Turro, era uno dei borghi che circondavano la grande Milano e che dal 1918 è stato inglobato nel più grande Comune di Milano (fu uno dei primi, escludendo il Comune dei Corpi Santi, annesso nel 1873).
Borgo già individuato da una carta ritrovata dallo storico Giulini, secondo la quale vi era una località che si chiamava Tauri Turris, sicuramente l’odierna Turro.
Turro (il vecchio nucleo si trova nell’odierno Piazzale Governo Provvisorio) comprendeva un territorio esteso che includeva Gorla, un piccolo lembo del Comune di Lambrate e confinante con il Comune di Greco e della frazione di Loreto. Come ogni borgo italiano aveva la sua parrocchia o chiesa. Anche se all’apparenza non lo si direbbe, la chiesa di Turro la si potrebbe ritenere una delle più antiche parrocchie costruite fuori dalle mura della vecchia Milano.
Sull’area di una più antica chiesa, fu edificata all’incirca tra il 1590-1595 per volontà dell’Arcivescovo di Milano Gaspare Visconti e fu oggetto di numerosi ristrutturazioni e rimaneggiamenti nel corso dei secoli, sino al completo rinnovo nel 1885 quando venne commissionato l’architetto Alfonso Parrocchetti per una nuova e più grande chiesa che accogliesse il gran numero di fedeli del paese.
La chiesa fu aperta al culto, non ancora ultimata, il 1° agosto 1886. Il disegno dell’architetto Parrocchetti, al quale fu imposto di progettare una chiesa assai modesta prevalse e quindi disegnò una struttura abbastanza classicheggiante senza forme innovative. La facciata è in semplice stile neoclassico.
La chiesa ottocentesca originariamente era a tre navate sorrette da colonne, un piccolo transetto e un’abside. Aveva un bell’altare maggiore, sovrastato da una cupoletta. Nel 1888 vennero decorate la cappella di San Giuseppe e quella dell’Immacolata dal pittore Carmine di Bellinzona, con affreschi riproducenti le figure scritturistiche che si riferiscono all’Immacolata e a San Giuseppe.
Nel 1901 vennero decorate la cupola e l’abside, con affreschi di Cesare Maroni, rappresentati, nei pennacchi, i quattro profeti maggiori e un dipinto del transito di Maria Santissima. La chiesa e la facciata subirono un ulteriore restauro nel 1926. Sempre di quel periodo sono anche il battistero in marmo di Candoglia e il completamento della cappella della Madonna di Caravaggio affrescata da Emilio Tornaghi.
Un radicale ampliamento del sacro edificio è stato curato da Ottavio Cabiati nel 1952, demolendo transetto e la vecchia abside e ampliandola.
Fu creato un nuovo e più ampio transetto sorretto da quattro enormi colonne in marmo policromo che formano un originale mosaico di colori. I mosaici rappresentano “l’Assunta fra i santi, artisti e padri della Chiesa” e la “Crocifissione” realizzata nella lunetta sopra l’arco trionfale e sono stati eseguiti tra il 1956-1960 dall’artista Luigi Filocamo.
Esternamente il nuovo “corpo” del transetto è particolarmente presente formando una vera e propria struttura a parte che non ha tenuto per niente conto del preesistente, inserendosi forse con prepotenza. Un grande parallelepipedo in mattoni pieni con tre absidi per lato che ricorda una struttura romanica, perfettamente visibile da via Pontano.
La chiesa possiede un pregevole crocefisso in legno ed un prezioso stendardo del Seicento con fini ricami d’oro.
Adiacente alla Chiesa, su quella che era la vecchia area del cimitero, sorgeva l’Oratorio, spostato e quindi ricostruito totalmente alla sinistra dell’edificio ecclesiastico.
Nel settembre 2010, si conclude per volere del nuovo parroco la costruzione di una cappellina adiacente alla chiesa, dedicata a San Giuseppe lavoratore, nei locali dell’ex bar del vecchio oratorio.
Il nuovo Transetto visto da via Pontano.
E la veduta aerea del complesso dove è ben evidente il nuovo transetto realizzato negli anni Cinquanta e che pare abbastanza sproporzionato confronto alla vecchia chiesa.