Se dal Carrobbio entriamo in via San Vito, dopo qualche metro chi troviamo in largo Gallarati Scotti, uno spiazzo veramente brutto, usato come parcheggio, con una parete cieca enorme che incombe su di un lato e un leggero dislivello di quasi due metri verso via Stampa.
Stessa cosa se ci immettiamo, sempre dal Carrobbio, sotto il portico del palazzo moderno per entrare in via Stampa, che qui pare un vicolo di servizio.
Oggi osservando quest’insieme di vie parallele, via San Vito e via Stampa, che poi diventano via Disciplini e via Cornaggia, stentiamo a credere di essere nel cuore storico di Milano.
Ci troviamo infatti proprio nel punto dove la Mediolanum romana aveva eretto le proprie mura difensive. Se guardiamo una mappa di Milano noteremo che ci sono queste due linee parallele, che sono le suddette vie, che dopo un lungo tratto rettilineo, curvano bruscamente di 90 gradi per terminare in via Amedei (in teoria volendo, si può proseguire ancora per altre vie comprendendo anche via Larga). Queste vie seguono il percorso delle antiche mura tardo repubblicane, che dalla Porta Ticinensis (attuale Carrobbio) circondavano la città romana.
Come vediamo da una nostra ricostruzione grafica, le mura, spesse circa due/tre metri, si ergevano per sette/nove metri e avevano ai piedi un canale difensivo e molto probabilmente anche navigabile.
Nel fossato scorrevano le acque dei torrenti Seveso, Nirone, Olona e Acqualunga (quest’ultimo era un ruscello che correva pressappoco lungo l’odierno corso Buenos Aires e Corso Venezia).
Sempre dalla nostra illustrazione (qui sotto), si nota anche il perché c’è un dislivello evidente tra le vie Stampa-Cornaggia e San Vito Disciplini di quasi due metri, le prime si trovavano all’interno delle mura e le seconde al posto del canale.
Tratti di mura vennero rinvenuti nei sotterranei dei palazzi di via San Vito 18 e 26, ancora conservati.
Naturalmente lungo il percorso della via San Vito sino alla fine del ‘700 si trovava una chiesa che ha dato il nome alla via, San Vito al Carrobbio.
Ma non era l’unica chiesa, vi era anche la più grande San Michele alla Chiusa, chiesa doppia sopravvissuta sino al 1930.
Altra chiesa con convento era Sant’Ambrogio de’ Disciplini, soppressa anch’essa nel 1700; qualcosa sopravvisse sino alla fine degli anni Venti, oggi ne rimane solo il ricordo nel nome della via.
Attualmente di storico in queste vie rimane ben poco, già destinate negli anni Venti e Trenta del secolo scorso a venire modernizzate; durante la Seconda Guerra Mondiale e sotto le bombe del 1943 quel poco che rimaneva finì in macerie. Il guaio di questa parte di città fu il fatto di essere in prevalenza una zona popolare, fatta di brutte case e frequentata da “brutta gente”.
Purtroppo una ricostruzione post bellica realizzata con un piano regolatore che non tenne conto del pre-esistente ma che volle raddrizzare vie storiche, ha avuto l’effetto di creare in centro una delle zone residenziali, forse, tra le più brutte di Milano. Palazzi male assortiti, che forse starebbero meglio in una via periferica, edifici troppo alti e privi di un gusto architettonico degno di nota.
Via San Vito
Largo Gallarati Scotti
La “salita” di via Stampa
Il Resto di via Stampa dove si vede perfettamente che le nuove costruzioni non hanno rispettato nulla del contesto, in previsione di un piano regolatore che avrebbe stravolto il quartiere ma che non è stato attuato al completo, lasciando molti edifici vecchi oramai sperduti o spazi sistemati alla bell’e meglio, per fortuna a verde.
Via Cornaggia, forse l’unica parte più “originale” del quartiere, dove si vede molto bene anche la svolta a gomito con un meraviglioso selciato classico milanese. Anche se ci sono casi dove i nuovi edifici a stento si incastrano con i vecchi.
Mentre la parte di via Disciplini e la via Privata del Don, crediamo sia la peggiore di tutte, dove il disordine urbano è evidente e dove ogni architetto si è sbizzarrito senza dare un vero senso al nuovo contesto.
Ultimo tratto del nostro percorso lungo le antiche mura romane ci fa giungere in via Barellai, dopo l’incrocio con la bella via Amedei.
Forse questo quartiere, per essere migliorato, potrebbe essere valorizzato da un arredo urbano decente e degno di un centro città. Lampioni, aiuole, alberi piantati a dovere potrebbero risolvere il guasto causato negli anni passati. Purtroppo per le architetture non si può far nulla, a meno che non arrivi un milionario e compri tutto e ricostruisca com’era la zona, quindi cosa piuttosto improbabile.
Per esempio, perché lasciare largo Gallarati Scotti a parcheggio senza alberi? Perché non piantare degli alberi e pur lasciando il parcheggio, tanto necessario, così avremmo una piazza un po’ più bella? Magari fare un bel murales su quella parete cieca? Insomma, piccoli accorgimenti che potrebbero fare la differenza.
Non m trovo d’accordo con articolo dove si dice che i quartiere era abitato da brutta gente con brutte case.. sulla gente non saprei dire.. ma le case erano quelle della Milano popolare che oggi tanto piace…tipo i Navigli e Brera.. la scelta nel dopoguerra di buttarle giù sono un crimine senza colpevoli.
per costruire poi che cosa? Appunto Palazzoni di periferia.. architetti senza scrupolo..
Ora l’unica cosa che si può evitare è almeno il parcheggio selvaggio.. dove si può ha senso fare box interrati per soli residenti e lasciare a verde la superficie.. almeno si mette una pezza…
Il riferimento alle case brutte e alla cattiva gente, è riferito al fatto che spesso erano quartieri popolari, una mera scusa per fare piazza pulita all’epoca. Non perché le case, essendo brutte, andassero abbattute. In fondo era un quartiere come lo è ancora oggi Brera o i Navigli.
È il problema di tutti i non luoghi che non hanno una identità forte.
Il compito dell urbanista dovrebbe essere quello proprio di fornire una sua identità per ogni luogo lasciato andare a se stesso e diventato solo luogo di passaggio.
basterebbe poco, lampioni e alberi…..
il palazzo che si intravede a destra nella prima foto (angolo Carrubbio – San Vito) quando e da chi è stato costruito?