Milano | Porta Romana – Piazza Trento e dintorni, tra liberty e sciatteria

Tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento, milano si espande a macchia d’olio in ogni direzione. Naturalmente anche nel settore meridionale oltre la cinquecentesca Porta Romana. Così a fianco delle vecchie cascine (Altaguardia) comprese tra i bastioni e la nuova ferrovia si formano nuove vie e nuovi nuclei abitativi. Nell’area attorno a piazza Trento, vista anche la prossimità dello scalo ferroviario di Porta Romana, sorsero alcune industrie giusto al volgere del secolo. Nel 1903 venne costruita la Centrale Elettrica di piazza Trento, 13, ma anche il Molino Besozzi Marzoli 1911 in via Adige 20 e il Molino Verga di viale Isonzo, 14.

Un vero e proprio cantiere di modernità all’epoca, con i suoi molini, officine e fumi liberati dalle ciminiere e dalle locomotive del vicino scalo, tanto che ispirò uno dei più grandi artisti di quell’epoca che proprio al civico 23 di Via Adige, Umberto Boccioni, visse.

Il quartiere mantenne la sua fisionomia industriale e di periferia (anche se siamo a meno di un chilometro da Porta Romana) sino agli anni Settanta, quando le industrie lasciarono spazio un po’ alla volta a nuovi insediamenti residenziali.

Noi abbiamo fatto un giro in questa zona e come al solito abbiamo constatato lo stato di sciatteria che lo distingue, nonostante ci siano parecchi palazzi di pregio e molto belli.

Anzitutto in piazza Trento il 30 giugno 1905 venne inaugurata la Centrale Termoelettrica Municipale, che determinò l’assetto iniziale del quartiere, allo scopo di fornire elettricità alla città di Milano contrastando il monopolio privato della Società Edison. Nel 1910, assieme all’avvio dell’impianto idroelettrico di Grosotto in Valtellina, a fianco della sala macchine fu edificata una monumentale stazione ricevitrice, ancora oggi ben conservata. La sue ciminiere sono state immortalate in alcune foto d’epoca ma soprattutto in due quadri di Umberto Boccioni (Officine a Porta Romana, 1908 e La Strada entra nella Casa 1911). Oggi l’edificio, dismesso nel 1952, funge da quinta meridionale della piazza e svolgere la sua funzione di sottostazione e custodisce al suo interno l’archivio storico fotografico della Fondazione AEM. In questi giorni, come abbiamo visto è in fase di demolizione l’edificio costruito negli anni Cinquanta pronto a lasciare il posto ad un nuovo grattacielo.

Oggi Piazza Trento ha un senso di abbandono e sciatteria senza paragoni, forse, per il fatto che ci troviamo nell’area semi-centrale di Milano (la circonvalla della 90-91), in genere la più malmessa. Come al solito lo stato di questa sciatteria è un concorso di colpe su più fronti: arredo urbano inesistente, verde pubblico mantenuto giusto il necessario e alcuni palazzi veramente orrendi affiancati a palazzi stupendi di inizio Novecento.

A proposito di brutti palazzi, troviamo sul lato orientale della piazza l’enorme edificio rosa, sgraziato, incombente e brutto. Al suo posto vi era un edificio industriale molto alto costruito a partire dagli anni Trenta e quaranta , ma sul finire degli anni Novanta del Novecento, l’edificio alto dell’ex Molino Besozzi Marzoli posto all’angolo con via Adige 20 venne ristrutturato.

Il molino originariamente venne edificato tra il 1911 e il 1912, e rappresenta in qualche modo uno dei tanti edifici industriali sorti all’inizio del Novecento nelle vicinanze dello scalo ferroviario di Porta Romana e oggi riconvertiti a funzioni residenziali e terziarie. Il fabbricato è stato più volte rimaneggiato nel corso del tempo, soprattutto il lato sulla piazza, trasformato in un condominio residenziale di nove piani mantenendo più o meno la volumetria dell’epoca. Un intervento che ha di fatto cancellato l’aspetto industriale dell’edificio e anzi, lo ha trasformato in uno dei più brutti e anonimi condomini (rosa) di Milano. Per fortuna la facciata su via Adige è rimasta intatta. Senza menzionare l’autosilo laterale, una delle costruzioni peggiori che si potessero realizzare.

In piazza Trento nel 1905, come abbiamo visto, venne attivata la centrale elettrica municipale la quale necessitava di grandi vasche di raffreddamento e così vennero da subito create tre grandi vasche, due ai lati della piazza e una lungo il tratto finale di via Crema.

A parte il fatto che le vasche vennero chiuse nel 1952, con la chiusura della centrale elettrica, e successivamente eliminate e trasformate in parte, in aiuole. Al posto della vasca di via Crema venne realizzato un impianto idrico negli anni Cinquanta che si affiancò a quello già presente di fronte al civico 21.

Se si confronta l’arredo urbano presente in piazza Trento cent’anni fa, nonostante la presenza di tre impianti idraulici industriali, con l’attuale inesistente arredo, non ci resta che piangere.

A parte i lampioni stupendi che oramai sono solo un ricordo, se si osservano i muretti e i cordoli delle vasche, ben definiti, così come le ringhiere, non possiamo che rimanere sbalorditi.

Proseguendo in via Crema, se guardiamo in alto, noteremo palazzi liberty stupendi ma se il nostro sguardo si abbassasse a livello strada, rimarremmo colpiti dalla sciatteria di quest’angolo di città.

