coronano la facciata e la cupola su entrambi i lati come si è visto dalla piazza.

Una storia-leggenda vuole che questa chiesa, assieme alla di Cattedrale di Jaén in Spagna (1570-1802) e alla basilica di Carignano a Genova (1588-1603) abbiano ispirato le classiche chiese e cattedrali dei paesi dell’America Latina, ispirandone le facciate barocche, quasi sempre coronate da due campanili laterali. Tesi mai confermata, ma che potrebbe avere delle fondamenta visto che gli spagnoli governavano Milano nel 1600. La struttura a due campanili è considerata uno dei più illustri antecedenti della celebre facciata borrominiana di sant’Agnese in Agone a Roma in piazza Navona.

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Un disegno della piantina

 

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La facciata, inizialmente rinascimentale, è decorata da bassorilievi, è affiancata da due campanili come abbiamo visto. La si può suddividere in due fasce, quella inferiore, tardo rinascimentale, è del 1620, mentre quella superiore, realizzata nel Settecento, è nello stile del barocchetto lombardo.

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Peccato che la piazza sia sempre usata come parcheggio per motocicli, rendendo l’immagine sempre inquinata.

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L’interno è un ricco capolavoro di opere pittoriche del barocco lombardo del ‘6-700, con tele di Camillo Procaccini e Daniele Crespi. (foto di tommolo)

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La sagrestia possiede una ricca e sontuosa decorazione ad affresco che ne copre la volta e le pareti al di sopra degli armadi intagliati, ad opera del Moncalvo e dei Fiammenghini.

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Camillo Procaccini, Adorazione dei pastori, 1615

 

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

6 commenti su “Milano | Centro Storico – Sant’Alessandro in Zebedia il primo barocco”

  1. Sempre un piacere fornirvi foto e quando si può anche qualche elemento di documentazione! 🙂

    Ieri stavo spulciando dei documenti alla Sormani ed alla biblioteca della biblioteca d’arte del Castello Sforzesco per cercare prove valide della relazione tra la Basilica di Carignano a Genova, il Sant’Alessandro e la cattedrale di Jaen ma ancora non sono arrivato a nulla, vi farò sapere.

    Secondo Daverio (“la buona strada, 150 passeggiate d’autore”) qui assisteremmo addirittura ai primi sviluppi del barocco.

    In un altra video intervista, il celebre storico dell’arte sostiene che questa chiesa avrebbe ispirato Borromini a Roma (Vedere dal minuto 3:50, link al video: http://video.corriere.it/philippe-daverio-tandem-milano-medioevale1/bd4fb61e-8b1d-11e2-b7df-bc394f2fb2ae)

    Indagherò anche alla biblioteca della Cattolica per avere fonti sulle relazioni dei vari ordini religiosi, in ogni caso se ci saranno sviluppi vi terrò aggiornati! 🙂

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  2. Grazie mille! Approfondire questa ricerca sarebbe davvero interessante. Quando per la prima letto che per alcuni Santa Alessandro era il primo esempio di barocco in Italia mi sono davvero molto emozionato!

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  3. La biblioteca della Cattolica mi ha fornito utili indicazioni, il collegamento tra Sant’Alessandro di Milano e Sant’Agnese in Agone a Roma è molto lineare.

    Borromini era un architetto ticinese, terre da sempre molto legate all’influenza dei Borromeo (Bon Romeo, una famiglia romana trasferitasi a Milano).

    Il giovane Borromini iniziò la sua carriera come scalpellino del Duomo, sotto la direzione del capocantiere Francesco Maria Richino. Quando Lorenzo Binago inizia i lavori al Sant’Alessandro in Zebedia, Borromini ha solo 2 anni. Il cantiere è inaugurato da Federico Borromeo, un cardinale per cui Borromini sicuramente avrà sempre sentito molta devozione. Alcuni ipotizzano che il suo soprannome Borro-mini sarebbe una storpiatura, un vezzeggiativo di Borromeo (il suo vero cognome è infatti Francesco Castelli).

