Milano | Molinazzo – La chiesa dei Templari in mezzo ai palazzoni

Il territorio milanese era in prevalenza agricolo fino agli anni Cinquanta del XX Secolo; poi il boom edilizio e demografico ha cancellato – assieme alla loro storia e alla loro cultura – ettari di terreni agricoli per ospitare la sempre più crescente comunità urbana. Questa è la sorte toccata anche al complesso della cascina Molinazzo, che si trovava a due passi dalle odierne piazzale Siena e via Rembrandt.

La leggenda vuole che siano stati i Templari a fondare un ospitale tra Milano e Baggio intorno all’anno mille. Subito si sviluppò un nucleo di edifici, stalle e botteghe e un piccolo oratorio. Sempre leggende narrano pure che il nostro arcivescovo Ariberto d’Intimiano officiò in questa chiesetta il 13 luglio del 1023.

Lo spazio era originariamente conosciuto come Oratorio di San Giacomo al Restocco. Restocco era un fontanile estremamente importante per la zona ovest di Milano. Un’altra abside e la sagrestia furono aggiunte alla fabbrica primitiva e vennero decorate di affreschi pregevoli. Un volo di angeli nella cappelletta di Sant’Antonio e un Ecce Homo probabilmente del Solari e una Pietà della scuola del Caradosso. Le caratteristiche architettoniche ancora percepibili dell’interno appartengono al tardo Rinascimento.

La maggior parte della costruzione attuale è una tarda sovrapposizione cinquecentesca alla struttura primitiva dovuta al periodo di San Carlo Borromeo. All’epoca della terribile peste del 1500, infatti, anche questa piccola comunità rurale ebbe un momento di gloria, quando San Carlo percorrendo sul dorso di una mula le sei miglia che corrono tra essa e l’arcivescovado, si recò a benedire l’unica campana fissata su di un simulacro di campanile per supportare spiritualmente i poveri abitanti del luogo impossibilitati di muoversi. Vuole la leggenda che, appena la chiesetta fu aperta, l’epidemia in tutta la zona sparì come per incanto, tanto che molta gente della città, attratta da quella fama, vi si trasferì, alloggiando alla meglio nelle dimore contadinesche che presero il nome ben presto anche di “Cascine della Salute”. Da allora la chiesa di San Donato, ad una sola navata, umile e disadorna, fu rinnovata in breve tempo; con l’affluenza delle elemosine e dei lasciti, si poté decorarla riccamente oltre che a restaurarla. Al tempietto giunse in visita pastorale il 4 maggio 1595 anche il cardinale Federico Borromeo. Venne anche realizzato un sontuoso altare barocco.

Il tempietto, per quasi due secoli, fu retto dai Francescani che avevano costruito vicino un vastissimo convento. Questo non doveva avere, per altro, alcun pregio artistico se al tempo della riforma di Giuseppe II, essendosene i frati allontanati, non si ebbe scrupolo di trasformarlo in case rurali e in fienili. Voci narrano che persino Napoleone vi si soffermò per dormirvi passando da queste parti. Qualche traccia di vetustà vi rimase sino all’agosto del 1937, quando un incendio distrusse quella che era probabilmente la foresteria del convento, piena di sterpi e di paglia.

Qualcosa della preziosità d’arte originale è arrivata sino ai giorni nostri ed è per ciò che la chiesa, dalle apparenze esteriori alquanto modeste è stata classificata tra i monumenti nazionali.