Via Crema in questo tratto più largo, che va dall’incrocio con le vie Piacenza e Giulio Romano a piazza Trento è caratterizzata da un parterre centrale alberato che custodisce un manufatto dell’acqua potabile del primo Novecento e un manufatto più recente (anni Cinquanta). Entrambi sono apparentemente abbandonati. Soprattutto le aiuole e l’area circostante.

Davanti alla chiesa si tiene il mercato settimanale, altrimenti lo spazio antistante è utilizzato come parcheggio. Parcheggio tra gli alberi. Uno spettacolo abbastanza brutto che in una città “europea” non si dovrebbe vedere.

Palazzi degni di nota in via Crema, troviamo la già segnalata in un precedente articolo, la casa al civico 14, quella con le inquietanti aquile scolpite e poste sotto i balconi. Graziosa anche, tra le molte, la casa delle Rose al 21 di via Crema, così come l’elegante casa di via Crema 27.

La graziosa chiesa in stile “liberty” di Sant’Andrea, venne realizzata nel 1904. Consigliamo una visita all’interno dove vi sono opere della Scuola Beato Angelico (sculture, ciborio e pulpito) oltre ad una splendida Madonna di San Rocco del 1700.

Passiamo alle vie limitrofe, come via Adige.

Via molto larga col parcheggio consentito a “cavallo” tra marciapiede e carreggiata (sistema introdotto durante la giunta Albertini per far fronte al problema dei parcheggi e che noi troviamo terribilmente degradante per qualsiasi via). Via pavimentata col pavé e ricca di bei palazzi liberty.

Come dicevamo poco sopra, qui si trova la facciata originale dell’ex Molino Besozzi Marzoli. Di fronte si trova la Casa dove visse Umberto Boccioni, Via Adige 23.

Fu la seconda dimora milanese di Umberto Boccioni, dove visse dal 1909 al 1912 e dal cui balcone, del primo piano, il pittore futurista contemplava la città e il suo sviluppo che stava avvenendo proprio in quegli anni. Infatti da questo appartamento illustrò le ciminiere della Centrale Elettrica di piazza Trento e i nuovi palazzi in costruzione. Una targa posta sulla facciata del palazzo ci ricorda l’inquilino illustre, anche se nascosta dalle tende del locale di ristorazione presente.

Segnalavamo la bella casa di Via Trebbia 33, un po’ decadente ma molto bella. Sempre in via Trebbia si trova il Fontana Workshop, collocato all’interno dell’azienda Fontana in via Trebbia 26, un bel edificio industriale trasformato in laboratori e uffici. Tornando in via Adige, all’inizio ma con ingresso in via Piacenza 24, troviamo il bel palazzo d’angolo con bei decori dipinti. Lì vicino si trova anche il meraviglioso palazzo liberty di Casa Sartorio in Via Piacenza 13.

Ci siamo chiesti se la via fosse alberata vista la larghezza e se venissero riprogettati anche i parcheggi, magari ancora a pettine, ma meglio distribuiti.

Svoltiamo nella vicina via Mantova, anch’essa con splendidi palazzi liberty ma immersa nella sciatteria. Auto parcheggiate acne qui a cavallo dei marciapiedi, soluzione economica (un po’ di vernice e via) certamente, ma brutta, veramente brutta. Al civico 2 non possiamo non notare le svolazzanti cariatidi che reggono il balcone del secondo piano. Da notare anche i palazzi al civico 7 e 11, ma il più bello della via senza alcun dubbio lo troviamo al civico 15 coi balconi decorati in ferro battuto.

All’angolo con viale Isonzo troviamo l’altro ex Molino, il Verga. Viale Isonzo, 14.

Anch’esso sorto all’inizio del Novecento, oggi il Molino Verga è stato convertito a funzioni alberghiere e, nonostante sia stato pesantemente trasformato per adeguarlo alle nuove funzioni, è decisamente uno degli edifici industriali del perimetro meglio conservati.

Il Mulino Verga era uno stabilimento Saiwa. Dallo scalo merci di porta Romana uscivano i binari che attraversavano il viale, per permettere ai carri ferroviari carichi di farina di raggiungere lo stabilimento.

Per concludere, volevamo far notare quali siano le potenzialità e le meraviglie di un piccolo distretto che il Comune potrebbe valorizzare con piccoli accorgimenti, come ridisegnare i marciapiedi, ridisegnando i parcheggi, piantando, dove possibile, delle alberature e magari ripensare le parti centrali di piazza Trento e via Crema. Perché ad esempio sul manufatto di via Crema non collocare uno spazio per i giovani, magari un campetto da Basket? Perché non eliminare i parcheggi dal settore centrale davanti alla chiesa e collocarvi delle panchine, rendendola un luogo vivibile?

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

3 commenti su “Milano | Porta Romana – Piazza Trento e dintorni, tra liberty e sciatteria”

  1. Tutto bello ma basta con queste alberature! Ormai è un ossessione! Se non vengono piantati con un senso, aumentano solo il disordine.
    In vie non abbastanza larghe, soprattutto se posti ai lati, coprono le facciate dei palazzi, in questo caso stupendi (fatevi un giro in città studi/piazzale gorini per capire).
    Ci vuole un UNICO FILARE A CENTRO CARREGGIATA, come in v.le montenero/premuda

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