Uno dei fantomatici monumenti o edifici di Milano scomparsi è senza alcun dubbio il Fortino Austriaco di Porta Tosa o Vittoria. Un fortino militare del quale rimangono una foto del 1905/8, un dipinto (tratto dalla stessa foto) e le sue raffigurazioni su alcune mappe dell’Ottocento.
La storia di Milano, dopo la disfatta del ducato, per secoli fu dominata da governi stranieri.
Nel 1535, quando Francesco II Sforza morì senza lasciare eredi, il Ducato di Milano fu annesso all’Impero spagnolo.
Successivamente, nel 1713, con il Trattato di Utrecht, il Ducato di Milano fu ceduto all’Austria, ma nel 1797 le truppe napoleoniche entrarono a Milano, trasformandola nella capitale della Repubblica Cisalpina.
Dal 1799 al 1802, il potere passò nuovamente agli Asburgo fino a quando, nel 1802, ritornò nelle mani di Napoleone (in veste di presidente della Repubblica d’Italia) il quale, nel 1805, si autoproclamò primo Re d’Italia.
Il Congresso di Vienna del 1815 restaurò il potere degli austriaci e Milano divenne la capitale del Regno Lombardo-Veneto.
Probabilmente, dopo secoli di governi differenti, la popolazione esasperata iniziò a ribellarsi, tanto che Milano si trasformò in uno dei principali centri del nazionalismo italiano. Nel 1848, i milanesi affrontarono gli austriaci nella famosa rivolta delle Cinque Giornate, che durò dal 18 al 22 marzo, riuscendo a sconfiggerli. Malgrado ciò, Milano rimase sotto il dominio austriaco per un’altra decina d’anni, fino al 1859.
Infatti fu solo nel 1859 che gli austriaci abbandonarono la città consentendo l’annessione di Milano al Piemonte. Creato il Regno d’Italia, la capitale si installò prima a Firenze per poi trasferirsi a Roma, pur restando Milano la capitale economica del nuovo stato.
Tornando alle vicende delle Cinque Giornate del ’48, dove gli austriaci, ritiratosi dopo le sommosse, tornarono più cattivi, il clima in città era più teso che mai.
Per evitare nuove sommosse, gli austriaci in quattro e quattr’otto decisero di rinforzare le loro guarnigioni e, senza tanto pensarci, di erigere un forte in faccia a quella Porta Tosa che era a loro costata tanta amarezza l’anno prima. Un progetto originale prevedeva diverse fortificazioni da realizzarsi nei Corpi Santi al di fuori delle Mura Spagnole, però solo questo di Porta Tosa vide la luce. Su ordine di Radetzky, il neo governatore di Milano, il principe Felix di Schwarzenberg, iniziò i lavori nel gennaio del 1849 terminandoli nel giro di un anno.
La nuova fortezza posta ad Oriente, aveva spesse mura larghe anche 3 metri e mezzo, che dovevano resistere alle bombe e palle di canone.
Le mura non erano alte ed erano circondate da un fossato alimentato dal vicino Naviglietto, il canale che correva nell’attuale Corso XXII Marzo. Al suo interno vi erano il comando, gli alloggi per i militari, le stalle, 18 cannoni e una svettante torre cilindrica al centro. Torretta che doveva dialogare con una torre realizzata sul lato ovest del Castello Sforzesco per mandare segnali luminosi onde evitare sorprese di sommosse da una parte all’altra della città.
La situazione in città rimase comunque calda, tanto che già nel 1856 nel vicino cimitero di Porta Tosa, sito di fronte al fortino, comparvero iscrizioni politiche sulle lapidi rivolte contro i tiranni. Bisognerà aspettare altri tre anni finché nel 1859 gli invasori lasciarono definitivamente Milano.
Dopo gli austriaci, il fortino rimase utilizzato come caserma, poi radiato dal novero delle fortificazioni venne utilizzato come magazzino. Il fossato non più manutenuto divenne presto una maleodorante palude che fu successivamente colmata. La scarsa manutenzione dell’edificio costrinse alla rimozione dalla terra di copertura dei terrazzamenti per via delle infiltrazioni con una veloce copertura in cemento ed asfalto.
I bastioni a stella iniziarono a essere rimossi solo nel 1862, lasciandone un solo lato verso la città per mancanza di fondi. Al loro posto vennero eretti dei magazzini. Si decise quindi di stanziarvi la cavalleria e in seguito i fabbricati vennero adibiti a magazzini.
Si dovrà attendere il 1908, con una delibera comunale approvata nel dicembre di quell’anno che decretò la fine del tanto odiato fortino austriaco. Infatti lo stesso anno vide anche l’avvio dei lavori per la costruzione del nuovo “Verziere”, il mercato ortofrutticolo.
Sempre nel 1908 si procedette alla demolizione del manufatto militare con il lavoro di 60 operai che con piccozze e pale lavorarono senza sosta fino all’anno successivo per raderlo totalmente al suolo, utilizzando persino potenti esplosivi.
Nel 1910 si cominciò a costruire proprio lì accanto la Cavallerizza Savoia, in quanto in uso al Regio Esercito Italiano; terminata nel 1914, molto spesso viene ancora chiamata Cavallerizza di Radetzky, per la sua vicinanza al forte. Ma i due fabbricati non ebbero mai nulla a che spartire e l’ultimo sorse quando già il primo non esisteva più.
Mentre il nuovo Mercato Ortofrutticolo venne inaugurato nell’aprile del 1911, l’area del fortino dal 1916 tornò alle sue origini militari. Il Comune di Milano concesse all’esercito di adibire gli edifici ancora presenti a deposito di materiale sanitario per tutta la durata della Prima Guerra Mondiale.
Nel 1965 il mercato venne spostato in via Lombroso a Calvairate e l’area dove sorgeva il fortino divenne in parte Parco Vittorio Formentano e in parte istituti scolastici, come la Scuola Media Statale Carmelita Manara, e l’Istituto Comprensivo Emilio Morosini e Beatrice di Savoia.
Oggi del fortino, come dicevamo all’inizio, rimangono solo una foto e un dipinto, qualche storia e nient’altro. Mai è stato protagonista di una battaglia (per fortuna) e mai ebbe velleità artistiche o architettoniche, vista la frettolosa costruzione.
Referenze immagini: Roberto Arsuffi; Milano Sparita; Vivere Milano; Lombardia Beni culturali
Fonti: Vivere Milano; Lombardia Beni culturali
Porta Tosa, Porta Vittoria, Calvairate, Largo Marinai d’Italia, Corso XXII Marzo, via Cadore, Fortino Austriaco, Radetzky, Fortezza,
Bellissima ricostruzione storica. Grazie!
Grazie, grazie e grazie! Questi articoli sono delle vere e proprie perle
Complimenti a chi ha scritto l’articolo! ?
ma la carmelita manara non era all’angolo viale umbria pietro colletta?