Comunque sia, tornando agli anni Cinquanta, come in molti altri casi, il progresso avanzava e il piccolo borgo agricolo, oramai malconcio, stava per soccombere alle ruspe. Infatti un’impresa edile, che aveva acquistato la proprietà dell’area, si apprestava a spianare anche il superstite oratorio del Molinazzo, quando gli abitanti del quartiere e non solo, si coalizzarono in sua difesa. Si costituì il Comitato “Pro Molinazzo”, il 15 luglio 1957, incoraggiato con simpatia anche dalla Sovrintendenza ai Monumenti della Lombardia, il quale si propose di ripristinare l’edificio e ridare al nostro patrimonio artistico una delle sue antiche memorie. Malgrado l’impegno e la buona volontà di coloro che si sono presi a cuore la rinascita di questa chiesetta, alcuni vandali, cui forse non andava a genio così nobile impresa, hanno forzato tempo fa la porta d’ingresso della chiesa frantumando i quadri della Via Crucis, lacerando i paramenti in sagrestia, scardinando i battenti del tabernacolo e spezzando in più parti il Crocefisso settecentesco scolpito in legno. Questo bestiale atto, anziché scoraggiare gli amici del Comitato, li ha sollecitati, con rinnovato impegno, a riaprire la chiesetta al culto o almeno a salvarla dalla demolizione.

A proposito della cascina Molinazzo, nel 1965 Raffaele Bagnoli nel libro “Passeggiate milanesi fuori porta” così raccontava: la chiesetta spiccava sullo smeraldo dei prati ed aveva intorno a sé un vasto sagrato e, di fianco, una sfilata di cascine con le scale d’accesso esternamente appoggiate alla facciata e una piccola vigna. Un bel loggiato a colonne trabeato occhieggiava su di un giardino. Tracce di decorazioni si rilevavano ancora lungo la scala che conduceva al piano superiore dell’edificio centrale. 

Oggi la chiesetta, sconsacrata da lungo tempo e salvaguardata dalla sovrintendenza alle belle arti, è stata trasformata in edificio ad uso privato, pertanto non è possibile visitarla in alcun modo.

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3 commenti su “Milano | Molinazzo – La chiesa dei Templari in mezzo ai palazzoni”

    • Ho abitato per 18 anni davanti a questa chiesina. Da quanto sono riuscito a reperire (la documentazione a riguardo è pressoché nulla: occorre ricercare con pazienza sui quotidiani d’epoca), l’oratorio ha sempre fatto parte della Cascina Molinazzo, il cui podere venne pian piano smantellato a partire dagli anni 30 del 900. Fino agli anni 40, tuttavia, la chiesa era integra, e forse officiante, dopodiché è iniziato il disastro. Alla fine degli anni 50 venne demolita la vicina cascina, per costruirvi – sul sedime – una miriade di palazzi moderni. Restò in piedi solo la chiesetta, ma su una china discendente. Negli anni 50/60, infatti, venne gravemente vandalizzata (io ci sono entrato), con sfondamento dei due portoni (quello sulla facciata e quello laterale, su via Martinetti), asportazione paramenti, distruzione pressoché totale degli interni. Col tempo poi, complice il totale menefreghismo delle istituzioni, la chiesa divenne un rudere pericolante, con gli affreschi interni ormai scoloriti, e una situazione interna tremenda, tra sacchi dell’immondizia, spacciatori, gatti randagi, persino una sparatoria. A fine anni 70, insomma, restavano in piedi solo le mura e il campaniletto a vela, con la campana miracolosamente attaccata, benché priva di corda. Verso il 1980 la chiesa venne acquistata dagli architetti Lattuada e Bolgiani, che la ristrutturarono completamente, restaurando i muri esterni (in mattoni) e intonacando l’interno. Il poco che era rimasto andò ovviamente perso, ma il danno era stato fatto nei decenni precedenti: tanto valeva accettare la riconversione ad abitazione (venne recintata, attribuendole un n° civico), piuttosto che lasciarla in quello stato. Poi, a inizio anni 90, cambiai casa ma da quanto ho avuto modo di vedere, la chiesa è rimasta tale a quale ai tempi in cui fu restaurata. Saluti, ALEX

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      • E sì, bella storia di una Milano di una volta!
        Io abitavo in piazzale Siena 18 in una casa d’epoca che ora non c’è più e in quella chiesa ci sono entrata a sentir messa. Il 12 settembre per la festa dell’Addolorata la chiesa veniva aperta. E ricordo anche la Cascina Molinazzo dove andavo a comperare i fiori per mia madre da una contadina!

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