Il Tempietto delle Parche, le divinità della morte, sito all’interno del bellissimo giardino di Villa Belgiojoso Bonaparte o Villa Reale di Milano (via Palestro 16 a Porta Venezia), è in fase di restauro. I lavori, come si vede, sembrano giunti a buon punto.
Il tempietto è uno dei monumenti contenuti nel grazioso giardino all’inglese realizzato come completamento della dimora neoclassica.
Il giardino venne progettato nel 1790 dall’architetto Leopold Pollack su commissione del conte Ludovico Barbiano di Belgiojoso. È infatti il primo giardino in stile romantico della città di Milano. Da dimora nobiliare, all’inizio dell’Ottocento passa prima in mani napoleoniche e poi in mani asburgiche (divenendo tra l’altro anche la residenza del maresciallo Radetzky), dopo altri cambi di proprietà, nel 1919 il giardino privato passa nella proprietà del Comune di Milano, che nel 1921 lo apre finalmente al pubblico.
Sino al 2014 il tempietto neoclassico era minacciato da un grosso tiglio che appoggiandosi ne aveva compromesso struttura e stabilità. Transennato anche dopo il taglio della pianta, attendeva da lungo tempo un restauro.
Il tempietto è una classica edicola che riproduce un tempio neoclassico, con tanto di timpano, due colonne centrali e due lesene ai lati. Una porta centrale si affaccia sul giardino fitto di vegetazione posto dietro la struttura. DI fronte una graziosa stele riproduce una figura femminile che piange al cospetto di un busto marmoreo. Nell’incisione sul timpano sono riportati i nomi delle Parche, le divinità della morte: Cloto, Lachesi e Atropo, parcis sacrum (Cloto, Lachesi e Atropo, le sacre parche). Le dee del destino nella mitologia greca: Cloto, la ‘filatrice’ della vita; Lachesi, la ‘fissatrice della sorte’ toccata all’uomo; Atropo, la ‘irremovibile’ fatalità della morte.
Nel tempietto sono inoltre riportati due passi dai canti dell’Eneide: «È il giorno delle Parche e la potenza nemica avvicina a noi questa via dei Campi Elisi». «Ma la mano sinistra dei mali provoca le pene e manda all’empio Tartaro».
Il progetto di restauro è a cura dell’architetto Francesco Fanizzi.
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