    Al Binaghi presto si affiancherà come consulente tecnico il Richini, per l’ambiziosa cupola. Questi è probabile che abbia portato con sè anche i più abili scalpellini del Duomo, tra cui probabilmente spiccava già il giovanissimo Borromini.

    Alla partenza del Borromini da Milano, nel 1619, la basilica di Sant’Alessandro è già a buon punto, e c’è da aspettarsi che lo scalpellino Borromini abbia visto i progetti per il completamento della basilica del suo maestro Richini, che otterrà poi l’esclusiva per il completamento di Sant’Alessandro dopo il 1629, causa morte del Binago.

    A Roma, comunque, il Borromini continua come scalpellino sotto Carlo Maderno, anch’egli ticinese come lui, nel cantiere di San Pietro. Solo nel 1634, a ben 35 anni, dopo la morte del Maderno, il Borromini ha l’occasione di ottenere il primo incarico come architetto.

    Nel frattempo, nel 1630, a Milano Sant’Alessandro viene consacrata, probabilmente dall’anziano Federico Borromeo (morirà l’anno seguente). È possibile che Borromini sia venuto a vedere la consacrazione della chiesa edificata dal suo vecchio Maestro e dal cardinale a cui era tanto affezionato? Non abbiamo notizie in proposito, ma possiamo ipotizzare che sia una ragione più che valida per tornare brevemente a Milano.

    Nel 1630 è conclusa la parte inferiore della facciata, buona parte della cupola e manca ancora l’abside. Insomma, l’elemento iconico degli alti campanili che incorniciano l’alta cupola sul tamburo c’è già.

    A Roma intanto nel 1652 Innocenzo X Pamphilij fa costruire una cappella su Piazza Navona, affidandone il progetto a Girolamo Rainaldi. Il suo progetto è di una bassa e tozza cupola incorniciata da due bassi campanili innestati su un vestibolo ampio, una facciata insomma piatta.

    Nel 1653, Innocenzo X è scontento del poco aggraziato progetto di Rainaldi, che viene rimosso dall’incarico. Borromini ha l’occasione di farsi notare dalla committenza pontificia, e progetta una bassa facciata curva, senza alcun vestibolo, don due esili e slanciati campanili gemelli alle estremità che incorniciano una cupola su tamburo abbastanza slanciata e ben visibile dalla piazza. Qui Borromini probabilmente prende ispirazione da tutto l’alfabeto proto-barocco del Richini di Sant’Alessandro, con facciate curve, mosse, non lineari che vibrano come corde di violino pizzicate tra le due estremità date dai campanili laterali. Le facciate non lineari trovano lo sfondo ideale, in Sant’Alessandro a Milano come in Sant’Agnese in Agone a Roma, in delle alte cupole retrostanti, “a panettone” (Daverio).

    Sant’Agnese in Agone sarà un modello poi copiato in tutto il barocco seicentesco, e sarà presa a modello anche per le cattedrali dell’America Latina e dell’Asia coloniale spagnola, allora in piena fase di evangelizzazione missionaria. In molti casi, infatti, nelle cattedrali dell’America Latina e delle Filippine, troviamo la struttura a campanili gemelli, a facciata non lineare con alta cupola “a panettone” retrostante.

    – La pianta della Sant’Agnese in Agone di Girolamo Rainaldi (ancora molto piatta e Rinascimentale, come si vede):

    http://www.santagneseinagone.org/images/photo10.jpg

    – Progetto della facciata di Sant’Agnese in Agone di Girolamo Rainaldi (qui ancora si vede l’influenza Manierista di Pietro da Cortona e del suo primo progetto per la chiesa dei Santi Luca e Martina al Foro Romano):

    http://www.romainteractive.com/immagini/visite_guidate/s_agnese/01.jpg

    Molto presto, comunque, cercherò di fare un articolo sul thread “Monumental Churches of Milan” sul forum internazionale di SSC per riassumere per filo e per segno tutta la documentazione che ho raccolto in questi giorni. Ce n’è davvero per farci un romanzo, e uno di quelli anche piuttosto avvincenti! 🙂

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