Pochi giorni fa siamo stati invitati a vedere dal vivo lo svolgimento del restauro al dipinto nella Sala delle Asse di Leonardo Da Vinci. Ringraziamo ancora chi ci ha permesso questo privilegio, che di sicuro non scorderò facilmente. Premetto che io sono molto legato a Leonardo Da Vinci, poter vedere da vicino una sua opera mi emozionava, quando salendo sulle impalcature, e poter vedere l’intreccio di fogliame e rami dei gelsi disegnati (ancora presunta la sua firma per questa parte del dipinto) dal grande personaggio del Quattrocento italiano mi commoveva.

Come ci ha raccontato la fantastica e gentilissima dottoressa Francesca Tasso, responsabile delle Raccolte d’Arte del Castello, questa sala ha subito nel corso dei secoli tantissime vicessitudini da rendere alquanto complesso il restauro dell’opera pittorica.
Dalle carte sforzesche risulta che Leonardo si accingeva a dipingere la Sala delle Asse nell’aprile
del 1498, impegnandosi a finirla entro settembre. Il nome venne dato da Luca Beltrami che interpretando le lettere dell’epoca si citava di “liberare la sala delle asse”per iniziare i lavori a Leonardo. Non è noto se l’artista abbia portato personalmente a termine il lavoro o se la decorazione sia stata da lui interrotta e completata da altri.
Dopo la disfatta di Lodovico il Moro (1499) Leonardo lasciò Milano e quindi presumibilmente anche i lavori nella Sala delel Asse, che, con la trasformazione del castello in caserma subì molti rimaneggiamneti. Il dipinto venne coperto da vari strati di imbiancature, la sala venne trasformata in stalla con le relative conseguenze.
La decorazione riguarda la volta e la parete nord della sala. Essa si basa su un fitto intreccio di rami e fogliame di gelso (morus il nome latino, un chiaro riferimento a Lodovico il Moro), che si sviluppa in una sorta di pergolato e sfonda idealmente la parete della sala chiusa, trasformandola in un brano di paesaggio all’aperto con cielo azzurro.
La decorazione della Sala delle Asse fu scoperta dall’architetto Luca Beltrami verso la fine dell’Ottocento nel corso dei lavori di restauro del Castello Sforzesco.
Luca Beltrami nel tentativo di ripristino della sala, non risulta si sia preoccupato di documentare lo stato della decorazione al momento del suo primo riconoscimento, mentre venne affidata al pittore Rusca la totale ridipintura delle superfici pittoriche, trasformando l’insieme in una verione liberty del dipinto. Non vi fu comprensione, allora, per i frammenti autografi, oggi concordemente riconosciuti a
Leonardo, dipinti a monocromo rinvenuti alla base su due pareti.
Le tracce pertanto non vennero considerate e si coprì l’intero “zoccolo” con pannelli a modo di Boiserie con seduteche ricrearono un presunto aspetto quattrocentesco.
Nel corso dei restauri degli anni Cinquanta, condotti da Ottemi Della Rotta, l’arbitraria ridipintura del Rusca venne rimossa per riportare gli affreschi sottostanti ad uno stato di migliore leggibilità.
A questo intervento, che risale ormai a sessant’anni fa, non ne sono mai seguiti altri, neppure per
una semplice manutenzione. Ne deriva uno stato di conservazione precario su tutto il dipinto e soprattutto sulle pitture a monocromo, di certa mano di Leonardo, come risulta da un confronto con le documentazioni fotografiche dell’ultimo restauro: allarmante è la presenza diffusa di sali come ci spiegava la responsabile delle Raccolte d’Arte, con conseguente perdita di intensità.
Il particolare in questione è il frammento sulla parete est, messo in luce nel restauro del 1954, ricoperto da disegno preparatorio monocromatico bianco nero, dove si vedono grosse radici che penetrano in alcune stratificazioni rocciose: si tratta della base del fusto dell’albero, da cui originariamente si dipartivano tutte le fronde verdeggianti che coprono la volta della sala, intrecciandosi secondo motivi geometrici. Questa scoperta ha confermato inequivocabilmente come il programma iconografico non fosse circoscritto alla volta, la parte oggi meglio conservata, ma intendesse svilupparsi ampiamente anche sulle pareti circostanti e col restauro tuttora in corso sono stati ritrovati altri frammenti di disegno in bianco e nero, facendo presumere una possibile presenza di altri disegni sotto lo strato di calce.
Per il 2015, anno di Expo, la sala sarà aperta al pubblico ma avrà ancora le impalcature, perché il lavoro, molto complesso, si prolungherà ancora per molti anni.
Ringrazio molto anche IgersMilano, Ilaria e tutti quelli che ci hanno dato questa opportunità
Per chi vuole seguire i restauri.


















Queste due foto mostrano il particolare rimasto di come il pittore Rusca sia intervenuto all’inizio del ‘900






Di seguito le immagini storiche della Sala delle Asse con la sistemazione di Luca Beltrami e poi della studio BBPR degli anni 50






